Ciclismo pulito a pane ed acqua. Un esempio per i giovani e per tutto il movimento. Un atleta che ha saputo rinunciare alla finta gloria. Questo è Walter Uccheddu, uno sportivo, un sardo doc che ha deciso di tentare un’impresa al limite delle sue possibilità contro la malattia e oltre qualsiasi barriera. Con la passione, la volontà, le rinunce e un grande spirito di sacrificio cercherà di oltrepassare ogni ostacolo e lo scetticismo degli stessi medici che lo hanno in cura.
Per il corridore sardo è iniziata una sfida contro il tempo. Il ciclista di Gonnosfanadiga, compirà 44 anni il prossimo aprile, e tenterà di realizzare il record dell’ora su pista per dializzati e trapiantati. Dopo Francesco Moser, un altro italiano cercherà l’impresa nel velodromo coperto di Montichiari, in provincia di Brescia.
Gli allenamenti sono iniziati da tempo e al suo fianco ci saranno il trainer, Giuseppe Solla, il preparatore atletico, Nardino Degortes e l’istruttore Simone Seguro. L’appuntamento è fissato il prossimo 10 maggio. La sua carriera era iniziata a soli 8 anni e da giovanissimo collezionò la prima vittoria a 10 anni con i colori della squadra ciclistica, S.C. Gonnosfanadiga. Poi fu un susseguirsi di vittorie. Furono 226 in F.C.I. dal 1981 al 1993, con 16 titoli regionali sardi su strada, pista, cronometro e ciclocross, 106 vittorie su strada, 86 nella disciplina cross e 34 su pista. Inoltre per 7 volte ha vestito la maglia azzurra nella disciplina ciclocross, ha vinto 2 Coppe Europa per nazioni e nel 1988 si è classificato 30° ai campionati del mondo di ciclocross in Svizzera.
Ora il Forum Sport Italia per trapiantati e dializzati ha deciso di sposare l’iniziativa per ottenere il record dell’ora su pista. L’obiettivo, oltre alla competizione sportiva dei dializzati o trapiantati è sensibilizzare la gente alla donazione a favore di chi è in attesa di organi. La sua carriera era iniziata in Sardegna ed era proseguita in Friuli col Gruppo sportivo Caneva, in Veneto, a Padova e con la Guerciotti a Milano nel ciclocross. Era arrivato ai mondiali e in quel periodo si era scontrato col mondo del doping. Per ottenere prestazioni importanti gli avevano imposto l’uso di farmaci che in quegli anni circolavano nel mondo del ciclismo, in particolare, quando si era affacciato nel professionismo, ma lui aveva rinunciato. Il prezzo da pagare era troppo alto e non aveva voluto correre il rischio di rovinarsi la vita perché crede in uno sport pulito e senza il bisogno di dover ricorrere ad aiuti di nessun genere.
L’atleta sardo ha conquistato due medaglie d’oro, la prima nella gara sui 20 chilometri su strada e la seconda in quella a cronometro su un percorso di 5 km, negli ultimi campionati europei per dializzati e trapiantati che si sono svolti a Cracovia, nell’agosto del 2014.
Il ciclista è campione italiano in carica e campione europeo uscente di ciclismo su strada. Walter Uccheddu ha scoperto negli anni 90’ di avere la stessa patologia della madre, il renepolicistico, una malattia genetica ereditaria che richiede il trattamento dialitico o il trapianto. Ora è in lista per l’intervento. Walter Uccheddu ha deciso di sfidare se stesso e la sua malattia.
Cosa l’ha spinta a mettersi in gioco per raggiungere un traguardo così importante?
«C’è stato un periodo in cui avevo dovuto quasi abbandonare l’attività ed ero molto demoralizzato. Negli anni 90’ dopo aver accertato la mia patologia mi dicevano di non gareggiare e di non fare attività agonistica. Ho proseguito ma per il timore di aggravare la situazione non ho fatto più gare. Nel 2011, quando sono entrato in dialisi, ho ripreso ad andare in bici con l’avvallo dei medici. Anche se mi dicevano di fare agonismo è stato più forte di me e ho iniziato a fare gare. Sto gareggiando nella categoria amatori in Sardegna e con ottimi risultati».
Come trascorre le sue giornate e quanto tempo dedica agli allenamenti?
«Io pratico questa disciplina con grande passione e con la filosofia del dilettantismo puro cosi come quando correvo da ragazzino e lo faccio con lo stesso spirito. Ora il mio obiettivo è quello di fare il record dell’ora su pista e tutta la mia vita è organizzata per ottenere questo traguardo. Il lunedì e il venerdì, giorni in cui faccio la dialisi, mi alleno per circa un’ora e mezzo, mentre gli altri giorni lavoro per tre ore e percorro circa 80/100 chilometri».
Siete riusciti ad avere il sostegno degli sponsor? Come rispondono le aziende specializzate e i media a questa iniziativa?
«In parte questo evento lo stiamo organizzando per passione e amicizia e in questo momento siamo alla ricerca degli sponsor per coprire le spese vive e le attrezzature tecniche necessarie per raggiungere questo traguardo. Il velodromo di Montichiari è l’unico impianto in regola per effettuare la prova al coperto e ci consente di effettuare la competizione. Abbiamo deciso di tentare il record e farlo come dializzati perché non ci ha mai provato nessuno al mondo. La prova verrà omologata dall’UCI che detta le regole per la tipologia della bici e per tutti gli accessori e i materiali. Questa avventura richiederà grandi sacrifici e per questo stiamo cercando il sostegno di chiunque vorrà contribuire per amore dello sport, per amicizia e simpatia. In questo contesto abbiamo bisogno di una bici tecnica da cronometro per la pista. Di queste biciclette ne vengono costruite solo circa 300 all’anno e abbiamo chiesto e invitato le aziende italiane a fornircela. In attesa di risposte che ancora tardano ad arrivare ci auguriamo che sia proprio l’italia a credere nel progetto».
La regione Sardegna contribuirà all’iniziativa? Come risponde il territorio?
«La mia maglia sarà particolare e avrà come immagine principale il corpo umano con i vari organi per sensibilizzare la gente alle donazione degli organi. Sulla schiena ci saranno rappresentati i quattro mori. Stiamo cercando un contributo per tutti i materiali tecnici e per le spese vive come i viaggi, il soggiorno per gli allenamenti e l’affitto della pista. E’ una sfida ambiziosa che ha l’obiettivo di trasmettere un messaggio forte per dimostrare che lo sport è per tutti, senza distinzioni e senza preclusioni per nessuno. Con la forza della volontà si possono raggiungere molti obiettivi e oltrepassare i muri. Faccio un appello a tutte le aziende sarde perché ci tengo moltissimo a rappresentare l’isola. Per ora hanno risposte alcune aziende e industrie italiane. Mi piacerebbe portare sulla maglia il logo dei marchi sardi più importanti. Occorre una grande sensibilità sul tema ma sono convinto che Smeraldina, Arborea, Podda, Cantine Argiolas e Formaggi Cau che hanno dimostrato grande partecipazione in passato forniranno il loro contributo».
Maurizio Bistrusso