SE PER PEDALARE SERVE L'INCENTIVO
di Cristiano Gatti
Metto in conto da subito il carico di insulti che certamente mi arriveranno, ma non posso proprio mettermi il bavaglio sopra la mascherina. Costi quel che costi, in termini di lapidazione. È la classica causa persa, la perdo tranquillamente. E approdo al tema: gli incentivi per l’acquisto di monopattini e biciclette.
Conosco negozianti di fiducia, e anche di sfiducia, che per una volta sono tutti d’accordo: questo provvedimento ha di fatto vuotato i magazzini. Le vendite sono alle stelle. Parecchi allargano le braccia davanti ai nuovi clienti, mi spiace, non ho più niente, sto aspettando che arrivino nuove forniture. Bene, benissimo: se la mossa del governo doveva servire ad attaccare l’ossigeno al settore della bicicletta, allora mi zittisco subito e cambio discorso. Missione compiuta. Compiutissima. L’effetto però è lo stesso di quando si passa con un aereo sulla spiaggia e si lanciano caramelle o bustine di shampoo: un bel regalino a tutti quanti e nuova popolarità al generoso donatore. In questo caso, a Conte e alla sua squadra.
Siccome però non si è scelta la strada della donazione a fondo perduto, ma si è raccontato che questo è uno stimolo anche e soprattutto a un’altra “mobilità”, più eco, più green, più umana, allora proprio non sto zitto. E pongo subito una domanda: davvero noi possiamo pensare che incentivare l’acquisto di una bici o di un monopattino con l’elargizione di Stato cambi il nostro stile di vita?
Dato che non mi piace solo porre domande, ma provare anche a dare qualche risposta, eccola qui: no, secondo me l’incentivo non serve allo scopo. Se non in minima parte. Una parte marginale e ininfluente. Nella sua parte sostanziale, resta un gentile regalo. Punto. Senza effetti decisivi sulla cosiddetta mobilità.
Non posso credere, davvero non ce la faccio, che un italiano qualunque decida di andare in bicicletta solo perché lo Stato gli mette in tasca uno sconto sull’acquisto dell’attrezzo. Io vado in bicicletta da sempre, per sport e anche per i brevi spostamenti cittadini, ho la versione da corsa e la versione da città, lo sconto l’ho chiesto direttamente ai venditori in forma diretta e privata, ma di sicuro non è mai stato quello il fattore decisivo. Dice: ma tu sei ricco. Sbagliato: non sono ricco. Non mi lamento, ho tutto quello che mi serve, ma non sono ricco. Se compro una bici al carbonio da quattromila euro, una volta ogni dieci anni, con il contributo non dello Stato, ma della mia famiglia, che me ne regala un pezzo, resta comunque un avvenimento epocale, per me. Eppure, non mi è mai passata per il cervello l’idea di non andare in bici perché non c’era l'incentivo del governo. Così come non ho certo bisogno di un incentivo per andarci. E i ciclisti che conosco, sportivi o urbani, sono fatti tutti della stessa pasta. Hanno una vocazione vera, antica.
Dice: ma chi non ha possibilità economica si ritrova una grande occasione per cominciare. Non ci credo. Neanche sotto tortura. Come le statistiche possono dimostrare, una bella fettona degli acquisti con incentivo riguarda bici elettriche, cioè prodotti comunque costosi, non certo la bici del principiante, primo prezzo, magari dell’ipermercato. Non è una questione di ricchi e di poveri. Per fortuna, la bici si è sempre distinta per la sua accessibilità. Anche il più povero e il più disperato, volendo, può andare in bici: qualsiasi negoziante è in grado di sistemare una buona bici di seconda o terza mano con cento euro. Anche meno. Senza arrivare alla storia di Carapaz, che ha cominciato con un rottame preso dal padre in una discarica, possiamo davvero dire che la bicicletta resta uno dei pochi gioielli alla portata di tutti. Chi vuole andarci, ci va. E non ha bisogno del regalo statale, per deciderlo. Quando mai.
Non voglio poi sprecare più di una riga per il monopattino. Di suo è un terribile strumento di morte, o quanto meno di fratture multiple, soprattutto se messo in mano a certa gente. Il governo, in questo caso, ha incentivato il pericolo su strade e marciapiedi, questo il risultato vero. E comunque: non mi vengano a raccontare che l’incentivo al monopattino risponde alla filosofia di aiutare i poveracci nel momento del bisogno. Non voglio offendere la mia intelligenza, quel poco o tanto in dotazione, dunque continuo a pensare che quei soldi sarebbero risultati più utili sotto forma di aiuti ai pensionati e ai cassintegrati, sotto forma di buoni spesa o buoni medicinali, altro che monopattini.
L’ho detto all’inizio: comunque è una causa persa. Che mi farà guadagnare un bel sacco di insulti. Non c’è come mettersi di traverso alla demagogia populista, in Italia, per finire in croce. Però la questione resta: là fuori c’è un sacco di gente, per niente povera, che si è fatta la bici elettrica e il monopattino con parecchi soldi della collettività. Soldi preziosi per altri scopi. E non sono sicuro, proprio per niente, che nei prossimi anni questa gente sarà ancora in giro con la bici e il monopattino: questi convertiti dell’ultima ora, su incentivo statale, si stancano in fretta. Fino alla prossima moda, o al prossimo regalo del governo.