Napoli, Gomez del Moral e il Giro del ’67
di Gian Paolo Porreca
Siamo stati l’altro giorno a Capua, antica città in provincia di Caserta, Campania, una Terra di Lavoro tenacemente mai rassegnata al giogo di Napoli paraombelico del mondo.
Siamo stati a parlare di Giro d’Italia, della prossima edizione che nuovamente troverà da Capua una sede di partenza, venerdì 12 maggio, per la Capua - Block Haus, dopo aver vissuto già nel 1985 un primo esordio: ed era una cronometro allora, la storica Capua - Maddaloni vinta da Bernard Hinault - che poi avrebbe anche conquistato quel Giro, il suo terzo in carriera -, davanti a Francesco Moser e a un delfino de “La Vie Claire” ancora in divenire, lo statunitense Greg Lemond.
Si parlava lievi, con Davide Del Pozzo, presidente della Pro Loco e Andrea Rauso, factotum del Comitato organizzatore, Michele De Simone, delegato provinciale del Coni e con Silver Mele, il giornalista radiotelevisivo figlio di Gigi, il compianto professionista anni ’60 di Calvi Risorta…
Si parlava leggeri, morbide cadenze, ospiti della professoressa Maria Antonia Ciocia, direttore del Dipartimento di Economia della Università Luigi Vanvitelli, di quanto rappresenti il ciclismo come disciplina sportiva ottimale, quale vettore trainante economico e commerciale, per illuminare un territorio in qualche modo “laterale” - come la gloriosa Capua dei Romani e di Annibale - rispetto ai circuiti turistici da alta velocità.
Si parlava lievi, di partenze e arrivi del Giro. Di quale e quanta Capua. E di come e quando, e allora e ancora...
E il pensiero nostro si accendeva allora ad un tratto all’improvviso, in prima persona. A rammentare, dopo il ritmo sincrono delle verità razionalmente note, quanto invece di un infinito non monetario, di un pregio senza conio corrente - se non al mercato del disuso -, quanto di sentimentale inossidabile possa donare ad un luogo anche il semplice passaggio del Giro. Non una partenza, non un arrivo, non un quartiertappa, no: ma una emozione di transito, mai passata, in un giorno non più effimero.
E la ragion veduta, e il ragionamento alfanumerico, cedeva cosi alla emozione che provammo noi al tempo del Giro del 1967, la tappa Roma - Napoli.
E per quella maglia rosa, lo spagnolo Antonio Gomez del Moral, che a Capua proprio, nel passaggio sul Ponte del Volturno borbonico in fase di ripristino, cadde rovinosamente, con Ole Ritter ci sembra, e fu impietosamente attaccato senza requie dagli avversari. Quaranta chilometri da Capua a Napoli disputati come fosse una crono, per i levrieri belgi della “Romeo”, Franz Brands in testa, che volevano portare il loro Willy Planckaert a vincere lo sprint sull’Arenaccia, a Napoli.
Fu indimenticabile, quella struggente emozione, non da poco per noi, ce ne appropriammo, non per poco: e si soffriva a 17 anni anche così, per il ciclismo, come per una adolescente bruna. Tradiva allora pure il ciclismo leale, per la coltellata metaforica di una armata fiamminga, con quelle lacrime al traguardo dello sfortunato “hidalgo” dal nome musicale - Antonio Gomez del Moral - troppo lungo, per arrivare altre volte primo.
Il passaggio breve per Capua, quel Giro del 1967, fu una sorta di verifica amara del destino che è la vita. E la “KAS” da Velez a Martin Pinera, da Gabica a Perez Frances, schierata al fianco del loro compagno con il dorsale 53, in maglia rosa rossa di sangue, parve una rappresentazione omerica, come ad elevare un Ettore dalla landa arida della malasuerte.
«Anche il vostro Gino Bartali diceva che non fu giusto quell’attacco», raccontava nel pianto a Severo Boschi e a Bruno Raschi, Antonio Gomez del Moral, scomparso nel 2021. Per lui, da Capua, 24 maggio 1967, dettammo ai fogli di carta Extra Strong il primo racconto della nostra collezione privata, “Memoria di un Giro d’Italia”. Lo inviammo pure con la timidezza giovanile alla “KAS”, Cercas Bajas 29, Vitoria, ESPANA. Non avemmo risposta. Ma non ci tornò indietro.
E non conta infine questo. Conta il ciclismo e il suo transito, come un raggio di luna o di sole, a Capua o altrove, 1967 o 2023, senza eclissi. E non torna indietro, affisso nel cuore in alto a sinistra di un uomo, “ragazzo“ pure ora o solo allora.