Staune-Mittet: «Dopo il Giro Next Gen, voglio l'Avenir»

di Carlo Malvestio

Se nasci a Lillehammer, in Norvegia, è quasi impossibile che in garage tu non abbia un paio di sci e una bicicletta. Johannes Stau­ne-Mittet, classe 2002, non fa eccezione: d’estate in sella, d’inverno sulla neve. Scegliere tra uno e l’altro non è fattibile, così Johannes non ha proprio scelto e ha portato avanti en­trambi gli sport fino a un paio di anni fa. Il ragazzo ha evidentemente un ta­lento innato, perché era nel giro della Nazionale in entrambe le discipline, a stagioni alterne, poi una volta entrato nel mondo Jumbo Visma l’impegno ciclistico è diventato troppo intenso e ha preferito puntare tutto sulla bicicletta. La scelta sta pagando, perché il giovane norvegese ha appena vinto il Giro Next Gen e sembra lanciato verso un fu­turo luminoso.
Johannes, neanche un mese dopo Roglic, ecco un altro corridore Jumbo Visma in maglia rosa.
«Vedere Primož vincere a Roma è sta­to emozionante anche per me, ma questa è un’altra corsa. Eravamo venuti qui per vincere, non lo nascondiamo, e torniamo a casa con tre maglie e la vittoria nella classifica a squadre. Spe­ro davvero che i miei compagni si possano godere questa vittoria quanto lo sto facendo io, perché se la meritano tutta. Nella mia carriera, finora, non ho vinto tantissimo, è un po’ una nuova sensazione. Ho un gran motore, ma non so­no veloce. Da questo punto di vista devo ringraziare i miei direttori sportivi e il mio allenatore che hanno sempre saputo indirizzarmi. Ho ricevuto un sacco di messaggi anche da gente che non conosco, fa davvero piacere. Spero di vincere ancora qualcosa quest’anno e poi soprattutto nei prossimi anni».
Quali sono stati i momenti di chiave per vincere il Giro Next Gen?
«Sullo Stelvio ho capito che potevo mettere tutti in difficoltà e vincere mi ha dato grande fiducia in vista delle tappe successive. E visto che questo sport si fa molto con la mente, sì, è stato senz’altro un momento chiave. Vin­cere su una cima mitica come quella, poi, è qualcosa che ricorderò per sempre. Ma la giornata decisiva, lo sa­pevamo, era quella del Cansiglio. Quel giorno volevamo lasciare andare la fu­ga e poi controllare, anche se poi, alla fine, è stato un tutti contro tutti. Ero fiducioso, perché per tutta la settimana mi sono sentito forte, e sono orgoglioso di quello che ho fatto io e che ha fatto la squadra».
Per tutta la settimana sei apparso tranquillo e in totale controllo…
«Devi convincerti ogni giorno di essere forte. Per questo, anche a voi giornalisti, ogni volta dicevo “ci vediamo do­mani”, perché sono piccoli dettagli che però ti danno fiducia in quello che stai facendo. Ed è questo che conta. A parità di gambe, se di testa non sei al massimo, non vinci. Per questo sono orgoglioso di quello che sono riuscito a fare, sono stato forte di gambe ma anche di testa».
Hai già affrontato diverse gare anche coi prof. È tanto diverso il Giro Next Gen da una corsa professionistica?
«C’è meno controllo, come si è visto nelle tappe in cui è arrivata la fuga, ma nel complesso ci sono molti più attacchi anche in fasi in cui tra i professionisti di solito si è tranquilli. Bisogna sta­re sempre svegli e avere una grande squadra al proprio fianco. Io per tutta la settimana non ho mai avuto un mo­mento di stress e questo la dice lunga sul grande lavoro che hanno fatto i miei compagni».
Dopo il secondo posto al Tour de l’Avenir dell’anno scorso, ecco la vittoria al Giro. Sta nascendo una star?
«Non lo so. Di questi tempi ci sono tanti giovani di talento. E diciamoci la verità, i migliori corridori della mia età non erano al Giro Next Gen, perché so­no già nel WorldTour. Quindi ritengo di avere ancora qualche passo avanti da fare, ma sicuramente sto lavorando bene. Il mio obiettivo è diventare la migliore versione possibile di me stesso, poi tra un paio d’anni faremo il punto di dove sono arrivato».
Ti pesa il fatto di non essere ancora professionista?
«No, non credo sia fondamentale, bisogna fare il salto quando si è pronti. Ognuno segue la strada a lui più adatta. Io sono cresciuto un pochino anno dopo anno, senza però avere un grande exploit».
Dicci la verità, meglio le montagne norvegesi o quelle italiane?
«Le montagne italiane sono molto più belle, ma credo dipenda anche da dove e come sei cresciuto. Dopo una vita a vedere le stesse montagne, non hai più un elemento di novità. Eppure chi vie­ne in Norvegia rimane sempre affascinato dalla nostra natura, quindi è tutta una questione di abitudine. Se dovessi trasferirmi da qualche altra parte in Eu­ropa, poi tornando in Nor­vegia sa­prei magari apprezzare di più le nostre montagne».
Questo non ti ha impedito di diventare un ottimo scalatore…
«Puoi diventare un buon scalatore vi­vendo ovunque, persino in Dani­mar­ca, che di certo non ha tante salite, eppure l’ultimo vincitore del Tour de France viene da lì».
Dal prossimo anno sarai ufficialmente professionista coi calabroni.
«Non vedo l’ora. L’esperienza con gli U23 è stata fantastica ma anche molto utile e ora so che mi aspettano dei nuovi passaggi di crescita, ho ancora tanto da imparare e non vedo l’ora di farlo con i “big boys” della Jumbo-Visma. Spero di avere tanti anni di carriera davanti a me e questa vittoria al Giro Next Gen non fa altro che au­men­tare il mio entusiasmo e la mia già grande passione».
Prossimi impegni?
«Dopo i campionati norvegesi, ho chiuso al diciassettesimo posto la gara Élite, mi so­no preso un piccolo periodo di pausa, perché la prima parte di stagione è stata lunga e il Giro era il grande obiettivo. Dopodiché farò un nuovo periodo in altura per poi puntare tutto sul Tour de l’Avenir».
L’ultimo a riuscire nella doppietta Giro-Avenir è stato Baronchelli nel 1973, 50 anni fa. Credi di potercela fare?
«Posso farcela, sì! Bisogna rimanere umili ma anche sicuri dei propri mezzi, perché questi ti possono portare lontano. Se arrivo in forma, posso vincere».
Un giudizio generale sul Giro Next Gen.
«Una corsa molto ben organizzata, dal punto di vista tecnico e della sicurezza. Sono stato accolto benissimo, mi han­no trattato tutti bene, dal podio alle interviste e all’antidoping. È stata una grande esperienza, che sono sicuro ri­corderò per sempre. Il prossimo anno quasi sicuramente non ci sarò, ma la Jumbo-Visma verrà con altri ra­gazzi di grande talento».
Ti aspettiamo al Giro dei grandi allora.
«Ho già chiesto alla squadra di andarci…».
UN GIRO NEXT GEN DA RICORDARE
È stato tutto tranne che monotono il primo Giro Next Gen targato RCS Sport. Lo si è capito fin dalla prima tappa, la cronometro di Agliè, dominata dall’astro nascente delle prove contro il tempo Alec Segaert (Lotto Dstny), che ha poi chiuso 11° in classifica generale. A Cherasco è toccato ad un altro belga, Gil Gelders, che come nel 2022 curiosamente si è portato a casa una tappa con arrivo nella provincia di Cuneo, solo che stavolta era in maglia Soudal-Quick-Step. La prima volata è arrivata a Magenta e ad imporsi è stato l’americano Luke Lamperti (Trinity), due volte campione nazionale nei criterium e quest’anno definitivamente esploso anche su strada,  con 8 vittorie all’attivo e diversi team World­Tour sulle sue tracce. Lo Stelvio ha provveduto a disegnare quasi definitivamente la classifica generale, con la vittoria di Staune-Mittet sul giovanissimo francese Alexy Faure Prost (Cir­cus-ReUz-Technord), classe 2004. A Manerba sul Garda è arrivata la fuga, con il britannico Lukas Nerurkar (Tri­ni­ty) a braccia alzate. Anche lui ha una storia interessante: è nato in Etiopia ed è figlio di Richard Nerurkar, maratoneta olimpionico e amico della leggenda del fondo Haile Gebrselassie, che ha tenuto a battesimo Lukas. Povegliano ha regalato il primo e unico successo italiano - proprio nella tragica giornata della scomparsa di Gino Mäder - con Alessandro Romele (Colpack Ballan) che ha regolato in volata Davide De Pretto (Zalf Euromobil Fior) e il compagno di squadra Sergio Meris al termine di una lunga fuga. Come fosse un segno del destino, il giorno dopo, nella tappa regina del Cansiglio, si è imposto lo svizzero, classe 2004 e già promesso sposo della UAE Team Emirates, Jan Christen, amico di Mäder, mentre Staune-Mittet ha blindato la sua Maglia Rosa. La frazione finale di Trieste ha infine incoronato il danese Anders Fol­dager della Biesse-Carrera (dal prossimo anno sarà professionista con la Jayco AlUla), al termine di un’altra fu­ga che lo ha visto avere la meglio su Lu­ca Cretti (Colpack Ballan). Sul po­dio finale Staune-Mittet è stato accompagnato da Darren Rafferty (Hagens Ber­man Axeon), secondo, e Hannes Wilksch (Tudor U23), terzo, mentre per l’Italia il miglior piazzato è stato Alessio Martinelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), sesto, con De Pretto che si è portato a casa la Maglia Ciclamino.

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