Sono atterrati a Malta lunedì scorso e sull’isola maltese la vecchia Eolo Kometa ci resterà fino a sabato prossimo. Vecchia perché a breve cambierà nome in Polti Kometa, con la Eolo che in ogni caso farà sempre parte del progetto, con un impegno significativo nel team. Tuttobiciweb ha intercettato Ivan Basso, team manager del team che si è concesso a due chiacchiere con noi.
Primo o ultimo raduno di stagione?
«È il primo e l’ultimo. È la prima volta per i nuovi e l’ennesimo passo per chi fa parte del team da anni. Si chiude una stagione e ne apriamo un’altra in questo ciclismo sempre più globale e senza soluzione di continuità. L’obiettivo in questo raduno è fare gruppo, perché per fare squadra ne riparleremo a Oliva a dicembre. Qui parleremo di come gestire il riposo e poi la ripresa degli allenamenti. Per i nuovi è anche l’occasione di fare il fitting. Ma la cosa che più conta e parlare, parlarsi, senza lo stress e la tensione dell’appuntamento: è il modo più corretto. Come ti ho detto, l’obiettivo in questa settimana è creare gruppo».
Un gruppo che non è completo.
«Abbiamo diciannove corridori, ma forse c’è ancora spazio per un corridore».
C’è sempre l’idea Matteo Fabbro?
«Stiamo lavorando per trovare un accordo».
Ci sarà anche del lavoro?
«Chiaramente. Svolgeremo dei lavori di teambuilding, come ai tempi di Csc o Liquigas. Siamo tutti qui per questo, meno Giovanni Ellena che sta recuperando da un brutto incidente e Stefano Zanatta, anche lui alle prese con qualche acciacco».
Che idea si è fatto sulla questione – più che fusione - Jumbo-Soudal?
«Per parlare bisogna conoscere. Quello che posso dire è che le cose facili nel ciclismo non esistono. Però, come sempre, nei momenti complicati si trovano le migliori opportunità. Le crisi sono tante, ma bisogna saper analizzare e capire dove sono le opportunità. Io ho cercato di fare negli anni la stessa cosa: comprendere cosa fare per il bene di tutti. E tutto parte da un’autocritica e tanto lavoro. Sa cosa ho imparato in questi anni?».
Cosa?
«Quando vai a parlare con gli Ad o presidenti di importanti società che di media hanno 45/55 anni, queste persone hanno vissuto per tanti anni l’influenza negativa sul ciclismo dato da quanto è accaduto negli anni in cui erano ragazzi. Quando però gli spieghi quello che la bicicletta può generare, fornendo analisi, numeri e opportunità, allora si apre un altro mondo. Dobbiamo tutti assieme cercare di raccontare meglio quello che facciamo e quello che possiamo fare. È vero che i manager guardano i numeri e le slides, ma dobbiamo imparare anche a raccontarci meglio. Sa cosa le dico?».
Cosa?
«Trovo meno complicato il mio lavoro ora che tre anni fa».
Però il momento non è facile: la tanto agognata squadra italiana di World Tour continua a non esserci.
«Ma non è un problema. Anche in questo sbagliamo: continuiamo a parlare di ciò che non abbiamo senza pensare che qualcosa c’è e non è nemmeno male. Dobbiamo concentrarci su progetti interessanti e sostenibili, cercando di far crescere un gruppo. Le squadre crescono sia per il budget, ma anche per i corridori, lo staff e noi manager. Quello di cui abbiamo bisogno non è una squadra di Wolrd Tour, ma di un progetto e persone in grado di sviluppare al meglio questi progetti».
E il ciclismo italiano?
«Partiamo dal secondo posto di Andrea Bagioli a Il Lombardia. Lo insegnano a scuola: c’è chi resta indietro, ma a questi alunni si mettono a disposizione strumenti giusti per migliorare. Noi abbiamo il dovere di fare questo».
I DevoTeam sono visti come fumo negli occhi da tanti, perché portano via i ragazzi italiani migliori ai team più piccini.
«Basta guardare il lavoro che sta facendo da anni la Bardiani Csf Faizané, che ha un progetto ultra attrattivo. Così come la Corratec di Angelo Citracca. Siamo tre realtà che possono essere molto utili alla causa del ciclismo nostrano e non solo. Lo stiamo facendo e lo faremo sempre di più, così come gli ottimi team di under 23 o Continental. I migliori andranno nei Devoteam? Abbiamo la possibilità di far vedere che qualche buon talento se lo sono persi per strada: mica li prenderanno tutti…».
Un piccolo talentino ce l’ha anche in casa: Santiago sta crescendo bene…
«Meno i genitori si intromettono nell’attività sportiva del proprio figlio, meglio è per il ragazzo che corre, soprattutto se ha genitori che hanno corso in bicicletta. Io non voglio che sia figlio di. Chiaro che spero un giorno di poter essere identificato come il papà di…».