Il rinvio doloroso dei Giochi Olimpici di Tokyo, e l' amarezza naturale di tanti giovani e meno giovani atleti - pensiamo, fra i nostri, a Tamberi e Tortu, alla Pellegrini, a Nibali e Viviani - che vedono trasportato più in là, talvolta troppo, un anno è duro da passare, un traguardo così atteso e preparato, ci porta alla mente una lontanissima storia di sport all' improvviso infranto.
Parliamo del settembre 1939, sport appena moderno, pieno di ombre e chiaroscuri, in scena i Mondiali di ciclismo su pista, a Milano, velodromo Vigorelli. Ed una cronaca di sprint e muscoli che si interrompe lì, no contest, e diventa un asterisco in calce negli almanacchi.
Quell'anno infatti, il torneo della velocità, il più amato dalle folle di allora, si fermò alla finale per il terzo e quarto posto: terzo il tedesco Albert Richter, quarto il francese Louis Gerardin.
Non ci fu più modo e tempo, quel pomeriggio del 1 settembre, per la sfida per la medaglia d' oro. Era il giorno drammatico in cui veniva dichiarata la Seconda Guerra Mondiale, e l' olandese Arie Van Vliet e il belga Jeff Scherens, i due contendenti in pista, si trovarono ex-aequo, discesi dalla bici, ai piedi di una tragedia maggiore. Il titolo iridato non sarebbe stato più aggiudicato. Terzo unica certezza Richter, un tedesco sempre piazzato al Mondiale, e fra l'altro fiero avversario e poi vittima nel ‘40 del regime nazista. E sarebbe bastato questo a farlo elevare postumo, al netto di quella finale mancata, come il campione del mondo ad honorem del '39.