Coppi! Coppi! Clarke!
di Gian Paolo Porreca
Finisce di certo un altro Giro, con un relativo interesse per il vincitore e il podio, ma non si finirà mai di arcisicuro con Coppi, con Fausto Coppi.
Incredibile, ragazzi, o anche mica tanto ragazzi, ma da quando noi lo stiamo frequentando più assiduamente - tre o quattro lustri, un ventennio nobile, e però minuscolo di certo rispetto alla sconfinata esperienza di culto (poniamo) di Giampiero Petrucci e Carlo Delfino, Gianni Rossi ed Ezio Zanenga, o di quello che fu per Rino Negri -, da quando lo stiamo più meticolosamente ricercando, ce ne andiamo invaghendo in progressione esponenziale.
Fausto Coppi, delibato più di una volta al giorno, ben altro di un bicchiere di Biancolella e più ritualmente della Cardioaspirina che ci raccomandano cotidie le figlie, pure in quella limitata okay ma intensissima ottica nostra, zoom su Napoli, e per quella fase mica tanto breve della sua vita, coniugata appunto alla Campania.
Prima per il ritorno dalla prigionia in Africa a fine autunno ’44 e la ripresa fisica di una bicicletta, e poi per l’intreccio amoroso con una figura femminile devastante, Giulia Occhini, donna nativa dell’Irpinia, ma con un atto di nascita che ce la ascrive nostra a buon diritto di anagrafe “Napoli, 23 luglio 1922”.
Fausto Coppi, così, ha imperato da noi, con il volo di un gabbiano reale, più consono alla Costiera e al lungomare, di un airone altero, anche in questo Giro del 2023, nel suo lungo passaggio per le strade e i luoghi della regione. E difatti, da una ricchissima mostra rievocativa a Salerno, «Fausto Coppi, l’unico Campionissimo», Palazzo Genovesi, siamo arrivati a Somma Vesuviana, per l’affissione della targa a lui dedicata dal Comune, in memoria di quel falegname di Somma, Giuseppe D’Avino, che nell’inverno del ’44 gli donò la sua bici da corsa, una Legnano, per poter riprendere gli allenamenti e la confidenza con il suo perduto amore.
E ci siamo sentiti lecitamente emozionati quando nel pomeriggio di mercoledì 10 maggio, alla vigilia della tappa Napoli - Napoli, nello Stadio militare Alberico Albricci che ospita lo storico velodromo dell’Arenaccia, è stata disvelata al pubblico la stele marmorea in suo onore, voluta dal sindaco di Napoli e della Città Metropolitana Gaetano Manfredi. Già, a tenere di conto in granito, ben più di un murales afflitto dalle intemperie, Fausto Coppi e i successi consecutivi del Campania ’54 e ’55, ottenuti proprio all’Arenaccia, in un tripudio di popolo, così come era stata festa - si racconta - al suo apparire lungo tutto il percorso di quelle giornate, andava alla buon’ora illuminato per sempre. A colmare la locale ignoranza dominante pseudocolta.
Giusto, giusto. Coppi sarebbe stato pure, come la sua traiettoria dalle parti nostre, in toto risolto così. Già, un Coppi in Campania, un Coppi in Costiera, parallelo ad un Coppi in Riviera… E con l’amore in agguato, ma quanto ci manca un amore, in verde Irpinia, con Giulia bianca.
Chissà, ne faremo un libro, «Coppi in Costiera», un racconto lungo. Ma i mesi, mica solo gli anni, ci vengono meno.
E noi vogliamo però portarvi ora, prima che chiuda la pagina, all’enormità sentimentale di Coppi e a quanto la sua parabola romantica possa penetrare postumo il cuore, al Giro del 2023.
Coppi narrato per storia ed archivi è affascinante. Ma i suoi gesti e il suo vivere/aver vissuto restano il destino del batticuore, in chi crede che il ciclismo ne sia l’ultima palestra.
Al Giro del 2023, all’arrivo di Napoli, le lacrime calde dell’australiano Simon Clarke, raggiunto dal gruppo con Alessandro De Marchi a trecento metri del traguardo, ci hanno ancora infatti raccontato - credeteci - Coppi. Il suo pianto dirotto al Lombardia del 1956, quando fu superato di un nulla da André Darrigade. Chi c’era, consapevole, batta un colpo.
“Non ce la farò più“, ce la farò ancora. Fare tanto, per nulla. Diego Ronchini che non tirò allora prima del Vigorelli per Coppi, come Alessandro De Marchi non tirò oggi prima della Rotonda Diaz di via Caracciolo per Clarke. E ancora, l’analogia che insiste, non più giovani ambedue, 36-37 anni, la stessa età vietata alla speranza. C’est la vie.
Lacrime tue, lacrime mie. Simon Coppi e Fausto Clarke everywhere. Also forever. Da scriverlo ancora e meglio.