Tra le tante realtà che fanno parte del ricco e variegato mondo dell’abbigliamento per ciclisti, quella di Santini Cycling è certamente una delle più affermate e longeve. Fondata nel 1965 da Pietro Rosino Santini, l’azienda bergamasca è cresciuta anno dopo anno e, attraverso accordi strategici, prodotti sempre più all’avanguardia e un sistema di valori importante, è arrivata ai giorni nostri ad attestarsi come uno dei brand maggiormente apprezzati e riconosciuti del settore.
A gestirne il successo e lo sviluppo oggi sono le sorelle Monica (amministratore delegato) e Paola (marketing manager e responsabile della comunicazione) Santini che, appoggiandosi a una rete di validi collaboratori e facendosi prime portatrici di un invidiabile know-how e della forte passione che permea da tempo la loro attività, amministrano con profitto un marchio che esporta in oltre 60 paesi in tutto il mondo e che è sempre più riconosciuto e visibile in tutto il globo grazie a sponsorizzazioni di rilievo.
Fra queste, oltre ad A.S.O. (Tour de France, Vuelta, Parigi-Nizza, Giro del Delfinato, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne e molto altro), Lidl-Trek, Tour de Tietema, UCI e Ironman, ve n’è anche una a cui nella nuova sede di Bergamo tengono molto, ovvero quella de La Stelvio Santini, manifestazione giunta alla sua dodicesima edizione che anche quest’anno, nonostante le modifiche al percorso quasi dell’ultima ora causa maltempo, ha visto grande partecipazione (46 le nazionalità rappresentate al via) e, soprattutto, grande entusiasmo da parte di tutte le persone coinvolte.
Questa calorosa adesione abbiamo potuto toccarla con mano recandoci di persona a Bormio dove, nelle ore precedenti allo “start” della domenica, abbiamo approfittato dell’occasione per conoscere qualcosa in più del presente e del futuro di Santini facendo due chiacchere a tutto tondo proprio con l’attuale CEO dell’azienda orobica.
Monica, cosa rappresenta per voi, come azienda, essere presenti e sostenere La Stelvio Santini?
«Per noi essere qui è sempre un grande piacere. È come stare in famiglia perché sono 13 anni che la organizziamo e perché con la U.S. Bormiese, dal presidente a tutti i collaboratori, si è creato un rapporto veramente di grande amicizia e affetto. Siamo accomunati da tantissime cose: la visione futura dell’evento, cosa regalare ai fan che vi partecipano...ciò fa sì che questa sia una manifestazione che costruiamo davvero insieme. Anche per questo, non ci sentiamo uno sponsor ma parte di una partnership in cui c’è chi si occupa (noi) della comunicazione e del marketing e chi (loro) di tutto il lato sportivo. A questo proposito, bisogna assolutamente fare i complimenti ai ragazzi di Bormio perché, anche in anni come questo dove purtroppo il clima non sta dando grandi soddisfazioni, si spendono in modo pazzesco, sono sempre sul pezzo, puliscono le strade e cercano veramente di fare tutto il possibile per rendere l’evento bellissimo».
Hai parlato di partner e di sponsor e tra questi vi è anche Polartec: cosa significa e ha significato per lo sviluppo dei vostri prodotti associarvi e collaborare con un marchio del genere?
«Anche in questo caso parliamo di una grandissima collaborazione. Come con la U.S. Bormiese, non vi è un rapporto cliente-fornitore ma una vera e propria partnership perché in Polartec abbiamo trovato un'azienda che vuole sempre migliorare, mettersi in discussione e che, come noi, cerca sempre soluzioni tecnologicamente avanzate. Abbiamo cominciato a collaborare più o meno dieci anni fa partendo dal modificare tutte le nostre linee invernali e arrivando, ai giorni nostri, a sostenere nuovi concept come quello della sostenibilità. Oggi, ogni volta che loro prospettano a noi qualche nuovo prodotto o noi chiediamo a loro di sviluppare qualcosa ci troviamo sempre molto allineati. Sono sempre assolutamente aperti a collaborare anche per comunicare nel modo migliore tutte le novità che proponiamo: indubbiamente con loro abbiamo fatto un grande passo avanti».
Hai parlato di alcuni aspetti e valori che condividete e che provate a sostenere insieme. Partendo da questi, cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
«Tante cose ma al momento non posso rivelare nulla. Stiamo lavorando su progetti molto belli, sulla circolarità...Chiaramente, non si tratta di qualcosa che nasce dall’oggi al domani e che si può sviluppare in sei mesi perché stiamo parlando di avanzamenti tecnologici davvero importanti. In ogni caso, proveremo a stupirvi in futuro con collaborazioni molto interessanti. Quindi, come si dice in questi casi, stay tuned».
Chiaramente state ottenendo grande visibilità non solo per i prodotti che realizzate ma anche per le manifestazioni a cui vi state associando e le squadre che avete deciso di supportare in questi anni. Da questo tipo di attività che ritorno avete? Avete risultati tangibili?
«Alcune cose sono tangibili, altre no. Sicuramente il dato più concreto è quello del rapporto tra investimento fatto e vendite realizzate, legate magari a un determinato evento piuttosto che a una determinata sponsorship. Ci sono altri elementi, invece, che sono più difficilmente misurabili e quindi si fatica a capire quanto l'avanzamento del brand sia dovuto alle sponsorship o, magari, al marketing o allo sviluppo dei prodotti. È anche per questo motivo che, da un po’ di anni ormai, abbiamo scelto di focalizzare gli sforzi su sponsorship molto grandi, da quelle col Tour de France e l’UCI fino a Lidl-Trek: l'evidenza di queste sponsorizzazioni a livello mondiale è talmente forte che, sebbene resti difficile quantificarlo, un qualche tipo di rientro c’è sempre. Poi, ovviamente, in parallelo si possono stringere anche sponsorship più piccole, legate magari a uno specifico territorio, ma senza dubbio il grosso viene dalle sponsorship maggiori».
Ce n'è qualcuna di cui vai o andate particolarmente orgogliosi?
«Un po’ tutte devo dire perché, se siamo riusciti a raggiungere certi risultati con le ultime, lo si deve anche a ciò che abbiamo fatto con le sponsorship precedenti. Se siamo arrivati a collaborare col Tour e ad avere con loro oggi un certo tipo di rapporto, è grazie anche a ciò che, prima, abbiamo sviluppato con la Vuelta, con l’UCI dal 1988 o la Trek-Segafredo (poi diventata Lidl-Trek) arrivando a un livello altissimo all’interno del mondo del professionismo. Io quindi, per un motivo o per un altro, vado orgogliosa di ogni nostra sponsorizzazione. Tra queste cito assolutamente anche quella con Ironman che ci ha messo sulla mappa del mondo del triathlon in modo molto evidente e, alla pari delle altre, ci ha portato grande visibilità e grandi risultati».
Ci sono atleti che indossano e che vivono con i vostri prodotti sulla loro pelle. Quali tipi di feedback ricevete da loro? C'è qualcuno un po' più puntiglioso che si fa sentire più spesso di altri?
«Assolutamente sì. Io sono in questo mondo ormai da tanti anni e con i corridori ho avuto a che fare davvero per tanto tempo: ci sono quelli a cui puoi mettere addosso qualunque cosa e gli va bene tutto e ci sono quelli, invece, che sono molto attenti anche al centimetro di ogni cucitura. È un qualcosa di molto personale, dipende davvero tanto da come uno vive questa cosa. Sicuramente negli ultimi anni è aumentato il numero di atleti che sono molto attenti all’abbigliamento ma questo perché è cambiata la mentalità. Ormai la differenza la fanno dettagli talmente piccoli che tutti sono attenti a qualunque cosa, dai grammi di pasta al peso della bicicletta, fino appunto ai capi che indossano. Quindi posso confermare che dagli atleti riceviamo tanti feedback e che, allo stesso tempo, noi li stimoliamo a darcene perché vogliamo davvero che siano contenti. Il prodotto infatti dobbiamo confezionarlo lo stesso ma per creare qualcosa di non standard ma che sia ben fatto e più adatto a loro è meglio avere un’attenzione quasi maniacale al dettaglio. Questa filosofia ha pagato moltissimo negli ultimi anni con tantissimi che ci hanno dato e ci danno feedback molto positivi. Ciò ha anche fatto sì che poi, vedendo e sentendo diversi corridori soddisfatti di noi, tante squadre ci contattassero per lavorare assieme. Il percorso negli ultimi 10-15 anni è stato davvero molto calibrato e ci ha portato bellissimi risultati».
Ricevete per caso anche feedback da un punto di vista grafico?
«Dipende da caso a caso. Per quanto riguarda nello specifico Lidl-Trek, la parte di design è curata da loro quindi noi non abbiamo molta voce in capitolo da questo punto di vista, possiamo semplicemente fare delle osservazioni di natura tecnica. Al contrario, per esempio, con il Tour de France e A.S.O. siamo noi ad occuparci di tutta la parte creativa e siamo noi che sviluppiamo, proponiamo e sottoponiamo le nostre idee. Loro ci danno un feedback esclusivamente di natura legale oppure ci suggeriscono di concentrarci su certi particolari, però in genere ciò che ci dicono è “siete voi gli specialisti quindi fatelo voi”».
A tal proposito, c'è stata qualche polemica in merito al cambio di tonalità di verde della maglia punti del Tour de France (e parallelamente di quelle di Parigi-Nizza e Delfinato). Ecco, come si è arrivati a quella scelta?
«In questo caso la scelta della tonalità di verde non è stata nostra ma è stata dettata dallo sponsor. Skoda, come avrete visto nelle loro pubblicità, nel suo rebranding ha deciso di utilizzare un verde molto scuro abbinato a una tonalità menta. Di conseguenza, ha richiesto di allineare tutte le sponsorship a questa loro scelta e ciò ha portato a una maglia verde che a qualcuno è piaciuta tantissimo e ad altri per nulla. Come in tutte le cose quando c’è un cambiamento c’è chi lo apprezza e chi no. In questo caso poi, probabilmente, ha inciso anche il fatto che la maglia avesse quella tonalità di verde da innumerevoli anni».
In un settore come il vostro dove i competitor non mancano, quanto ritiene importante che l’azienda abbia una base familiare?
«Non so se sia una cosa fondamentale. Più che avere una famiglia alla base, ciò che ritengo sia davvero importante è avere un insieme di valori molto chiari all’interno dell'azienda e non c’è dubbio che, se lo possiedi perché hai alle spalle una famiglia che te lo ha dato, sarà più facile portare avanti la tua realtà rispetto a public company o altre aziende con tanti cambi di proprietà dove i valori si possono disperdere. Io e mia sorella rappresentiamo una seconda generazione che si porta dietro valori fondanti appresi nella nostra famiglia/azienda (le cose nel nostro caso si mescolano) e riproposti quando abbiamo preso in mano le redini. Penso che questi valori per noi siano fondamentali e credo che ciò che Santini è oggi sia il risultato di come abbiamo cercato di diffonderli all'interno dell'azienda col nostro fare. Siamo infatti dell’idea che valga ciò che tu fai e non tanto ciò che dici. È attraverso il nostro modo di essere e di agire, e quando dico nostro intendo mio, di Paola e di tutta la parte dirigente dell'azienda, che a catena i valori passano agli altri e vengono veramente riscontrati da tutti...in questo sta il valore della famiglia».
Il consiglio più importante che avete ricevuto da vostro padre?
«Non farmi fare brutte figure. È un mantra che ci siamo sempre portati dietro ed è una sorte di luce guida che interpretiamo come “fai sempre del tuo meglio, cerca sempre di fare le cose bene”: alla fine il nome del brand è anche quello della famiglia, quindi, è assolutamente importante che le cose che diciamo e che facciamo siano allineate».
Se dovessimo riassumere in tre aggettivi o parole, cos'è Santini oggi?
«La prima, secondo me, è storia, la storia del ciclismo, perché siamo un’azienda che è stata creata nel 1965, ha sempre seguito ed è sempre stata appassionata di questo sport. La seconda sicuramente è autenticità. Siamo autentici proprio perché siamo appassionati, amiamo il ciclismo e quindi ciò che facciamo lo facciamo in maniera vera, reale. Per terza, direi innovazione. Ci piace infatti non solo ricordare che noi c’eravamo quando si usava la lana ma, anche, che al giorno d'oggi stiamo facendo tutto quello che è importante per guardare avanti curando la tecnologia, l'aerodinamica e la sostenibilità dei nostri prodotti».