LA PECORA NERA BOARO
di Cristiano Gatti
Ma allora è possibile. Ma allora esiste. Allora la pecora nera, felice di se stesso e del proprio lavoro, è presente in mezzo a noi, in carne e ossa. Sono qui a smascherarlo sulla pubblica piazza, anche se l’ha fatto già lui con temerario coming-out, ma io non voglio lasciarlo cadere nel vuoto e perciò lo rilancio al massimo. Parlo di Boaro, da poco ex corridore, dopo essere stato buon corridore per tanti anni. Ora, un mito.
Quando ha annunciato il suo ritiro, non certo il primo e l’unico di questi tempi, credevo di avere le visioni. Faccio copia e incolla da tuttobiciweb, non cambio una virgola del suo saluto, potrei solo rovinarlo: “Oggi corro la mia ultima gara da professionista e un po’ di nostalgia c'è già… Mi mancherà il tifo della gente a bordo strada, mi mancherà stare in gruppo, tirare, coprire il capitano... Mi mancherà tutto questo, ma so di essere stato fortunato ad aver fatto il lavoro più bello del mondo… Sulla bici ho imparato ad affrontare la vita, mi ha insegnato cos’è la fatica, che ci sono spesso salite dure, ma che con determinazione si riescono ad affrontare…
La bicicletta mi ha insegnato a vivere, mi ha dato la possibilità di vedere il mondo, di scoprire posti lontani e di imparare che lo spirito di squadra è fondamentale per arrivare agli obiettivi… Lascio con grande serenità, consapevole di aver dato il massimo per tutte le squadre per cui ho lavorato… Ora guardo con ottimismo al futuro, certo che la vita mi riserverà ancora tante soddisfazioni…
Grazie a tutti voi che mi avete sempre seguito anche quando le cose non andavano bene e il Grazie più grande lo devo alla mia Famiglia che mi è sempre stata accanto… A presto”.
Spero si comprenda il mio stupore. Sono abituato agli addii rancorosi e piagnoni, nel ciclismo. Ma anche uscendo dall’orticello, siamo tutti circondati da gente malmostosa, insoddisfatta, incarognita, pronta a spendersi solo per calcolare quanto manca alla pensione, o a informarsi su come scappare in Portogallo o a Formentera, una rabbia e un malcontento da deprimere fino alla mestizia. In questa cornice epocale, ecco spuntare Boaro. Il ciclismo? Il mestiere più bello del mondo. La fatica? Maestra di vita. Gli altri? Tutti da ringraziare. La nostalgia? Bellissima. E tutto il resto, i famosi stress, i sacrifici, le pressioni? Una fortuna. Dice così, “sono stato fortunato”.
Ma che sollievo, ma che piacere. Mi viene da mandare un bacio in fronte a Boaro e alla sua lieve felicità. Tengo a precisare: non sto parlando di un caro amico per fargli fare bella figura - ormai in Italia funziona così, si parla solo bene degli amici e solo male dei nemici, a prescindere di quello che fanno -, Boaro non è un mio amico, al massimo ci sarà scappato qualche ciao-ciao in giro per le corse, magari gli sto pesantemente sull’anima. Ma non è questo il punto. Il punto è che tra tanti giovani insoddisfatti e infelici a prescindere, Boaro non si tira indietro e santifica la sua vita nel ciclismo. E che diamine, è una boccata d’aria fresca, vogliamo dirlo o no? Incenso Boaro perché è una magnifica pecora nera, che non esita a uscire dal branco sempre proteso a testa bassa dietro ai lamentosi e ai disfattisti. Il ciclismo - lo sappiamo tutti - è pieno di problemi enormi, il ciclismo italiano è in agonia, ma a dio piacendo Boaro testimonia di averlo comunque vissuto nel modo più romantico. Non è poco. L’augurio più caloroso e più sincero che io faccio sempre alle persone più care, soprattutto ai giovani, è di avere una sola fortuna: oltre alla salute, certo, riuscire a fare della propria passione il proprio lavoro. Significa non lavorare un solo giorno, mai, significa alzarsi tutte le mattine felici di esistere. Purtroppo non succede a tutti, non succede sempre (a me è successo, è non smetto mai di ringraziare il Cielo): purtroppo troppi sono costretti ogni giorno a sforzarsi di compiere azioni e svolgere mansioni di cui non importa niente, una galera senza uscita fino alla pensione. La cosa più triste è che tanti ciclisti, troppi giovani, ormai fanno il mestiere e vanno alle corse con lo stesso stato d’animo. E quando li senti, è tutta una gnagnera, quanta fatica, quante privazioni, quante ingiustizie, questo ciclismo è proprio una tortura...
Dedico a loro il poetico addio al ciclimo pedalato di Boaro. Per rendere l’idea. E ovviamente allargo la rosa dei pallini verso i Fagioli e i Tonali, che dalla vita hanno avuto tutto, già a vent’anni, soprattutto l’impagabile fortuna di fare della loro passione il loro mestiere. Eppure....