Sta crescendo la preoccupazione tra i ciclisti milanesi dopo che alcuni consiglieri della Regione Lombardia hanno proposto di targare le biciclette, come se fossero delle moto o delle auto. La giustificazione è: così sarà più difficile rubarle (!). In merito, recentemente è stata presentata al Consiglio regionale una mozione stranamente bipartisan: sembra che destra, centro e sinistra improvvisamente si siano messi a preoccuparsi dei ciclisti. In realtà, più che un deterrente contro i furti, la motivazione di tuttoi questo interesse è piuttosto rivolta "contro" i ciclisti. Cioè si vorrebbe rendere identificabile il mezzo per poter reprimere e colpire i presunti atteggiamenti "illegali" commessi da chi va in bicicletta. Il paradosso è che mentre da una parte queste stesse persone urlano contro gli autovelox che costringono gli automobilisti indisciplinati a rispettare i limiti di velocità, dall'altra vorrebbero instaurare un regime sanzionatorio infallibile per colpire gli eventuali comportamenti anomali di chi va in bicicletta. In ultima analisi si arriverebbe a sfavorire l'uso delle due ruote in ambito urbano durante i giorni feriali, per recarsi in ufficio o a scuola o a fare la spesa, perché qualcuno (sono pochi, anche se molto visibili…) spesso non rispetta le norme del codice della strada. Ma oggi la bicicletta rappresenta l'ultimo baluardo della mobilità individuale libera e consapevole (per esempio nei confronti dell'inquinamento dell'aria). Targarla, vorrebbe dire scoraggiarne l'uso con gravi ripercussioni che per l'ambiente. Tanto più che per difendersi dai furti esistono altri metodi, a partire dalla marchiatura facoltativa dei telai con relativa anagrafe fotografica delle biciclette. Oltre a efficienti sistemi di ritenzione e stalli ad arco appositamente studiati per potervi ancorare le due ruote.
La nostra impressione è che dietro questi periodici interessamenti un po' sospetti nei confronti di chi pedala sulle due ruote via sia un "odio" viscerale nei confronti della bicicletta, in quanto ultimo mezzo "anarchico" di mobilità individuale non ancora irregimentato. La verità è che il codice della strada andrebbe rispettato da tutti, automobilisti, motociclisti e ciclisti. E andrebbe fatto rispettare. A partire dalla velocità eccessiva dei veicoli a motore in città, che è la prima causa degli incidenti. A questo proposito qualcosa si sta muovendo: in primavera la zona a 30 kmh dovrebbe essere allargata alla cerchia dei Navigli. Ma come si riuscirà a far rispettare il divieto se già oggi non si è in grado di far osservare il limite dei 50 orari?
Cesare Paroli, da Il Giorno