Michele Bartoli è stato definito il più fiammingo dei ciclisti italiani e il suo palmarès – 61 vittorie in 13 anni di professionismo delle quali 15 ottenute in Belgio, nord della Francia e Olanda – lo testimonia abbondantemente. La pandemia del coronavirus lo vede confinato con la sua bella famiglia, la moglie Alessandra, il figlio Gianni che gioca a Calcio nel Pisa e la figlia Clarissa, nella villa con grande giardino di Montecarlo/San Giuseppe, sulle colline lucchesi. Il freddo di queste ultime giornate di marzo riporta alla memoria del “Guerriero della Luce”, come era stato soprannominato Bartoli appassionato cultore del libro di Paulo Coelho, tante battaglie vittoriose sulle fredde strade del Nord Europa.
Dalle due Liegi-Bastogne-Liegi 1997/98, al memorabile Giro delle Fiandre 1996, alla Freccia Vallone '99 dominata in una giornata dal meteo impossibile, all'Amstel Gold Race del 2002 e ai due Giri di Lombardia 2002/03.
Ma il bilancio del campione di San Giovanni alla Vena è costituto anche da un campionato italiano vinto a Trieste nel 2000, da due Coppe del Mondo nel 1997 e 1998 che lo designarono quale miglior professionista a livello internazionale, dai due terzi posti ai mondiali di Lugano 1996 e Valkenburg 1998, fino al quarto posto alle Olimpiadi di Sydney 2000. Unico cruccio, l'essersi accorto soltanto all'ultimo anno di attività professionistica, nel 2004, che anche con la Parigi-Roubaix avrebbe potuto esserci un notevole feeling, poiché alla sua prima partecipazione nella classica del pavé Michele ottenne un onorevolissimo 21°posto. Ma a sconsigliarlo di prendere il via nella Roubaix forse furono i due gravissimi incidenti, che avrebbero potuto porre un termine alla sua carriera ciclistica, subiti nel 1999 al Giro di Germania (frattura della rotula del ginocchio destro) e a Munster, sempre in Germania ma tappa del Giro d'Italia 2002, dove riportò la frattura del bacino.
Oggi la sfida è con un nemico più subdolo e pericoloso, con quel coronavirus che Michele sta affrontando insieme alla famiglia: «Dico la verità, l'isolamento pesa unicamente per la mancanza di rapporti diretti con le persone. Abbiamo un giardino molto esteso che consente a tutti noi e in special modo a mio figlio Gianni, che gioca nel Pisa, di svolgere un'attività fisica abbastanza regolare».
A causa del virus quest'anno non si è potuta svolgere la tradizionale e attesa Cronosquadre della Versilia, in programma proprio a marzo e questo costituisce un ulteriore cruccio per Bartoli e il suo staff: «E' un vero peccato, tutto era pronto e avevamo avuto l'adesione di importanti Team Under 23, Continental e Professional, provenienti anche dall'estero. Sarebbe stata l'edizione numero 13, ma non voglio dare fiato alla superstizione circa questo numero. Sicuramente la riproporremo a settembre/ottobre oppure l'anno prossimo e sarà un segnale della ripresa generale, speriamolo».
Il coronavirus rischia però di penalizzare anche molti sponsor che gravitano nel mondo del ciclismo: «Purtroppo stiamo già avendo dei segnali negativi ma non dobbiamo demoralizzarci. Bisogna essere ottimismi e guardare sempre avanti, specialmente in situazioni come questa che coinvolgono tutto il mondo, non soltanto l'Italia».
In effetti la situazione attuale è davvero preoccupante: «Sembra di essere in un film di fantascienza, due mesi fa tutto ciò era assolutamente inimmaginabile. A questo punto metterei la firma per poter ripartire, come dicono alcuni esperti, a fine giugno; saremmo ancora in tempo per salvare l'annata ciclistica con degli opportuni spostamenti di data per le corse più importanti. Invece, se andremo oltre il mese di giugno la vedo brutta».
E le Olimpiadi in Giappone? Bartoli non ha dubbi: «Rinviarle al 2021 mi sembra una decisione saggia. Prepararsi in modo appropriato sarebbe diventato impossibile per gli atleti che dovevano partecipare alla rassegna olimpica».
Questi sono i suggerimenti di Bartoli per trascorrere al meglio il periodo di isolamento: «Capisco che si tratta di consigli triti e ritriti, che tutti fanno. Stare in casa è la frase-simbolo di questi giorni e lo dico io che sono fortunato ad avere una notevole valvola di sfogo per me e per la mia famiglia nel giardino di cui disponiamo. Nei limiti del possibile è opportuno svolgere attività fisica e moderarsi con il cibo. Tutte cosa abbastanza ovvie. Personalmente utilizzo i rulli e da casa, con il computer, continuo a seguire con regolarità i ciclisti professionisti, in Italia e all'estero, che hanno richiesto la mia consulenza e professionalità».
Questo, infine, è il parerre del “Guerriero della luce” circa il divieto assoluto di effettuare uscite in bicicletta: «Parlando sinceramente, mi sembra un'esagerazione. Almeno in Toscana i pochi ciclisti professionisti, una quindicina in tutto, dovrebbero essere autorizzati a fare degli allenamenti giornalieri, è il loro lavoro. Per tutti gli altri, cicloamatori, dilettanti ecc. è invece giusto il divieto».