Anche nel calcio c’è del marcio, quindi del doping, ma non è una notizia, anche perché - è bene ricordarlo, così tanto per rinfrescare le memorie – l’Acqua Acetosa nel 1998 fu chiusa per provette di calciatori sparite o mai processate. Oggi riaffiora preoccupazione (eufemismo) dopo le gravi perdite di Mihajlovic e Vialli. Il presidente della Lazio Claudio Lotito è stato il primo ad alzare la testa e a dire una cosa simile a quella di Zeman sempre nel ’98. Il boemo all'epoca ammonì tutti con il celebre “il calcio deve uscire dalle farmacie…”, Lotito ha ripuntato il dito accusatorio dopo la morte di Mihajlovic con «forse queste malattie sono legate alle cure dei calciatori».
Sono di questi giorni e di queste ore le dichiarazioni di Dino Baggio, ex giocatore tra le altre di Juve, Inter, Lazio e Parma oltre che della nazionale, e di oggi di Florin Raducioiu, l'ex attaccante rumeno di Bari, Verona, Brescia e Milan. «C’è sempre stato il doping – ha spiegato l’azzurro oggi ad Andrea Schianchi sulla Gazzetta -, comunque sia robe strane non sono mai state prese perché c’è sempre una percentuale che tu devi tenere. Però col tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no». Anche se poi la rosea precisa che dove Baggio dice «doping» si deve però leggere «antidoping», e lo si evince dal seguito del discorso. «Colpa mia. Chiedo scusa a tutti. Io volevo dire “antidoping”, e non “doping”. Infatti ho aggiunto che robe strane non ne abbiamo mai prese, perché non si poteva: c’erano i controlli. Mica si scherzava. È un errore che nasce dalla consuetudine. Noi calciatori, quando andavamo a fare il test nella stanza a fianco dello spogliatoio, dicevamo: “Anche stavolta mi tocca il doping...”. E così questo modo di dire me lo sono portato dietro...».
Poi resta la preoccupazione, la paura, più che giustificata. «Il mio ragionamento è figlio del dolore che mi porto dentro per la scomparsa di Vialli, che ho sempre considerato un amico e che tanto mi ha aiutato, di Mihajlovic e di altri ragazzi che, come me, hanno giocato a pallone negli anni Novanta. Sono tanti, troppi, quelli che se ne sono andati – spiega sempre Baggio a Schianchi -. Credo sia necessario investigare sulle sostanze farmacologiche prese in quei periodi. Magari non c’entrano nulla, magari si scopre qualcosa...». Se si trattava sempre di sostanze lecite? Chiaro che sì, assicura l’ex azzurro. «Sì. Integratori, per la maggior parte. Figuratevi se i medici ci davano sostanze dopanti: avevamo controlli ogni tre o quattro giorni. No, semplicemente vorrei sapere dagli scienziati se gli integratori che prendevamo, a lungo andare, possono creare problemi nel nostro corpo» … «Sono preoccupato, lo ammetto. Tanti morti, persone ancora giovani, non sono normali. Un’indagine seria andrebbe condotta».
Oggi entra in campo Florin Raducioiu, dopo Sabatini, Melli e Di Chiara, ma anche Massimo Brambati. «Dobbiamo chiederci perché si verificano queste morti premature, in un'età piuttosto giovane - ha detto l'ex attaccante rumeno ai microfoni di 'Sport Report' su Orange Sport -. Sono sincero, anche io ho preso dei medicinali e parlerò con il medico che ci seguiva a Brescia (chiederlo subito no?…, ndr) per sapere che sostanze ho preso. Ci hanno detto che erano vitamine, glucosio. Ricordo che la sera prima della partita in albergo facevamo flebo con questo liquido rosa. A Milano prendevamo altre cose, pillole. L'ho detto prima e dopo la morte di Gianluca Vialli, c'era anche Gheorghe Popescu».
Poi Massimo Brambati non ci gira tanto attorno: «Anche io ho paura»; lo ha dichiarato a Processo 7 Gold l'ex calciatore, tra le altre, di Bari, Torino, Empoli, Lucchese e Palermo. «Lo dissi venti anni fa, e ricevetti una lettera della Figc che mi minacciava perché avevo detto in tv che prendevo Micoren come caramelle e avevo prestazioni eccezionali».
Parole preoccupanti e di preoccupazione. Una preoccupazione anche un po’ tardiva, che andava forse manifestata un po’ prima, questo è certo. Ma esistono i momenti e questo pare essere quello giusto e propizio. Qualcosa si muove, dopo venticinque anni (dicasi 25!) da quelle parole di Zeman, che fu chiarissimo all’ora con il suo storico monito praticamente inascoltato: «Il calcio deve uscire dalle farmacie…». Le sue furono parole chiare, che parlavano di un problema generale e di sistema. Si indagò solo sulla Juventus. Come di prassi, del resto. Non parlo del nostro amato ciclismo perché in materia potremmo dire tante cose, troppe. Ma noi restiamo gli appestati, mentre il calcio l'isola felice, forse perché l'erba del vicino è sempre più verde: non solo per i diserbanti.