Rassegniamoci. Quest’anno la voce del ciclismo di Eurosport non sarà più quella di Salvo Aiello. Il contratto, annuale, in scadenza il 31 dicembre 2017, non gli è stato rinnovato. In tandem con Riccardo Magrini esordirà Luca Gregorio.
Aiello, perché?
“Perché da più di un anno Eurosport è stata acquistata da Discovery Channel. Perché i vertici aziendali sono cambiati. Perché Stefano Benzi, da allora, non è più il direttore del canale. Il perché ufficiale non mi è stato mai comunicato, e trattandosi di una collaborazione esterna, non c’è l’obbligo della comunicazione. Anche se, umanamente, almeno una telefonata me la sarei aspettata”.
Lei è un… sessantottino.
“Sono nato nel 1968, il 14 novembre, lo stesso giorno in cui sono nati anche Vittorio Adorni, Bernard Hinault e Vincenzo Nibali, lo stesso giorno in cui si sono sposati Adriana e Gino Bartali. Maturità scientifica nello stesso liceo di Gianni Bugno, a Monza, poi la testa che mi aveva portato a iscrivermi alla Cattolica, facoltà di Scienze bancarie, e il cuore, che mi portava altrove”.
Dove?
“La strada, la gente, la vita. Il ciclismo. Il colpo di fulmine nel 1984, quando seguii Francesco Moser alla Sei Giorni di Milano e poi all’Arena di Verona. Il colpo al cuore nel 1999, quando Marco Pantani venne fermato a Madonna di Campiglio. E da quel momento non riuscivo più a vedere una corsa”.
Finché?
“Nel 2002 Carmine Castellano mi propose di fare lo speaker al Giro d’Italia. In un istante mi tornò tutto l’amore e tutta la passione che in quel periodo avevo soffocato e represso. Così, accanto alla pallavolo e al beach volley, allo snowboard e perfino all’Olimpiade di Torino 2006, è tornato prepotentemente il ciclismo”.
Nove anni a Eurosport.
“Cominciai con il Giro e la Vuelta. Cominciò anche il mio sodalizio e la mia amicizia con Riccardo Magrini. Non c’è stato un solo giorno in cui non abbiamo scherzato e sorriso, in cui non ci siamo impegnati e appassionati, in cui non ci siamo divertiti, non solo in cronaca ma anche durante le pause pubblicitarie. Forse, con il tempo, cioè con l’esperienza, siamo anche migliorati. Ho sempre pensato che ci volesse innanzitutto contenuto e poi forma. E il contenuto era l’amore per il ciclismo, la più fedele metafora delle dinamiche umane. Io amo il ciclismo, ma amo soprattutto la vita”.
Magrini non poteva metterci la sua parola?
“Riccardo è un amico. Non mi lascio distrarre da ipotesi e illazioni. So quanto mi vuole bene. E immagino come in quella situazione si sia potuto trovare”.
Nove anni di corsa, e di corse. Il momento tremendo?
“La morte di Wouter Weylandt”.
Il momento magico?
“Le vittorie di Nibali alla Vuelta e al Giro”.
Il momento appagante?
“Quando Fabio Aru chiese a Magrini l’autorizzazione a usare ‘cavaliere dei quattro mori’. Mi era venuto durante una telecronaca alla Vuelta 2014”.
In bicicletta?
“Non ho bici, io pedalo a parole. Quando ho tempo, vado in cantina e faccio cose mie: 15 video, con testo e musica, si intitolano ‘Voce di uno’, si trovano su YouTube. E in una delle rare uscite, al Giro di Turchia 2014, con ‘il Magro’ abbiamo fatto un video di una quarantina di minuti, ‘Un telecronista toscano in Turchia’, anche quello su YouTube”.
E adesso?
“Ho quasi 50 anni, una moglie da 12 e una bambina da otto e mezzo. Da speaker abitavo con la valigia in macchina, da telecronista vivevo con il cuore in giro per il mondo. Ma tranquilli, siamo uomini di mondo. Adesso sto leggendo un libro che mi è stato regalato da un ascoltatore di Eurosport, insegnante di yoga e sanscrito: si intitola ‘Tantra – lo Shivaismo del Kashmir’, e sono certo che un’illuminazione me la regalerà”.
Marco Pastonesi