Editoriale
Broccardo, il precettore.Sandro Callari, alla vigilia, non si era lasciato andare al benché minimo proclama. Silvio Martinello ripescato in extremis, Roberto Chiappa piuttosto acciaccato, un quartetto tutto da verificare. Chi aveva dato speranze e qualcosa di più era Dario Broccardo e con lui Antonella Bellutti. Leggendo i giornali non si erano colti motivi di preoccupazione. Solo dopo la deludente prova nell’inseguimento della campionessa di Atlanta si è venuti a conoscenza che le condizioni fisiche della bolzanina non erano quelle ideali. Noi ad Antonella crediamo e le concediamo tutte le attenuanti del caso, ma Broccardo non dovrebbe forse avere il dovere - se non il buon gusto - di parlare prima? Invece di esibirsi nelle sue ormai celebri litanie che tendono sempre a sollevarlo da qualsiasi responsabilità (la colpa è sempre e solo della Federazione, mancano gli impianti, le società non aiutano, la malasorte ci mette sempre lo zampino... ), perché non prova una buona volta a trovare qualche alternativa? Quando si degnerà di costruire attorno alla Bellutti una scuola? A proposito: non ce ne voglia la brava Giovanna Troldi - che a Bordeaux si è migliorata: lo scorso anno ultima, quest’anno penultima... - ma è proprio necessario continuare a portarla in giro per il mondo senza che vi sia un minimo accenno di miglioramento? Non è forse il caso di evitare che la nazionale diventi semplicemente un’agenzia di viaggio? La Francia, la tanto decantata Francia dei 10 miliardi di investimento per la pista, non ha esitato a saltare la prova dell’inseguimento femminile: nessuna aveva i tempi per ben figurare? meglio lasciar perdere...
Intanto, Broccardo lamenta la scarsa sensibilità da parte delle società di club e il difficile reclutamento di ragazze, quando a noi risulta invece che un’atleta come Nada Cristofoli - che a Bogotà nella corsa a punti ci regalò una medaglia d’argento - nel giro azzurro tornerebbe di corsa. Discorso che vale anche per Sara Felloni, Gabriella Pregnolato, Alessandra D’Ettorre e via elencando. Broccardo ha una strana concezione della squadra azzurra: per lui è un clubbino per poche intime. C’è la Bellutti, c’è la Troldi: più che un selezionatore tecnico sembra un precettore.

EMarcoVilla? C’è chi alle alternative neanche ci pensa (Broccardo), e chi le propone con successo (Callari). La nuova coppia Martinello-Collinelli, medaglia d’argento dell’americana è stato uno di quegli «esperimenti» di Callari che hanno dato i frutti sperati. Se teniamo conto del Martinello «convalescente» e del Collinelli «apprendista» i due campioni olimpici di Atlanta non se la sono cavata poi male. La medaglia d’argento ai mondiali di Bordeaux non ha cambiato di una virgola il potere contrattuale di Martinello, ma ha mutato di molto quello di Collinelli. Adesso il romagnolo è entrato a far parte di diritto del circuito delle Sei Giorni e da queste potrà trarne benefici tecnici ed economici non indifferenti. Ma di Marco Villa che ce ne facciamo? È possibile accantonare in questo modo un ragazzo che in questi anni ha regalato all’Italia due maglie iridate e una medaglia di bronzo? «È una scelta tecnica - ha spiegato il ct Callari -. All’Olimpiade dovrò portare pochi atleti e non posso permettermi di portarne uno solo per l’americana. Ecco perché abbiamo deciso di provare Collinelli». Non ce ne voglia Callari, per il quale nutriamo grande considerazione e stima, ma questa tesi non ci convince molto. Pensiamo piuttosto che (giustamente!) Andrea Collinelli dovesse avere una chance importante per entrare nel circuito invernale delle Sei Giorni (ghiotta fonte di guadagno), perché altrimenti si sarebbe corso il pericolo di perdere un atleta che il mondo ci invidia ma che non ha sinora avuto la soddisfazione di passare al professionismo. Adesso il suo futuro si presenta certamente più roseo e anche un po’ più azzurro, ma Marco Villa che fine farà? Ivano Fanini qualche settimana fa raccontò ad un noto settimanale nazionale che Giancarlo Ceruti (all’epoca non ancora presidente, ndr), gli raccomandò il piccolo atleta di Montodine (Cremona). Oggi ci è dato sapere che Ceruti quella spintarella gliela diede davvero, perché Villa era un ragazzo bravo e meritevole, ma oggi che Ceruti è a capo della Federciclismo non incide minimamente sulla gestione tecnica delle nazionali. Ma sappiamo anche che Villa, come è suo costume, non ha proferito verbo accettando molto civilmente il ruolo di riserva. Perché peroriamo la sua causa? Perché lui non lo farebbe mai: non è forse questo un buon motivo?

Chi è senza peccato... Gabriele Gentile ha corso i 200 metri in 10”963 e si è classificato 24° su 24 partecipanti. Due le considerazioni in difesa di Gentile. La prima: quando si gareggia un ultimo ci deve essere, sempre. La seconda: correre contro certi uomini-gomma dai muscoli pneumatici non è cosa facile, ma a maggior ragione, se si ha la chiara sensazione che le regole del gioco non siano uguali per tutti è meglio girare alla larga. Non ci si può permettere di accettare la competizione e poi, a sconfitta acquisita, insinuare che gli altri si pompino i muscoli. Chi è senza peccato, scagli la prima siringa.

Santi con la valigia. Il presidente Federale Gian Carlo Ceruti non ha avuto dubbi a inserirlo - come consulente - nel nuovo organigramma Federale. Una scelta azzeccata, giusta, che fa onore sia al presidente della Federazione che a Claudio Santi, questo instancabile e ostinato lavoratore della bicicletta, che ha come ruolo primario quello di riorganizzare l’attività su pista e cercare di ridare vigore al ciclismo del sud. Eppure, nonostante i risultati confortanti (c’è ancora molto da lavorare ma la strada maestra è stata tracciata) c’è chi vorrebbe vedere Santi fuori dai piedi. Chi lo accusa di «invadenza» territoriale, e chi di incompatibilità di ruolo. Ceruti avrà il suo bel daffare per farlo ulteriormente digerire, ma è di queste ore la disponibilità dell’ex professionista di Castel’Arcquato a togliere il disturbo. Santi ci sta pensando, Ceruti spera di non doverci rinunciare, ma c’è anche chi è pronto a brindare.
Per la serie: continuiamo a farci del male.

Pier Augusto Stagi
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