“Cinque minuti, solo cinque minuti, è tutto ciò che ci è voluto per finire questo tentativo che mi è costato mesi di durissimo lavoro”. Sono queste le prime parole dell’ultarcycler Erez Zarum, da TelAviv, che non ha potuto portare avanti il suo straordinario tentativo di Double Everesting. Eh sì, perché un Everesting non bastava più al piccolo scalatore israeliano che ad agosto aveva scattato per 9 volte il passo dell’Umbria, il lato svizzero dello Stelvio. Aveva deciso di metterne 2 assieme e di completarli in meno di 48 ore… quasi 17.000 metri di dislivello.
E’ lui stesso a fornire la spiegazione di quanto accaduto poco dopo il via del suo record. Un racconto in prima persona che trasmette tutto il dramma personale di chi ha visto svanire un sogno cullato per anni e che rappresentava un passaggio intermedio verso un nuovo e più ambizioso traguardo di record mondiale nel dislivello scalato in bici.
Venendo da un paese caldo, come Israele, forse ha sottovalutato le incognite del clima alpino di settembre.
“Quando siamo arrivati alla cima del Gavia, il mattino presto, abbiamo visto che c’era un po ‘di ghiaccio sulla strada. Sinceramente non l’avevo notato. Penso che sia la prima volta che vedevo ghiaccio sulla strada. Sentivamo l’auto “scivolare” mentre salivamo”.
“Ho iniziato il mio Double Everesting dalla cima, come al solito, per riuscire a terminare, all’ultima delle mie scalate, in vetta. Scendendo nei primi 2km ho attraversato tratti di strada bagnata ma sono riuscito a bypassarli in scioltezza. Proprio prima di un tornante, circa 2 km sotto la cima, ho visto che tutta la strada era bagnata. Ho immaginato che poteva essere ghiaccio. Non avendolo mai affrontato ho rallentato prendendolo dal lato sinistro ma perdendo il controllo della bici”.
“Tutto quello che posso dire è un grande grazie per il fatto di essere ancora vivo. In quel tratto non ci sono barriere, una delle mie borracce è caduta nel dirupo, avrei potuto essere io. Mi sono usciti dei lividi, nessuna abrasione cutanea. Sono felice che tutto sia finito bene se penso a come sarebbe potuta andare… peccato avevo lavorato così tanto nell’ultimo anno, ma la vita vien prima di tutto”.
“La famiglia Bonetta, che gestisce il rifugio in cima al Passo Gavia, mi ha immediatamente soccorso chiedendomi se volevo che qualcuno spargesse un po’ di sale sulla strada per poter continuare. Onestamente, tutto quello che volevo era solo piangere, mandare via tutto questo stress. A un certo punto pensavo che la neve si sarebbe sciolta durante il giorno e avrei avuto la soluzione che cercavo, ma poi ho capito che durante la notte, con la temperatura al di sotto dello zero, avrei dovuto fermarmi nuovamente. Abbiamo provato a fare un sopralluogo a scendere ma il ghiaccio era ben presente pure sotto il tunnel del Gavia che porta a Ponte di Legno. Non voglio immaginare di pedalare a 60 km / h, stanco dopo qualche ora in sella e poi scivolare. La vita è un dono importante e per questo motivo, anche se tenevo molto al mio tentativo, ho rinunciato. Ho imparato la lezione per quando dura va accettata. Sono mentalmente giù, ora, ma passerà. Non sto rinunciando a questo doppio tentativo di Everesting. Forse non sarà sul Gavia (lasciamo il record 24 ore per il prossimo anno), ma sarà in un posto più caldo, in Italia. Mi hanno suggerito il Lago di Como. Ora andrò a incontrare alcuni buoni amici che sono a 6 ore di distanza da me in Italia, un’opportunità per me anche per continuare ad allenarmi. Sarà anche la mia prima volta in Toscana. Ringrazio tutti quelli che mi hanno mandato un messaggio di sostegno. Un grande grande grande grande grazie a Andrea Pallotti e Davide Cusini per il loro incredibile supporto, non avrei potuto chiedere amici migliori”.
Pietro Illarietti