Si chiama doping digitale, si legge BOT. Cosa sono i BOT? Sono dei robot che interagiscono al posto nostro on line. I più famosi sono quelli utilizzati dagli inflencer per gonfiare i profili Instagram o di altri social network.
Nel caso del ciclismo virtuale parliamo di «bot code cycling» e pare che, facendo una ricerca, ne escano a milioni. Per l'esattezza ben 5 milioni. Come accade per il doping vero e proprio, con atleti dotati muscoli di cartapesta o in grado di sfoderare super prestazioni, anche nel virtuale è facile cadere in tentazione e avvalersi dell'aiutino di software in grado di aiutarci in modo illecito. Si parla così di doping digitale e l'argomento viene trattato a fondo in un articolo de Il Corriere a firma di Claudia Cannarella.
Il fenomeno preoccupa molto anche perchè l'utente imbroglione rischia di far disaffezzionare quello onesto che percepisce un divario molto importante con l'utente malandrino. Altra preoccupazione riguarda la manomissione dei dati immessi sulle piattaforme, infatti in alcuni casi è posisbile modificare i dati (manualmente o con software) prima di caricarli on line.
Discorso differente riguarda invece l'ambizione olimpica delle discipiline virtuali e quindi del controllo da parte di enti certificati. Se negli eventi importanti vi può essere un controllo più efficace, preoccupano gli eventi minori. Nei mesi scorsi, molti ricorderanno, casi di atleti bannati dalle competizioni on line per aver manomesso di dati di peso e altezza, variabili in grado di influenzare il rapporto peso potenza.
Come sempre la tecnologia offre molteplici opzioni, sta poi alle persone scegliere se usarle bene oppure male.