Alla fine hanno fatto squadra, tutti assieme, nessuno escluso. C’è voluto un po’, ma il traguardo è stato tagliato il 20 settembre scorso, con la modifica dell’articolo 33, quello che parla di arte e scienza e ora anche di sport: «La Repubblica riconosce il valore educativo sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».
Era il 22 dicembre del 1947 quando l’Assemblea approvò la Costituzione della Repubblica italiana. Settantasei anni dopo è stata apportata una correzione con un’integrazione atta ad attualizzare un articolo della nostra Carta che in quel periodo storico le nostre madri e i nostri padri costituenti non inserirono per creare una netta discontinuità con un’interpretazione distorta di sport che nel Ventennio precedente era stata strumento di propaganda e divisione tra i popoli. Mi si dirà: ma lo sport si è sempre praticato. Certo, c’era il sabato fascista e non c’era ragazzino che non si applicasse allo sport. Piccola differenza a margine: in quegli anni era semplicemente obbligatorio, oggi ognuno è libero di scegliere se praticare o meno uno sport. Non è una differenza da poco.
Oggi praticare lo sport è un diritto per ciascun cittadino, che deve essere messo nelle condizioni ideali per poter avere almeno una palestra o un campo, un prato o una strada protetta dove poter svolgere liberamente l’attività motoria. L’augurio è che nelle nostre scuole si possa insegnare la grammatica dello sport, la cultura del movimento: un vero e proprio investimento capace di generare una ricchezza che è data dal risparmio delle spese sanitarie. Questa del “diritto allo sport” è chiaramente una vittoria di tutto il Parlamento, anche se l’artefice principe della “modifica costituzionale” è un uomo di sport, Mauro Berruto, ex coach della Nazionale di pallavolo, argento olimpico a Londra 2008 e ora deputato del Pd. L’Italia si dota di un “diritto allo sport” e «diventa onere della Repubblica assicurare che la pratica dello sport sia realmente universale e accessibile a tutti», ha sottolineato l’ex presidente della Lega di Serie B e ora ministro dello Sport Andrea Abodi. «Lo sport e la cultura del movimento costituiscono poi un luogo di investimenti e ricerca tecnologica», ha scritto Berruto su Avvenire nella rubrica “Senza Rete”. Il calcio, che è la più grande miniera d’oro a cielo aperto, cominci a farsi carico di parte di quegli investimenti da devolvere alla ricerca, in modo che anche lo sport possa perseguire il motto di Auguste Comte: «L’amore come principio e l’ordine come base, il progresso come fine».
LE VITTORIE NON SONO TUTTO. Lei che bacia lui che bacia lei che bacia me può essere declinata anche con lui che si fonde con me che si fonde con lui che cerca di fondersi con loro. È il motivo dell’estate, sia canoro che finanziario. Annalisa canta, Patrick Lefevere cerca opportunità con Dave Brailsford, il signor Ineos e Richard Plugge, il signor Jumbo Visma. Sono mesi che se ne parla, almeno quanto i successi del team olandese che ha dominato la stagione in lungo e in largo, soprattutto nei Grandi Giri, vinti tutti e tre nell’arco della stessa annata agonistica con tre corridori diversi.
Ed è qui che sta il punto. È qui che casca l’asino: la formazione più forte del pianeta, che si sta contendendo anche la prima posizione nella speciale classifica a squadre con la Uae Emirates (al momento la formazione emiratina è al comando), cerca sponsor. Nessun problema per il 2024. La Jumbo, catena olandese di supermercati, uscirà dal circuito ciclistico alla fine del prossimo anno, garantendo per il suo “spin-off” i fondi necessari anche per la stagione che verrà, però c’è agitazione. C’è fermento. C’è preoccupazione. Non è un mistero che si siano susseguite per mesi interlocuzioni con Ineos e Soudal Quick-Step per provare a verificare la fattibilità di una fusione.
Questa è la situazione, i team più forti del mondo, i team di riferimento del nostro sport sono in gravi difficoltà. I costi sono chiaramente superiori a quello che il nostro sport può ritornare in termini di immagine e visibilità, la situazione - è bene dirlo - sta fuggendo di mano anche nel settore femminile, dove i costi sono lievitati a dismisura, anche del 300%. Sono tante le squadre con le casse vuote.
Sono in tanti oggi a lamentare una difficoltà oggettiva a intercettare sponsor. È possibile che un team capace di vincere quello che è riuscita a vincere quest’anno la Jumbo Visma sia nelle condizioni di dover verificare la fattibilità di una fusione? È proprio vero, le vittorie non sono tutto.
Editoriale da tuttoBICI di ottobre