La mortalità sulle strade italiane rischia di non fare più notizia, il dramma è sotto gli occhi di tutti. Non abbiamo ancora smesso di asciugare le lacrime versate per l'uccisione di Davide Rebellin, ma la strage continua giorno dopo giorno e, se non si prenderanno provvedimenti immediati e decisi, anche nel 2023 saremo costretti a piangere chissà quanti uomini e donne, spesso giovanissimi.
L'interessante report promosso da PATH Partnership for Active Travel and Health dimostra chiaramente come la violenza stradale sia un problema che riguarda soprattutto il nostro Paese, in cui ciclisti e pedoni perdono la vita più che in ogni altra nazione in Europa.
I grafici pubblicati dalla coalizione* di cui fa parte l'Unione Ciclistica Internazionale (UCI) e che chiede ai governi e alle città di impegnarsi concretamente a favore degli spostamenti a piedi e in bicicletta come soluzione chiave alle sfide del clima, della salute e dell'equità che ci troviamo ad affrontare, sono chiarissimi.
Analizzando gli incidenti mortali per cento milioni di chilometri pedalati l'Italia svetta nettamente al primo posto con oltre 5 ciclisti deceduti. La terribile vittoria si ripete anche analizzando le statistiche di chi si muove a piedi. Il gap da recuperare rispetto agli altri paesi dall'Italia in termini di due ruote è davvero enorme. Il nostro paese ha per distacco la più alta mortalità in Europa, un primato che suscita vergogna e fa tremare i polsi.
Come ha scritto Mario Tozzi, primo ricercatore del Cnr, divulgatore scientifico e presidente del Parco Regionale dell’Appia Antica: «Quando un uomo con un'auto incontra un uomo con la bicicletta, l'uomo con la bici è un uomo morto. E in Italia peggio che altrove (cfr. dati Ministeri Trasporti). Invece di ringraziarli, gli automobilisti investono i ciclisti. Ci vogliono più piste ciclabili più protette e in città limite di 30 km/h per tutti i veicoli a motore. Auguri a tutti i ciclisti. E pure agli automobilisti corretti».