Roberta Bonanomi è partita da Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, e - da inizio anni ’80 fino agli albori del nuovo millennio - è stata una delle più importanti esponenti del ciclismo italiano. Ha vestito la maglia azzurra in cinque edizioni consecutive dei Giochi Olimpici dal 1984 al 2000 (Los Angeles, Seoul, Barcellona, Atlanta, Sydney) per quattro volte è salita sul podio mondiale (specialità cronometro a squadre, ndr) ha partecipato a numerose rassegne iridate, ha vinto tappe e vestito la maglia gialla al Tour e - con a Maria Canins, Michela Fanini, Fabiana Luperini e Elisa Longo Borghini - è una delle cinque atlete italiane ad aver vinto la classifica generale finale del Giro d’Italia femminile.
Proprio dalla Corsa Rosa inizia la nostra conversazione con Roberta, vincitrice nel 1989, con la maglia della A.S. Merate, della seconda edizione della corsa rosa. «È passato davvero tanto tempo» afferma la campionessa classe 1966, forse con un po’ di emozione nel rivivere il ricordo. Poi aggiunge: «Sono contenta che quest’anno Elisa Longo Borghini sia riuscita a vincere mantenendo la maglia rosa dalla cronometro di Brescia alla conclusione a l’Aquila, è stata davvero brava, oltre alle classiche di un giorno è riuscita a conquistare un Grande Giro».
Dopo averlo vissuto per anni in prima persona, ora Roberta segue il ciclismo meno intensamente ma con la passione di sempre. «Devo ammettere che la volata vincente di Chiara Consonni nella tappa di Volta Mantovana mi ha reso felice, è forte ed è bergamasca come me. Delle mie zone sono anche le sorelle Fidanza, le conosco e cerco di seguire sempre i loro risultati. La mamma (Nadia Baldi,ndr) è stata mia compagna di squadra e anche con papà Giovanni ho condiviso spesso le strade durante gli allenamenti» afferma Bonanomi che, siamo sicuri non farà mancare il suo tifo a Chiara Consonni, Martina Fidanza e alle azzurre impegnate alle Olimpiadi di Parigi.
In un continuo alternarsi di ricordi e attualità chiediamo a Roberta Bonanomi cosa le piace del ciclismo oggi, la sua risposta arriva fulminea: «Sono felice perché ora molte più atlete possono dedicarsi totalmente al ciclismo, considerandolo un vero e proprio lavoro. È un grande traguardo, una delle grandi battaglie che assieme alle mie colleghe abbiamo combattuto per anni».
L’ex azzurra approfondisce: «Nel ciclismo di oggi si hanno maggiori possibilità, ora le atlete sono più seguite, la professionalità si è alzata ed è anche più facile allenarsi e programmare gli obiettivi di una stagione. Negli anni in cui correvo io il ciclismo femminile era uno sport più povero, molte mie colleghe si allenavano e poi andavano a lavorare. Io in questo sono stata molto più fortunata perché, sì, aiutavo i miei genitori nella attività di famiglia ma potevo gestirmi i tempi abbastanza facilmente e, anche una volta sposata mio marito mi ha sempre incoraggiato a raggiungere i miei obiettivi sportivi».
Tra i tanti traguardi raggiunti da Roberta spiccano, come scritto in apertura, le medaglie nella 50 chilometri a squadre che la bergamasca ricorda come «Una specialità che mi piaceva molto e in cui andavo bene. Dopo il bronzo di Villach ’87 siamo riuscite a conquistare l’oro a Renaix ‘88 (con Bandini, Galli e Canins, ndr), l’argento a Chambéry l’anno seguente e un altro bronzo ad Oslo 1993».
In conclusione chiediamo all’ex atleta lombarda quale gara affronterebbe nuovamente potendo viaggiare a ritroso nel tempo, Bonanomi risponde senza bisogno di pensare: «Le Olimpiadi, ho partecipato a cinque edizioni ma non ho mai ottenuto un buon risultato». Poi, prima di salutarci, aggiunge una riflessione: «Ovviamente però non si può viaggiare nel tempo. Io sono felice di ciò che ho ottenuto, non ho rimpianti. Il ciclismo, come tutte le cose, si modifica, evolve, si sviluppa. Guardiamo avanti e tifiamo per le nostre atlete».