La pandemia ci ha abituato, purtroppo, a fare i conti anche con le incongruenze, le cose incomprensibili, i fatti inaccettabili. È una costante, del nostro Paese, purtroppo.
Il fatto minimo che vi raccontiamo arriva da Dalmine, raccontato da un anonimo osservatore che ha spedito tre foto alla nostra redazione: nelle immagini, da una parte i giovani ciclisti che attendono il loro turno regolarmente distanziati, seduti a distanza di sicurezza, con la mascherina sul volto nel pieno rispetto delle normative stabilite dal Governo e dalla Federazione Ciclistica Italiana. Dall'altra, cinque ragazzi che si stanno divertendo nell'adiacente piscina e sono saliti sulla passerella per dare un'occhiata a quel che succede nel velodromo. Cinque ragazzi uno addossato all'altro, senza mascherina né protezione né distanziamento. Cinque ragazzi che si divertono e magari ridono di quelli che, cercando un minimo riparo sotto gli ombrelloni, aspettano il loro turno per allenarsi rispettando tutti gli obblighi di legge imposti.
È un fatto minimo, lo ripetiamo. Ma simbolico. Perché accade nel cuore della Bergamasca epicentro della strage di vittime del coronavirus e perché ruota attorno ad un mondo, quello del ciclismo, che deve ancora sapere come e quando potrà ripartire e, soprattutto, se potrà farlo dovrà rispettare misure di prevenzione severissime e costosissime. Intanto in piscina ci si diverte...