E’ andato via Luigi - in bici e in arte “Gigi” - Mele. A metà aprile prima di poter vedere, sia pure con lo stento dei malanni dell’età, un nuovo Giro d’Italia passare per le nostre e sue strade.
Lui, Mele, da Calvi Risorta, che nel Giro 1961, quello vinto da Arnaldo Pambianco, sarebbe diventato il secondo casertano nella storia - dopo l’aurunco Carmine Saponetti degli anni ’30 e prima del maddalonese Alberto Marzaioli - ad avere disputato il Giro d’Italia.
Classe 1937, un lusinghiero trascorso da dilettante in Piemonte, dove la famiglia si era trasferita per lavoro, Luigi Mele si era segnalato alla attenzione dei tecnici e del pubblico con la vittoria nella Coppa Città di Courgnè, una classica locale, superando allo sprint il forte Franco Balmamion, un campione dichiarato, tale da vincere due Giri, mica male…
Gigi Mele il suo primo Giro, quello del Stelvio celebre, non lo avrebbe concluso, ritirandosi alla settima tappa. Così come non avrebbe portato a termine neppure il Tour de France del ’62, l’anno in cui, al Giro della Svizzera ottenne, nella Bellinzona - Vaduz, il suo unico successo da professionista: secondo l’olandese Jan Hugens, mica un carneade, per quell’epoca del ciclismo.
Al Giro però Gigi Mele, padre del giornalista televisivo Silver Mele, che gli avrebbe dedicato «Il volo del gregario», edizioni Graus -, sarebbe nuovamente tornato. Nel 1963, il secondo Giro di Balmamion, in una “Gazzola” che non aveva più Charly Gaul al via ma schierava come punta Franco Cribiori, Mele l’avrebbe concluso all’83° posto.
E nel ’64, infine, sempre nella “Gazzola”, Luigi Mele avrebbe sfiorato l’impresa clamorosa, nella volata dell’ultima tappa, a Milano, al Vigorelli. Secondo in una fuga di cinque, Babini Grassi lo spagnolo Honrubia il tedesco Altig, e battuto di un filo proprio da quest’ultimo: Willy Altig, il fratello maggiore di Rudi...
«Fosse stato almeno l’Altig più forte, Rudi, il campione del mondo, me la sarei presa meno a male», ci raccontava ancora Luigi Mele, in una serata anni fa in sua onore promossa a Vitulazio. Lui, Gigi, sempre gioviale e di compagnia, per vezzo le canzoni napoletane da intonare in carovana in bici o al seguito, e la passione privata per il Torino, che non è tifo pedestre, ma una religione eccelsa. Lui, Gigi, che non c’è più. Ma forse è uno scherzo, si sarà nascosto in fuga dal nostro gruppo modesto, con quel suo sorriso leale mai gregario. Lui, Gigi Mele da Calvi Risorta, Italia profonda, dove era nato - miracoloso - in una strada dedicata a Fausto Coppi. E dove un giorno, per certo, se fiorirà in quel paese antico uno spazio aperto per fare giocare e sgambettare in bici i bambini, porterà oltre il tempo e lo spazio il suo nome: «Parco Luigi Mele».