Comincia sul lungomare, all’inizio di corso Italia verso la Foce. E finisce a Boccadasse, alla fine di corso Italia e all’inizio di via Felice Cavallotti. Dallo scorso dicembre questa ciclabile è stata intitolata a Rocco Rinaldi e a Michele Scarponi, il primo era un cicloamatore di 70 anni, il secondo quel corridore professionista di 37 anni che per sempre ha conquistato un po’ del nostro cuore, tutti e due vittime di incidenti stradali.
Mercoledì 8 maggio il Giro d’Italia pedalerà sulla ciclabile Rinaldi e Scarponi, poco dopo la partenza ufficiosa da piazza della Vittoria (alle 12.45) e ben prima della partenza ufficiale (il km 0) da Quarto dei Mille. E’ quel trasferimento, stavolta molto lungo (7,9 km), che il gruppo affronta compatto, e già concentrato, prima di cominciare la vera gara. In questo tratto non competitivo non sono previste soste, ma stavolta forse si potrà fare un’eccezione alla regola. Per onorare Rocco e ricordare Michele.
Perché Michele era uno di noi. Con tutti i suoi difetti, non se ne vuole fare un santo, ma anche con tutti i suoi pregi, che non erano pochi: la simpatia, la leggerezza, la generosità, oltre al valore di corridore capace di aggiudicarsi, per dirne una, proprio il Giro d’Italia 2011. Morto, ha continuato a pedalare ancora fra di noi. Nella memoria, certo, ma anche nella lotta che la fondazione guidata dal fratello Marco conduce per la sicurezza sulla strada a favore dei più deboli, dei più fragili, dei più vulnerabili, e chi va in bicicletta sa che cosa si rischia ogni momento a ogni angolo.
Mercoledì, alle 9.30, alla confluenza fra corso Italia e corso Marconi fronte via Casaregis, con autorità amministrative e sportive, con Luca figlio di Rocco Rinaldi e Marco fratello di Michele Scarponi, si terrà la cerimonia di intitolazione della ciclabile. Poi si spera in un attimo di sosta del gruppo. Abbiamo scambiato messaggi con Stefano Allocchio, direttore di corsa, e Cristian Salvato, presidente dell’Associazione corridori ciclisti professionisti italiani. Ci hanno detto che non sarà facile, ma che ci proveranno.
Dieci secondi, piedi a terra. Un segnale. Affettuoso e simbolico. Perché professionisti e amatori, quelli che vanno in bici a scuola e quelli che vanno in bici al lavoro, quelli che pedalano da Venezia a Pechino 700 anni dopo Marco Polo e quelli che dovunque inseguono sogni senza raggiungerli mai, quelli che recitano a memoria la “Filastrocca del gregario” e quelli che lo fanno con l’albo d’oro del Giro d’Italia, siamo tutti figli delle due ruote. Ma sì, dai, una grande famiglia.