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"SAFER" SI RACCONTA: «COSÌ RIUNIAMO TUTTI GLI ATTORI DEL CICLISMO PER L'OBIETTIVO PRIORITARIO DELLA SICUREZZA»
di Nicolò Vallone | 07/02/2025 | 08:13

Alla vigilia delle prime gare su strada della stagione, vi avevamo riportato la struttura dell'organismo SafeR e un recap delle sperimentazioni regolamentari avvenute l'anno scorso e previste quest'anno. Vi invitiamo a ripassare il tutto QUI e poi tornare su questa pagina per leggere di seguito quanto affermato da 5 esponenti di UCI (due relatori) e SafeR (tre relatori) ieri in conferenza stampa:

PETER VAN DEN ABEELE - Direttore sportivo della Uci

«Fondamentalmente SafeR si occupa di raccogliere dati sugli incidenti in gara e prendere decisioni in base a essi, capendo le cause degli incidenti e individuando le aree di rischio per prendere decisioni precise e mirate. Lo fa col prezioso ausilio dell'Università di Gand. Non esiste una singola soluzione magica per ridurre i rischi nelle corse, ma una serie di aggiustamenti e fattori che, concatenati insieme, posso abbassare notevolmente i coefficienti di rischio. Un grosso merito di SafeR è quello di riunire tutti gli "stakeholder" del ciclismo e farli dialogare tra loro, anche mettendo a confronto civilmente le opinioni talora divergenti per l'obiettivo comune di un ciclismo più sicuro. Venendo a una questione specifica, sento dire che una tendenza del futuro sia quella dei circuiti locali: io non credo, si finirebbe per snaturare e limitare alcune grandi corse. Sta al buon senso degli organizzatori essere in grado di disegnare i percorsi ora in un modo ora nell'altro, per garantire tutti gli aspetti importanti di una competizione ciclistica. Un accenno infine al calendario olandese condizionato dal vertice Nato di giugno: 4 gare sono state salvate, un paio sono state rimosse dal calendario 2025 con l'auspicio di rivederle nel 2026.»

MATTHEW KNIGHT - Coordinatore del progetto SafeR all'interno della Uci

«Il lavoro di SafeR si fonda essenzialmente su 5 pilastri e 27 obiettivi, che riassumiamo così: nuove regole legate alla sicurezza; linee guida per gli organizzatori per quanto riguarda barriere, segnaletica, scelte in termini percorso e non solo; assistenza ai commissari nel loro lavoro e nei loro processi decisionali, per renderli sempre più coerenti e uniformi specialmente in situazioni delicate come le volate; monitoraggio e perfezionamento di materiali ed equipaggiamento, che ci raccomandiamo di progettare all'insegna della reale sicurezza dell'atleta prim'ancora che della velocità; "educazione" di corridori, spettatori e direttori sportivi, introduzione di una superlicenza per i giovani corridori per formarli a saper stare in gruppo nel passaggio da categorie giovanili a professionismo. Nel 2024 abbiamo registrato ben 497 incidenti in gara: per il 35% è colpa dei corridori, poi ci sono molte concause che possono pure intrecciarsi, come la "tensione" in alcuni punti nodali e momenti topici della gara, oppure i settori in pavè o la strada scivolosa, senza dimenticare discese e infrastrutture stradali. Le proposte di SafeR approvate per il 2025 includono l'estensione a 4 o 5 km della "regola dei 3 km" e da 1 a 3 secondi di distacco per considerare lo stesso tempo del gruppo nelle tappe allo sprint, misure che hanno incontrato riscontro parecchio positivo tra gli atleti; aggiornamento dell'extreme weather protocol, per rendere più chiare e tempestive le decisioni in gara; aumento da 2 a 3 delle ambulanze minime obbligatorie nelle corse professionistiche; l'applicazione dei cartellini gialli (continuamente aggiornati nell'apposita sezione del sito della Uci) a ogni tesserato, basata su 23 diverse casistiche con attenzione anche ai rifornimenti (che devono avvenire in determinare aree e non dovunque sul percorso) e ai lead-out che non devono rallentare eccessivamente ostacolando chi arriva da dietro: con due gialli si viene sospesi per una settimana, con tre gialli in un mese si viene sospesi per due settimane, con sei gialli in un anno si viene sospesi per un mese. Finora la tendenza è quella di un cartellino giallo in oltre il 50% dei giorni di gara complessivi. Inoltre stiamo migliorando i nostri software e sono in lavorazione nuove indicazioni sulle barriere negli ultimi 500 metri: insieme a una scuola d'ingegneria in Svizzera stiamo analizzando dimensioni, connessioni tra moduli, fissaggio dei pannelli pubblicitari e capacità di assorbimento degli impatti, sia per proteggere i corridori in caso di caduta, sia per garantire la sicurezza degli spettatori. Il risultato dello studio sarà la definizione di nuovi requisiti tecnici. Oltre a ciò, abbiamo condotto e continuiamo a condurre sperimentazioni sulle comunicazioni in gara: abbiamo ben compreso che corridori e ammiraglia hanno bisogno delle radio per la loro stessa sicurezza, ma abbiamo osservato che quando radio-corsa annuncia un punto critico il gruppo accelera per superarlo prima anziché rallentare; in più riteniamo che radio e auricolari attualmente utilizzati, posizionati sulla schiena dei corridori, nascondano potenziali rischi. Proveremo senz'altro a innovare in maniera intelligente su questi aspetti. Infine, a seguito anche della morte di Muriel Furrer agli scorsi Mondiali, stiamo parlando con fornitori di servizi di localizzazione e con esperti di altri sport per capire quale sia la soluzione più fattibile: un'ipotesi è l'utilizzo dei dati GPS già impiegati per le grafiche di gara, in modo da creare un vero e proprio centro di controllo della corsa; in alternativa o in aggiunta, si potrebbe creare un sistema di monitoraggio di tutti i veicoli del convoglio gara, così come attivare allarmi in caso di decelerazione improvvisa.»

BRENT COPELAND - Presidente dell'associazione delle squadre professionistiche mondiali e rappresentante dei team in SafeR

«Lieto di trovarmi qui in rappresentanza della Aigcp, in sinergia con Uci, Aiocc e Cpa. Il ciclismo, per sua natura, nasce poco sicuro: si corre per strada, con tutti gli ostacoli e gli imprevisti del caso, e a volte ti può capitare di dover telefonare al genitore di un atleta per comunicarne la morte, come mi è capitato con Andrè Drege che aveva già firmato per la Jayco AlUla. Nella mia vita ho anche lavorato quattro anni in MotoGP: i motociclisti, che a loro volta fanno uno sport rischiosissimo, dicono che i ciclisti sono pazzi… Ecco, per questo dobbiamo lavorare in modo straordinario, come vi assicuro che stiamo facendo ogni settimana esaminando ore di video. Non è un lavoro semplice, ma stiamo coinvolgendo ogni parte in causa per cooperare in questa direzione. Da par mio, posso dire che le squadre devono migliorare la formazione del proprio personale, dei direttori sportivi e di tutti i membri del team, anche per far capire ai numerosi giovani corridori che bisogna sapersi attenere a condotte di gara più accorte quando si pedala in gruppo. Il cambiamento richiede pazienza, comprensione e rispetto: alcune sperimentazioni possono non piacere, ma finché certe misure non vengono appunto testate in gara non possiamo conoscerne fino in fondo la validità. In questi mesi abbiamo raccolto feedback molto preziosi per capire come e in cosa progredire e siamo in contatto con le migliori aziende per trovare le migliori tecnologie disponibili. Nella cronosquadre della Volta Valenciana c'è stato chi non riusciva a comunicare via radio con l'ammiraglia: nel 2025 è inammissibile. Questi sono alcuni degli aspetti su cui siamo all'opera.»

KIKO GARCIA - Direttore dell'associazione mondiale degli organizzatori e membro di SafeR

«Da quasi due anni abbiamo deciso di muoverci tutti insieme per una sfida assolutamente prioritaria: la sicurezza delle gare ciclistiche. Niente di peggio per un organizzatore che sentire in radio le parole "crash, caduta, caìda, chute…" e l'unico modo per rendere tali parole più rare è un processo di lungo termine ma costante e coeso, come quello che abbiamo intrapreso. Inevitabilmente ci sono momenti di dibattito e scambi di opinioni persino opposte, ma poiché agiamo tutti per un bene comune nessuno si tira indietro. Per questo ringrazio Brent, Adam, Matthew, Peter e tutti coloro i quali si stanno impegnando in SafeR. E ringrazio gli oltre 160 organizzatori di tutto il mondo che fanno parte di Aiocc e fanno del loro meglio per adattarsi alle nuove esigenze in termini di sicurezza. Ancora oggi purtroppo vediamo autoveicoli "invadere il percorso" soprattutto in gare più piccole: sapete, non è sempre facile convincere i comuni a chiudere completamente al traffico le strade per lassi di tempo prolungati; di sicuro occorre informare in maniera corretta e capillare la cittadinanza quando deve passare la gara ciclistica e vigilare il più possibile. E occorre anche che le organizzazioni più strutturate e ricche aiutino quelle più piccole del loro stesso Paese, magari fornendo dispositivi di sicurezza che permettano alla "gara minore" di adattarsi a normative e nuovi standard senza impattare in modo sanguinoso sui budget. Una buona pratica che invece è già in uso per corse di ogni livello riguarda l'uso di un software che traccia gli ostacoli sul percorso e permette agli organizzatori di andare ad agire nei punti più delicati della strada.»

ADAM HANSEN - Presidente del CPA e rappresentante dei corridori in SafeR

«I corridori apprezzano molto la frequenza e l'accuratezza con cui SafeR sta lavorando per loro, esaminando minuziosamente gli incidenti in gara e interpellandoli quando necessario. Stiamo notando che quando lanciamo un sondaggio interno e riceviamo dei feedback su temi come gli sprint o i materiali, questi hanno poi una certa risonanza mediatica: se gli atleti vengono davvero coinvolti e sanno di poter contare su un organismo che li ascolta, è un segnale molto importante da parte del ciclismo. Un esempio concreto di sondaggio che stiamo portando avanti internamente riguarda la limitazione dei rapporti per ridurre i rischi nelle discese particolarmente insidiose: se i corridori saranno favorevoli, nulla vieta di fare un test di quel genere in alcune gare. La percentuale di 35% di "colpa dei corridori" negli incidenti è naturalmente corretta, ma sommando altre percentuali più piccole della stessa torta, dall'1% causato dagli spettatori al 13% legato al disegno del percorso, rileviamo altresì una certa incidenza delle carenze organizzative. Tutti, nessuno escluso, dobbiamo migliorare e continuare su questa linea intrapresa. A partire dal rilevamento stesso dei dati, poiché ancora non siamo in grado di stabilire con più precisione la tipologia esatta di errore del corridore e cosa l'abbia davvero indotto in errore. Ci arriveremo. Nel frattempo, come CPA stiamo chiedendo agli atleti più esperti di "insegnare" ai giovani il giusto atteggiamento: in un ciclismo ad altissima intensità ed esposizione mediatica e social, avere rispetto in ogni situazione, sia in gara che fuori, può giovare alla sicurezza.»

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