Editoriale
IL GRANDE FRATELLO. «Non vogliamo scoprire i motorini, vogliamo dimostrare che non ci sono». Sembra una provocazione, un sofisma linguistico adottato da David Lappartient per giustificare o motivare la battaglia finale al doping elettronico/meccanico. In campagna elettorale, per il numero uno del ciclismo mondiale, è stato un cavallo di battaglia, perché «gli spettatori non devono più interrogarsi se credere o no ai risultati». Il risultato, però, al momento, è quello di alimentare il dubbio, altro che storie. Il pericolo dei motorini c’è, e Lappartient ha messo in campo una squadra di assoluto livello, fatta di uomini di esperienza, eccellenza e conoscenza. Sul tavolo un milione di euro. Un milione di euro per sollecitare l’attenzione del movimento, per dire chiaro e forte: ragazzi, fin qui si è scherzato, d’ora in avanti non si gioca più.
Per questa battaglia cruciale e speriamo finale, Lappartient si gioca la faccia e le carte del fisico nucleare Gabriele Fioni, direttore aggiunto del Cea (commissariato all’energia atomica e alle energie alternative): è bolognese, ha il doppio passaporto (italiano-francese); di Jean Christophe Peraud, secondo al Tour 2014 vinto da Nibali e ingegnere nucleare, consulente-chiave della federazione internazionale in materia; di Bob Stapleton, presidente della commissione materiali e lotta contro la frode tecnologica. Tre figure di altissimo livello, che conoscono la materia e i materiali. Peraud conosce anche i suoi polli, cioè i suoi vecchi compagni di viaggio: i corridori. C’è tutto per poter far bene, per debellare il problema prima che qualche idiota venga trovato in sella ad una moto, anziché ad una bicicletta. Per questo Lappartient si è messo in moto: per abbattere i motorini.
Diciotto Paesi coperti in tutti i continenti; 150 giorni e più del 50% delle gare di World Tour “coperte”; controlli a tutti i livelli. E poi un sostanzioso giro di vite sulle sanzioni (articolo 12.1.013 bis), fin troppo chiaro: minimo 6 mesi di squalifica e multa da 20.000 a 200.000 franchi svizzeri per l’atleta (da 17mila a 170mila euro); per il team o altri che siano vicini a chi ha barato, minimo 6 mesi di stop e da 100mila a un milione di franchi svizzeri da pagare (da 85mila a 850mila euro); minimo 6 mesi di stop e multa da 5mila a 200mila franchi svizzeri (da 4.200 a 170mila euro) per chiunque collabori a questa truffa. Non si rinuncerà del tutto ai tablet, ma si rafforzerà il ruolo delle telecamere termiche. Ma la vera novità è che si punterà forte sui controlli ai raggi X. Senza dimenticare il ruolo del commissario video-aggiunto (ha debuttato alla Sanremo), che potrà/dovrà segnalare attività sospette e attivare controlli.
Poi c’è anche qualcosa che ci proietterà nel futuro, riportandoci al passato. Nel servizio più che dettagliato ed esaustivo di Ciro Scognamiglio, inviato dalla Gazzetta a Ginevra il 21 marzo scorso, si fa cenno alla magnetometria. Un ‘tracker’, un segnalatore-localizzatore elettronico posto sulle bici (non più grande di un pacchetto di sigarette: potrebbe essere piazzato sotto la sella), che potrà identificare campi magnetici sospetti e segnalarli in tempo reale al commissario Uci. Insomma, una sorta di punzonatura elettronica. Un tempo si punzonavano il telaio e le ruote affinché l’atleta non cambiasse il mezzo. Con questo “tracker”, che è anche una sorta di braccialetto elettronico, potrai andare in fuga, fuggire alla marcatura stretta del gruppo, ma non all’occhio attento e vigile del Grande Fratello, che ha deciso di seguire il ciclismo e i ciclisti in sella alle loro biciclette.

ARRÊTEZ FROOME. Il Giro ha deciso: Froome sarà regolarmente al via della corsa rosa. Sempre che il britannico non venga fermato prima dalla giustizia sportiva. Mauro Vegni e Paolo Bellino hanno scelto la via del garantismo. Il keniota bianco può correre e correrà: è il regolamento a permetterlo. Se poi vincerà, anche in questo caso no problem: si terrà la corsa, perché qualora fosse squalificato, lo stop decorrerebbe dal momento in cui sarà comminata la pena.
In Francia, però, non la pensano così. E come sono soliti fare i nostri cugini, sono pronti a dimostrare la loro forza. Gli uffici legali del team Sky sono attrezzatissimi? Quelli transalpini sperano di non essere da meno. Il Tour sembra determinato ad avvalersi della facoltà di non ammettere al via il quattro volte trionfatore della Grande Boucle per motivi etici se prima del via del 7 luglio il caso salbutamolo non sarà risolto. È da un po’ che circola con insistenza questa notizia, ora portata allo scoperto dall’agenzia giornalistica britannica Press Association Sport. L’ufficio legale del Tour è al lavoro per studiare attentamente la questione. Loro saranno anche animati da grandeur, ma vogliono semplicemente dimostrare di essere più grandi e più forti di tutto e di tutti. E se mai riuscissero in questa impresa - perché d’impresa si tratterebbe - in un sol colpo potrebbero delegittimare tutto il sistema sportivo. Non solo l’Uci, ma anche la Wada e il Cio. E poi vai a dire che il ciclismo non deve essere tourcentrico. Arrêtez Froome: e chi lo ferma più il Tour?

Pier Augusto Stagi
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