Gatti & Misfatti
Arrivederci sul Mortirolo
di Cristiano Gatti

È consolante chiudere un irripetibile (perché no?) 1998 sapendo già che nel 1999 ci aspetta un Giro stupendo. Voglio dirlo subito, perché aspettare di vedere come finirà è piuttosto meschino. Comunque andrà, chiunque lo vincerà, sarà un grandissimo e indimenticabile Giro d’Italia. Da centocinquant’anni Adrianone De Zan ci ricorda che la corsa la fanno i corridori: se è permesso, vorrei dire che una volta tanto la corsa l’hanno fatta gli organizzatori. Ma sì, lasciamoci andare senza timori d’essere troppo filogovernativi: grazie «Gazzetta», hai regalato un capolavoro.

So già che un sacco di direttori sportivi e di corridori mi malediranno. Già sento l’amico Gianluigi Stanga che mi rivolge un sarcastico «Belo, proa a fal te» (traduzione per gli extracomunitari: «Bello, prova a farlo tu»). Li capisco: un Giro così duro comporterà fatiche terribili e provocherà molte figuracce. Ma purtroppo siamo schierati su due versanti diversi: noi pubblico ci divertiremo comunque un sacco. E al caro Gianluigi ricordo che la storia del mondo va così: nella civiltà romana c’era gente in delirio vedendo leoni che facevano colazione coi cristiani. Non insieme: mangiandoseli proprio. Riconosciamolo, abbiamo fatto qualche passo in avanti.

Dato atto ai corridori che il Giro 99 non sarà un party all’ambasciata, restano i complimenti vivissimi a chi l’ha disegnato. Sì, ci hanno ridato il Mortirolo: dico «ci» ai lettori di tuttoBICI perché è giusto e doveroso che lo sappiano. Se alla fine Castellano e Cannavò hanno ricollocato la più bella montagna del mondo al posto che le spetta, cioè come ring finale e decisivo, spietato e inappellabile, per un vincitore senza più ma, se, però, questo è merito anche - ovviamente non solo - delle lettere e dei fax spediti per sostenere la nostra campagna. E adesso, a cose fatte, è altrettanto giusto e doveroso riconoscere agli organizzatori in rosa quanto è loro dovuto: hanno avuto coraggio, il coraggio di ascoltare. E il coraggio li premierà.

Ma perché questo nuovo tracciato va definito un capolavoro? Primo, proprio per la tappa decisiva, che mette il Mortirolo assieme al Gavia e al Tonale. Secondo, perché contiene le cronometro nel giusto. Terzo, perché piazza qualche salita anche nella parte iniziale, così da evitare la noia dell’anno scorso. Quarto, perché come dice il mitico Alfredo Martini stavolta Pantani non sarà costretto ad attaccare sui cavalcavia. E quinto, ma non ultimo, perché finalmente colloca tappe bellissime nei week end. Da quest’ultimo punto di vista, si sana una vecchia piaga: le Dolomiti di martedì e la Riccione-Mantova di domenica, quando la gente non lavora e può fare il pieno Auditel (vogliamo parlare dei risvolti pubblicitari?), è un immane controsenso. Una volta, ricordo, io e l’amico Zomegnan, che rappresentava la «Gazzetta», finimmo persino per litigare in diretta Rai. Fu una cosa che mi ferì molto. Lui sostenne che la mia richiesta era solo frutto di una posa, di una moda, di un vezzo, quello di trascorrere il mese di maggio a sparare sul Giro. Fu ingeneroso, lo dico con la massima sincerità. Io chiedevo i tapponi nei week end, così come ho chiesto coi lettori di tuttoBICI la restituzione del maltolto (il Mortirolo) per un solo motivo, magari un po’ retorico, magari un po’ obsoleto, però innegabilmente nobile: perché al Giro voglio bene, più che a qualsiasi altra manifestazione, più ancora che a qualsiasi campione.

Adesso che abbiamo un po’ indugiato sui sentimenti, passiamo però all’ultima questione: l’accusa per un Giro sfacciatamente pantaniano. Punto primo: dopo quello che ha fatto nel ’98, Marco meritava attenzione. Punto secondo: il Giro 99 è comunque buono per tutti gli scalatori, anche per Tonkov, Gotti e Guerini, cioè per il meglio che la categoria esprime in questi anni (mi sembra molto giusto che i big se la vedano sul loro terreno preferito). Punto terzo: un Giro così, diciamo pure ideale, incapretta di fatto Pantani, nel senso che lo lega mani e piedi a un solo risultato, la vittoria. E si sa che quando puoi solo vincere, tutto si complica. Da questo punto di vista, potremo svelare anche l’ultimo lato nascosto di Pantani: e cioè come se la cava quando ha l’obbligo tassativo di dominare la corsa.

Mi sembra veramente tutto. È dunque il momento di chiudere, non prima però di rilevare una sconcertante prova della mia spettabile categoria. All’indomani della presentazione del Giro, si sono lette cose imbarazzanti. La Stampa, su tutti, ha titolato di un Pantani terrorizzato e in fuga («Troppo duro, meglio andare al Tour»). Altri, a ruota. Tutto questo perchè un gongolante Pantani, in sede di commento, si è lasciato andare ad una battuta del tipo «Giro duro, pure troppo». Che dire: non sembra neppure vero, ma molti di noi l’hanno preso alla lettera. Una figura di palta. Ragazzi, guardiamoci allo specchio: se non siamo capaci di cogliere una semplice battuta, significa che la categoria comincia ad avere seri problemi. E questa non è una battuta.

Cristiano Gatti, bergamasco,
inviato de “Il Giornale”
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