È sicuramente una storia conosciuta, già variamente e validamente proposta, comunque una bella storia, quella del valdostano Franco Vagneur, anzi professor Franco Vagneur, una storia di valore, didascalica per i suoi sviluppi che testimoniano la volontà e la passione per le due ruote di un giovane, negli anni 1970 e 1980. Le due ruote di Franco Vagneur, nato ad Aosta il 14 febbraio 1944 con la famiglia d’estrazione contadina originaria di Saint Nicolas, comune a una quindicina di chilometri dal capoluogo, a metà strada fra Aosta e le pendici del Monte Bianco, sono state, soprattutto, le ruote speciali, con battistrada scolpito, utilizzate nel ciclocross, ovviamente spesso infangate, a motivo della destinazione d’uso. Meritano la definizione “onorate” da impegno e passione assolute, perseveranti, di Franco Vagneur e non solo sui prati e gli sterrati ma anche su percorsi impegnativi, con tanta e tanta salita, di varie gare che l’hanno visto al via.
L’attività su strada è stato un po’ il sogno di gioventù di Vagneur che per le sue precipue caratteristiche fisiologiche di atleta di fondo, certificate da valori assolutamente non comuni con dati e doti che s’attagliavano a un profilo di scalatore, era un pedalatore che si esprimeva al meglio sulle pendenze all’insù più arcigne e, invero, i suoi riferimenti ciclistici, almeno quelli delle aspirazioni al confine con i sogni di gioventù, erano i vari campioni più rinomati dell’epoca con una spiccata preferenza per il francese Jacques Anquetil, formidabile passista contraddistinto da unica eleganza in sella, e pure giù di sella, talvolta pure non in linea simmetrica con i rigorosi canoni della pratica ciclistica.
È stato però il ciclocross a qualificarne la carriera ponendolo ai vertici della specialità con un palmarès che propone, dal 1961 al 1982, un copioso numero di vittorie – 208 per la precisione – in 21 anni di carriera agonistica nelle differenti categorie. Dati che lo collocano nell’eccellenza de ciclopratismo, appena appena sotto “mostri sacri” della specialità, sia in campo nazionale e pure in quello internazionale, e diversi dei quali ha pure conosciuto e ammirato, con quasi devoto rispetto e sovente amicizia ricambiata, gareggiando sui prati del ciclocross nel corso della sua lunga, lunghissima, carriera pedalata. A cominciare, naturalmente, da Renato Longo, autentica leggenda del ciclocross, scomparso poco più di due mesi fa.
La Valle d’Aosta, regione geograficamente piccola e, per diretta conseguenza con un numero di abitanti che si colloca attorno ai 120.000, orograficamente articolata e altimetricamente complessa e assai frastagliata con le sue splendide montagne, non è da annoverare certamente fra i vivai ciclistici più prolifici ma, guardando all’indietro, è da ricordare che Maurice Garin era nato ad Arvier nel 1871, comune confinante proprio anche con Saint-Nicolas, che all’età di 14 anni emigrò con la numerosa famiglia in Francia acquisendo nel 1901 la nazionalità francese. Vinse due Parigi-Roubaix di seguito nel 1897 e nel 1898 entrando poi nella storia e nella gloria ciclistica eterna quale vincitore del primo Tour de France nel 1903, oltre a varie altre affermazioni.
Dopo Garin, ricordato da un monumento nella nativa Arvier e scomparso a Lens (al nord della Francia) nel 1957, poco più di nulla nel ciclismo valdostano fino all’apparizione di Franco Vagneur che primeggiava, da giovanissimo, nelle sfide fra amici in bici poi, a 14 anni, non tesserato, s’impose in una cronoscalata. L’anno successivo, era il 1961, è tesserato per la Libertas Aosta per passare poi alla Settimese di Settimo Torinese, in Piemonte. È anche l’epoca che Vagneur lascia la sua amata valle per trasferirsi a Torino dove continua, con profitto, gli studi magistrali fino al diploma, correndo sia su strada, sia nel ciclocross soprattutto con notevole profitto.
Altro trasferimento nel 1964, fino al 1966, sempre all’insegna di studio e ciclismo praticato, in Lombardia, tesserato per G.C. Corsico, località confinante con Milano, abitando in un locale di servizio che gli fu messo a disposizione nella sede sociale. A Corsico è nato Franco Cribiori, buon professionista e direttore sportivo di lungo corso. Ha favorito il passaggio un meccanico, specialista nella preparazione delle biciclette da ciclocross, Gramaglia, con frequentata bottega nel popolare quartiere milanese di Baggio, dove viveva anche il veneto d’origine Renato Longo, “tiranno gentiluomo”, un grandissimo della specialità e buon stradista, vincitore di cinque mondiali e dodici titoli italiani, persona che Franco Vagneur ricorda con affetto e rispetto, ricambiati. Per il versante studi frequentava con profitto la notissima Università Bocconi dove, al termine del percorso formativo, conseguito la laurea in lingue e letterature straniere. Quasi senza soluzione di continuità inizia la carriera di professore con frequenti supplenze nelle scuole medie. Dopo i due anni al Corsico con buone soddisfazioni anche su strada, avverte la necessità di trovare una società vicino all’amata Aosta e veste la maglia del G.S. Aresca dal 1967. Passa poi nel G.S. Pejo, vivaio ciclistico bresciano di rilievo che dava ampio spazio anche al ciclocross con l’appassionato d.s. Gino Riccardi.
Nel lungo periodo agonistico del ciclocross ha rivestito per 23 volte la maglia azzurra dell’Italia, anche come selezionatore della squadra azzurra su indicazione espressa dal grande Alfredo Martini nel 1982. Per sette volte ha rivestito il tricolore fra i dilettanti e ha conquistato vittorie di rilievo nelle gare di maggior prestigio del calendario italiano e internazionale.
Franco Vagneur, sia come corridore, sia come tecnico, ha un carattere forte come la sua conformazione fisica di grande resistenza alla fatica, che sente fortemente il ciclismo quale sport di natura individuale, poco incline al compromesso al quale antepone l’indipendenza e la lealtà diretta e quale selezionatore resiste non molto tempo nell’incarico preferendo l’impegno nell’insegnamento della lingua francese nelle scuole medie della sua valle. Ricorda con rispetto i suoi rivali sportivi di varie epoche e, dopo Renato Longo, il padovano Franco Livian di Rovolon, vivaio di ciclocrossisti, dove è nato nel 1942 viso pacioso, tranquillo, due anni in più di Franco, sembrava sorridesse sempre, ma avversario-amico ostico e, soprattutto per la parte terminale della sua carriera, il due volte iridato Vito Di Tano, pugliese traferitosi nei dintorni di Milano, dipendente delle Ferrovie Italiane, che eccelleva nella corsa a piedi con bici in spalla con le sue lunghe leve, un fedele del G.S. Guerciotti di Paolo Guerciotti. Ha avuto una speciale ammirazione per i due fratelli De Vlaeminck, Eric il più anziano e l’eclettico Roger, ambedue anche valenti ciclopratisti e i molti specialisti, soprattutto del nord Europa, che hanno primeggiato nella specialità.
E sono molti gli episodi e le atmosfere di quel mondo vario, articolato, un po’ ruspante, frequentato anche da noti stradisti attratti alla specialità, oltre che per ragioni tecniche, di preparazione alla stagione su strada, dagli ingaggi non certamente disprezzabili. Un’occasione per Franco Vagneur di conoscere campioni della strada che dispensavano insegnamenti più che con le parole con gli atteggiamenti in corsa. Ricorda soprattutto la figura del toscano Franco Bitossi, anche valido ciclocrossista con propedeutici comportamenti d’esempio che hanno fatto comprendere e valutare all’attento valdostano norme e regole, non scritte ma invalse, riprese dall’attività di vertice su strada. Comportamenti come consigli, non espressi a voce ma comunicati con esempi discreti.
Da Aosta Franco Vagneur partiva a bordo di una Fiat cinquecento carica di materiale tecnico, bici e altro, accompagnato dal fido meccanico Giancarlo Benato e dalla fidanzata, poi moglie, Sara Villella per raggiungere i differenti luoghi di gara. Il ritorno, sovente, si faceva più arduo e disagevole poiché, all’epoca, erano molto in auge i premi speciali con un’ampia gamma e varietà di oggetti, magari voluminosi. Sfidando la legge dell’impenetrabilità dei corpi trovava il modo di trasportare a casa il tutto. E il lunedì saliva in cattedra per il suo lavoro di professore di francese. Fra gli alunni ricorda anche Cesarino Cerise, poi speaker delle corse rosa a cavallo fra gli anni 1980/90, successivamente giornalista alla sede d’Aosta della Rai, succedendo allo speaker monzese Federico Gerosa impossibilitato a continuare per motivi familiari di lavoro.
Un ruolo che vede, da circa dodici anni, d’anni, operare in affiatatissima coppia con Stefano Bertolotti, lombardo di Codogno, Paolo Mei, valdostano di Cogne, ciclista praticante soprattutto nell’off-road in varie declinazioni con larga conoscenza ed apprezzamento vivo per i grandi della MTB mondiale e per gli specialisti della downhill valdostana, a partire dal compianto Corrado Hérin, unico italiano vincitore della Coppa del Mondo di specialità (1997), arricchita dalle 3 vittorie di tappa consecutive nella stessa stagione, tragicamente scomparso nel marzo 2019 in un incidente aereo.
Torniamo al nostro protagonista, Franco Vagneur, vigoroso quasi ottantenne, che si gode il meritato riposo con serenità, nella sua valle e segue le due ruote sempre con misurata passione ma apprezza l’eccezionale versatilità dei fenomeni del ciclocross, il belga Wout Van Aert e dell’olandese Mathieu van der Poel, con vertici d’eccellenza anche su strada che rappresentano al meglio, con altri, la complementarità fra ciclocross e strada.
Proprio come sarebbe piaciuto – e aveva anche sognato – in gioventù Franco Vagneur che comunque non invidia, né rimpiange nulla del suo passato sportivo e il sereno presente che gli auguriamo prosegua a lungo in futuro.