di Pier Augusto Stagi
NEMMENO NOI ITALIANI. Il Tour è passato. Filato via, come solo sa fare il ciclismo con i suoi officianti: un soffio lieve che smuove i capelli e riempie il cuore. L’attesa che si fa subito ricordo. Tre giorni e mezzo di grande ciclismo, con Christian Prudhomme che in questo 2024 si è goduto l’Italia come nemmeno noi italiani.
Già il 2 gennaio, alla faccia delle vacanze natalizie, era qui da noi a Castellania per onorare il Campionissimo, il nostro Fausto Coppi, che nemmeno noi italiani. Poi alla Madonna del Ghisallo per onorare il ciclismo tutto, nel museo voluto da Fiorenzo Magni e nel quale c’è un condensato di storia universale di ciclismo e che Prudhomme ha visitato che nemmeno noi italiani. Qualche giorno fa è andato anche a casa di Ottavio Bottecchia, a San Martino di Colle Umberto dove Tiziana Gottardi ha dato vita al primo museo sul primo campione italiano capace di trionfare sulle strade di Francia non una volta ma bensì due e per giunta consecutive: nessuno come lui. Il numero uno dell’Aso, l’ente che organizza la corsa a tappe più importante del pianeta, ha voluto rendere omaggio ad un campione e ad una terra che non era possibile raggiungere e attraversare in questa tre giorni. Un atto di attenzione e di sensibilità che nemmeno noi italiani. È stato anche in visita privata in Vaticano, dal Santo Padre. A Papa Francesco ha portato la maglia gialla del Tour, simbolo della corsa più importante del pianeta.
Era anche a Sesto Fiorentino, per i campionanti italiani su strada firmati da uno strepitoso Alberto Bettiol, il quale non si è limitato a vincere ma ha onorato davvero Alfredo Martini (in verità anche il suo, il mio, il nostro Mauro Battaglini), sfregiato da un’organizzazione disastrosa sotto tutti i punti di vista e che mi ha fatto vergognare di essere italiano al cospetto di un ospite illustre come Christian Prudhomme. Il numero uno di Aso non ha fatto un plissé, ha abbozzato e mostrato il sorriso, che nemmeno noi italiani.
I NOSTRI E I LORO METODI. Cosa ci ha insegnato il Tour de France in Italia? Che se il Giro fosse organizzato in Francia sarebbe tutto più facile. I nostri cugini hanno capito alla perfezione cosa intendiamo per “burocrazia”. Da loro il Tour dice cosa deve essere fatto e viene fatto in modo che si faccia. C’è un Paese che lavora per semplificare il lavoro di chi porta nel mondo la corsa più importante di tutte. In Italia, Rcs Sport chiede se può essere fatto e perde risorse e tempo in attesa che le risposte arrivino dopo pazienti interlocuzioni e mille mediazioni. I nostri cugini pensavano di venire da noi e portare il loro modo di fare, ma si sono trovati davanti alla nostra burocrazia, che è stata dipanata proprio grazie al prezioso e risolutivo lavoro degli amici di Rcs Sport. Non è facile fare le cose da noi, l’hanno capito anche loro, i nostri beneamati cugini francesi. Pensavano di usare i loro metodi, si sono dovuti adeguare ai nostri.
ASSENTI. E ora toccherà alle ragazze, alle donne, all’altra parte della mela e del mondo e della bicicletta. Tocca a loro con il Giro e il Tour, ma quello che a noi interessa è proprio il Giro donne, il primo dell’era Rcs Sport Gazzetta.
Speriamo che l’Italia risponda positivamente, che scenda per le strade, che vada nelle piazze di partenza, nel villaggio che noi rendiamo esclusivi, inaccessibili e invalicabili, chissà poi perché. Al Tour i giornalisti di mezzo mondo vagano per il villaggio in cerca di notizie, personaggi di ogni genere, al Giro no, solo al foglio firma o ai bus. Sponsor che ti invitano a prendere un caffè e noi che dobbiamo declinare l’invito: grazie, non possiamo entrare. Ma questo è un altro discorso, anche se poi è lo stesso.
Al Giro Under 23 questa ideona di rendere il villaggio accoglienza inaccogliente è stata riproposta con il risultato che il villaggio stesso era vuoto, come per altro le strade. Speriamo che al Giro donne ci sia almeno un buttadentro, altrimenti sai che spettacolo, sai che bella promozione del ciclismo italiano nel mondo. Anche perché nel mondo il ciclismo femminile è piuttosto seguito, ma è anche vero che noi siamo molto più avanti e certe cose sappiamo che non hanno futuro e neanche presente. Per questo siamo assenti.