La tappa 13 del Giro d’Italia, da Cervia a Monselice, passa nei territori della pianura regolati idraulicamente dall’importante lavoro del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, con la presenza di idrovore antichissime ritenute monumento all’ingegneria idraulica. Sarà a Baura, nei pressi del più antico ma ancora funzionante impianto del 1858, che il Consorzio saluterà il Giro con uno speciale striscione.
Il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara è un ente di diritto pubblico e gestisce in un comprensorio di oltre 256.000 ha, strutture di proprietà dello Stato, si occupa della difesa idraulica, irrigazione e tutela ambientale, oltre che fornire diversi servizi ad altri soggetti pubblici e privati. E’ il più grande d’Italia per consistenza della contribuenza con un bilancio di oltre 34.000.000 di euro, che per entità delle opere di bonifica del territorio. Grazie ai 170 impianti idrovori e i suoi 4241 km di canali, oltre a garantire l’irrigazione per l’agricoltura , è fondamentale l’importante attività legata alla sicurezza idraulica di una provincia sotto il livello del mare e per il restante 50 %appena al di sopra. Tra gli impianti storici, toccati dal Giro ce ne saranno diversi tra i quali l’Impianto Idrovoro di Baura che, costruito nel 1858 è il più antico e tuttora in attività dopo vari potenziamenti. Il suo compito è sollevare nel Po di Volano le acque di una vastissima area, consentendo al centro di Ferrara e alle strade che il Giro percorrerà di non essere allagate. Tante le iniziative del Consorzio anche legate al mondo dello sport come l’organizzazione di una mezza maratona e varie altre attività ludico sportive così come la definizione di un percorso ciclistico attraversando tecnologia, arte e storia grazie a impianti immortalati da De Chirico o fermati nelle pagine delle opere di Bassani.
PEDALARE NEI TERRITORI DELLA BONIFICA TRA STORIA, TECNOLOGIA E CULTURA
Da Cento passando per Ferrara a Comacchio, il territorio attraversato è quello del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, il più grande d’Italia sia per consistenza che per entità delle opere di bonifica, ma è anche un viaggio nella storia, nell’arte, nella letteratura, nella tecnologia e nella tutela ambientale, l’evoluzione della sicurezza idraulica e l’irrigazione per un comparto importantissimo quale è l’agricoltura, posta in un territorio per metà sotto il livello del mare e che comunque anche negli areali più elevati, necessita di una gestione costante.
E’ a Ferrara che il Consorzio inizia a raccontarsi e a svelare le sue perle partendo da Palazzo Naselli Crispi, sede monumentale cinquescentesca che gli interventi post sisma consentiranno al pubblico la visita alla parte più antica e di rappresentanza. Esternamente si può gia ammirare la facciata restaurata e le opere murales su pannelli, volute dal Consorzio per raccontarsi affidandosi alle mani di artisti per parlare ai giovani. Un palazzo che sarà riaperto a fine ottobre, guarito dalle ferite del sisma e che mostrerà molti segreti finora nascosti come le ceramiche trovate sotto il pavimento del primo piano, un’ antica tecnica di alleggerimento dei solai e parti di affreschi venuti alla luce rimuovendo controsoffitti.
Tra i tanti tesori del Consorzio c’è la cartografia del Catasto Carafa, vere opere d’arte risalenti a fine 1700 che consentono di ricostruire l’economia del territorio, le proprietà catastali, lo studio del tracciato delle vie d’acqua e la comparazione con lo stato attuale. Proseguendo verso Baura ecco il primo impianto idrovoro che testimonia l’attività di bonifica iniziata già a metà 1800 che, con la forza motrice generata da caldaie a carbone, ha permesso di tenere libera dalle acque Ferrara ed una vasta area attorno, favorendo il deflusso nel Po di Volano e consentendo la crescita della città. Bastano pochi km e il viaggio nel territorio e nel tempo continua arrivando alle Prese di Migliaro che, con i Sifoni di Berra l’anno scorso, sono stati insigniti del riconoscimento internazionale Icid Register of World Heritage Irrigation Structures ed ora candidabili come siti Unesco. Riconosciuti come un’opera ingegneristica eccezionale e innovativa per i primi anni del ‘900 permisero lo sviluppo delle attività agricole, la sicurezza alimentare e sanitaria della regione dalla malaria.
Percorrendo viali alberati si arriva a territori più aspri e costieri nel comune di Codigoro e il suo impianto idrovoro, importante non solo perché al servizio di un comprensorio di 70.000 ettari ma per essere stato protagonista di pittura e letteratura. Delle ciminiere dell’impianto, infatti se ne innamorò il noto pittore metafisico Giorgio De Chirico che le immortalò nello sfondo della sua opera ‘Le Muse inquietanti’ dipinta nel 1917 quando in piena guerra si trovò a Ferrara. Struttura che è stata descritta anche da Giorgio Bassani nel celebre romanzo ‘L’ airone “che vinse il premio Campiello nel 1969.
Aironi che oggi volano attorno all’idrovora immortalati sull’edificio e sull’entrata accompagnati da alcune frasi dello scrittore, riproducendone fedelmente la calligrafia. La storia della bonifica, narrata sulla base di documenti dell’archivio, è anche un recupero della memoria di luoghi antichi, situazioni dimenticate e la storia di tanti che con genio e sudore hanno saputo strappare i terreni all’acqua. E’ così che raggiungendo l’ottocentesco impianto di Marozzo a Lagosanto, ci si immerge nell’Ecomuseo della Bonifica, un luogo sempre in via di evoluzione che al suo interno custodisce gli antichi macchinari mentre il parco è un vero museo di arte contemporanea a cielo aperto dove si possono ammirare le bellissime sculture ispirate all’acqua ma anche alla tecnologia, di artisti che di anno in anno, vincono il concorso nazionale ” De Aqua et terra” indetto dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara.
Il viaggio, come un fiume, si conclude verso il mare dove tra Valle Lepri e Pega di Comacchio si trova un moderno idrovoro tra i più grandi d’Europa, a fianco della città di Spina il porto etrusco di ingresso al Po e alla valle padana. Lì svetta il monumento alla bonifica, eretto nel 1957, forse modesto ma di grande valore simbolico grazie ad una lama che metaforicamente squarcia il muro di isolamento e sottosviluppo economico e sociale che aveva avvolto il delta del Po prima delle opere di bonifica.