Doveva essere un regalo e invece sarà omaggio. Doveva essere una sorpresa e invece la sorpresa ce l’ha fatta lui, andandosene all’ora di cena del primo giorno di dicembre dello scorso anno. Ci avevano lavorato con passione e premura, per comporre un’opera unica e preziosa. Un libro dedicato ad Ercole Baldini, che il 26 gennaio di quest’anno, pochi giorni fa, avrebbe tagliato il traguardo dei novant’anni.
Non ce l’ha fatta Ercole, con le sue fatiche, con i suoi dolori, con quella mente che da tempo era avvolta nelle nebbie e nei suoi pensieri; non ce l’ha fatta Beppe Conti, che questo “ERCOLE BALDINI, una leggenda italiana” (Minerva, 140 pagine, 35 €) aveva preparato con cura per la nobile ricorrenza. Non ce l’ha fatta neanche Roberto Mugavero, l’editore, il signor Minerva Edizioni, che per l’occasione ha raccolto le migliori foto scattate da uno dei più apprezzati fotografi scomparso una ventina di anni fa: Walter Breviglieri. Però, alla fine, ce l’hanno fatta, a realizzare un libro che è regalo assoluto per chi ama il nostro sport e uno dei campioni più suggestivi che il ciclismo italiano abbia mai avuto.
Un libro godibilissimo, da leggere e soprattutto da sfogliare e guardare (guai tenerlo solo in libreria, sarebbe un sacrilegio!). Un libro da tenere in bella mostra, per il suo formato, che ne esalta la fotografia e facilita la lettura. Duecento foto, una più bella dell’altra, moltissime delle quali – per quanto mi riguarda – assolutamente inedite. Un viaggio nel tempo e nello spazio, come Ercole ci abituò, fatto di immagini e racconti. Storie e aneddotica.
Un libro che gli sarebbe sicuramente piaciuto, e che altrettanto sicuramente rende il giusto onore ad un campione “farfalla”, che agonisticamente parlando ebbe modo di vivere solo tre stagioni di altissimo livello, prima di finire nel labirinto degli “accidenti” fisici, che ne limitarono e condizionarono fino alla fine la sua attività.
Visse tre anni da leone, ma non fu mai pecora sacrificale. È sempre stato un punto di riferimento, anche giù di bicicletta, quando intraprese l’attività imprenditoriale e politico-sportiva. È sempre stato un gentiluomo, franco e diretto, elegante e credibile. Non aveva bisogno di alzare la voce, c’era chi l’alzava per lui. Un po’ come a Melbourne ’56, quando l’“elettrotreno di Forlì” si ritrovò sul podio olimpico con la medaglia d’oro al collo, ma senza l’inno italiano. In quell’occasione l’inno di Mameli fu intonato da un emigrato dell’Isola d’Elba, Gualberto Gennai. E anche questo libro – a suo modo - è un inno: a Ercole Baldini, il campione farfalla.