Editoriale
CON CALMA, non c’è fretta nel ciclismo. O meglio, vanno di fretta quando torna comodo a loro, a quelli dell’Uci.  Vi ricordate Strasburgo? Era il 2006, sembra già trascorsa un’era geologica, invece è l’altro ieri. Le prime avvisaglie si hanno al Giro d’Italia, quello vinto da Ivan Basso, poi lo scandalo «Operacion Puerto» deflagra 48 ore prima del via della Grande Boucle. Uci e Aso fanno pressione sulle squadre: via i mercanti dal tempio. Ullrich, Basso e compagnia fanno le valige verso l’inferno. In quel momento storico non ci sono né prove né tantomeno sentenze: solo gravi sospetti. Ma l’organizzazione mondiale della bicicletta è inflessibile, così come l’organizzazione del Tour: le squadre sono costrette a rimandare a casa i corridori sui quali pesa il sospetto.
Tra pochi giorni si tornerà a pedalare, dopo la parentesi post Giro. Dopo un Giro duro durissimo, bello bellissimo. Doloroso e anche tragico, si torna a parlare di grande ciclismo, con il Tour de France e con quell’Alberto Contador che noi per primi abbiamo applaudito sulle strade del Giro e sul quale però aleggia ancora il sospetto di una positività accertata in due occasioni (clembuterolo) al Tour 2010 e sulla quale si è pronunciata per l’assoluzione la federazione spagnola mentre si è sono appellati al Tas sia l’organizzazione mondiale della bicicletta (Uci) che quella dell’antidoping (Wada).
Si chiede chiarezza ma si fa poco per varare regole e procedure che semplifichino questo stato di cose. Soprattutto è chiaro che non tutti sono giudicati allo stesso modo. Non tutti sono uguali. E ci vuole calma, pazienza, perché la giustizia non è di questo mondo: in particolare del mondo del ciclismo.

CON CALMA, non c’è fretta. Proprio durante il Giro d’Italia l’Uci ha reso noto che ha intenzione di introdurre una norma per impedire ai ciclisti che hanno avuto in passato problemi con il doping di ricoprire ruoli dirigenziali nel ciclismo. A dirlo con lucida fermezza e soprattutto con un’acuta rivoluzione culturale è il numero uno del ciclismo mondiale, Pat Mc Quaid, in una intervista concessa alla Bbc. E dire che siamo solo all’abc: del buon senso.

CON CALMA, non c’è fretta. Tyler Hamilton, il ciclista americano che ha confessato di essersi dopato ed ha accusato il compagno di squadra Lance Armstrong di aver fatto lo stesso, ha deciso con tutta calma di restituire la medaglia d’oro della cronometro da lui vinta alle Olimpiadi di Atene 2004. A rendere nota questa sconvolgente presa di coscienza è stata l’Agenzia antidoping statunitense (Usada).
«Con­fermo che Tyler Hamilton ha dato la sua medaglia d’oro dei Giochi di Atene all’Usada e che continuerà, se necessario, a lavorare con il Cio (Comitato olimpico internazionale) e con l’Usoc (Comitato olimpico statunitense) nel quadro degli ultimi sviluppi della nostra inchiesta», commenta in una nota il presidente dell’Usada, Travis Tygart. E in questa nota si legge anche che: «la decisione di Hamilton dovrebbe indurre il Cio a ridefinire il podio della cronometro del 2004». Dovrebbe indurre… Con calma, con fermezza, con assoluta tranquillità: tanto non c’è fretta.

CON CALMA, non c’è fretta, ma intanto il Giro d’Italia è finito e Gianni Petrucci, il presidente del Coni, il numero uno dello sport italiano si è fatto notare per la sua assenza. O perlomeno, abbiamo notato la sua non presenza. Non si è visto a Torino, non si è visto a Milano per il gran finale sotto il Duomo. Lo sappiamo, non è un mistero, soprattutto è Petrucci che non ne ha fatto mistero: il ciclismo in questo momento gli sta profondamente sui cosiddetti per mille è più ragioni che il nostro presidente federale Renato Di Rocco conosce bene e dovrebbe tener conto, per riportare il nostro ciclismo nelle grazie del numero uno dello sport italiano. Chi conosce bene Petrucci sa anche che da tempo - soprattutto dopo il fattaccio della medaglia olimpica revocata per la positività di Davide Rebellin a Pechino - va in giro dicendo che il ciclismo è uno sport sciagurato perché bisogna aspettare per lo meno otto anni prima di festeggiare un successo: giusto il tempo perché il presunto reato cada in prescrizione. È triste, ma non gli si può dare torto.

Pier Augusto Stagi
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