A febbraio ci aveva impressionato vedere Huub Artz finire al 3° posto sulla Green Mountain, l’Alpe d’Huez del Tour of Oman, dopo essere stato in fuga e aver approcciato la salita finale con appena un minuto sul gruppo. Poi l’abbiamo visto vincere la Gand-Wevelgem U23, chiudere 7° la Parigi-Roubaix di categoria e la Liegi-Bastogne-Liegi, e poi 11° il Giro di Norvegia coi professionisti. Ieri, infine, ha vinto al Giro Next Gen nell’arrivo in salita di Zocca, ancora una volta grazie ad una fuga indovinata.
Ci è venuto spontaneo chiedergli che tipo di corridore sia, visto che sembra andare forte un po’ ovunque: «Non mi è ancora chiaro nemmeno a me che tipo di corridore sono - ha detto Artz -. Dopo Pian della Mussa e Fosse, però, mi sono convinto che le salite non sono proprio il mio, mi piacciono solo quando sono al top, mi definirei più un corridore da classiche. Poi se sto bene mi diverto anche in salita, ma oggi ero con corridori che sono andati via in pianura, quindi non propriamente scalatori».
In questo Giro Next Gen, infatti, le gambe non hanno risposto come avrebbero voluto e il livello altissimo dei concorrenti lo ha fatto sudare non poco: «Quando ho visto le tappe pensavo di poter fare bene in diverse di queste, ma ad inizio Giro la gamba non girava come speravo - ha detto ancora il corridore della Wanty-ReUz-Technord -. Oggi però volevo provarci e sono contento che alla fine sia venuta fuori questa bella vittoria. L’impressione che ho avuto è che qui il livello fosse anche più alto di alcune corse professionistiche, ma forse è perché non stavo benissimo e qui le corse sono totalmente imprevedibili e non si rallenta praticamente mai, quindi se non sei al top rischi davvero di soffrire tanto. Sono comunque contento di aver dimostrato di potermela cavare sia con gli U23 che coi professionisti».
Olandese di Eindhoven, classe 2002, 186 cm per 69 kg, si ispira a Mathieu Van der Poel e sogna, un giorno, di vincere il Giro delle Fiandre. Dal prossimo anno sarà ufficialmente un professionista tra le fila delle Intermarché: «Ho iniziato molto presto con la bici, a 10 anni, e poi ho sempre sognato di diventare professionista. Non so cosa aspettarmi da quel mondo. Vediamo come andrà il prossimo inverno e se dimostrerò di essere forte abbastanza per vincere già coi grandi. Ma da questo punto di vista non credo ci sia troppa fretta».
Prima, però, c’è un Giro Next Gen da concludere: «Oggi sarà un’altra giornata full gas perché tanti corridori vorranno provare a vincere per salvare il proprio Giro. Potrei provarci anch’io, ma senza pressioni perché il mio obiettivo l’ho già raggiunto».