Editoriale

VOLETE DAVVERO CHE VINCA REBELLIN? Buon viaggio e che vinca il migliore. Si riparte, per una nuova stagione e mai poteva essere più nuova: c’è il Pro Tour. Il nuovo calendario varato dall’Unione Ciclistica Internazionale, che segna una svolta epocale nella storia del nostro sport. È stato un parto difficile, forse per certi versi non è stato nemmeno ultimato. Quella che andrà in scena sarà una sorta di prova generale, dove un po’ tutto dovrà essere messo a punto e in attesa, si prendono appunti.
E a proposito di appunti parliamo di punti: ecco la nuova formulazione voluta dal Pro Tour. Dal primo gennaio si azzerano tutte le classifiche. Damiano Cunego non è più numero uno, ma il probabile uomo di riferimento della nuova classifica Pro Tour. Si ricomincia da zero, e da qui in avanti si ridanno i numeri.
Il sistema dei punteggi del nuovo circuito mondiale - che lascia molto perplessi - sarà battezzato con la frazione d’apertura della Parigi-Nizza (6 marzo), prima delle 27 prove (più il Mondiale) che lo compongono, spinge a “pesare” le corse. Cento punti, il massimo, a chi sfilerà in giallo sui Campi Elisi di Parigi; 75 e 60 ai suoi compagni di podio, poi a scalare fino al punticino del ventesimo classificato del Tour de France. Giro e Vuelta sono un gradino più in basso (chissà poi perché? Si vara il Pro Tour per ridurre il peso specifico della Grande Boucle e poi si finisce per premiare ancora una volta i francesi attribuendo alla loro corsa il punteggio maggiore. Mah!): 85, 65 e 50 punti la dote che portano ai primi tre. Sullo stesso piano le 5 classiche Monumento e le altre corse a tappe (dalla Parigi-Nizza di marzo al Giro di Polonia di settembre: vi sembra mai possibile? La Roubaix, il Fiandre, la Liegi, il Lombardia o la Sanremo possono valere un Giro di Polonia?): 50, 40 e 35 punti (come il Mondiale, che premia solo il podio), poi a scalare fino al decimo posto. Le corse di un giorno che restano mettono in palio dai 40 punti del primo all’1 del decimo classificato. Spiccioli ai vincitori di tappa nei tre grandi giri (3 punti) e nelle altre corse di più giorni (1 punto): sì, sarà il caso di dare una rispolverata anche al pallottoliere.
Intanto, per avere un’idea, volete sapere come sarebbe andata a finire l’anno scorso con i punteggi Pro Tour? Il titolo di re del 2004 sarebbe stato attribuito a Davide Rebellin (222 punti), davanti a Oscar Freire (196) e Paolo Bettini (194). E Cunego? Soltanto quarto, con 155 punti. Basso sarebbe stato tra quelli che avrebbero guadagnato: sesto, con 138 punti, appena dietro Lance Armstrong (149). Tra quelli che hanno davvero poco da sorridere (in verità tutti i velocisti, letteralmente penalizzati oltremisura) c’è Alessandro Petacchi, cacciatore di tappe, che dal nono posto Uci sarebbe finito addirittura venticinquesimo, con la miseria di 73 punti. È solo un gioco, un divertissement di inizio anno, ma è giusto che si sappia. Soprattutto è giusto che lo sappiano Freire, Bettini, Cunego, Basso, i veri protagonisti di stagione. Vogliono proprio che a vincere la prima classifica ProTour sia Rebellin?

USCIAMO DAI PALAZZI DI GIUSTIZIA. Hanno finito di elaborare il codice etico del Pro Tour, finalmente. L’hanno stilato, ma non è ancora regolamento. Dovrà essere approvato prima dal CCP e poi il prossimo mese recepito dal Congresso dell’Uci. Ma dopo tanto pensare e penare alla prima occasione - caso Giuliano Figueras - la Lampre-Caffita ha chiesto il parere agli avvocati dell’Uci. Cosa potranno mai dire? Nulla, visto che nella sostanza è ancora una bozza, un documento stilato tra gentiluomini, neanche tutti coinvolti (i corridori non hanno partecipato minimamente alla stesura del progetto). Perché non è chiaro. Perché lascia margine a libere interpretazioni. In pratica Giuliano, come del resto Frigo o Rebellin, non dovrebbero avere problemi. Il codice parla di gennaio 2005, quindi tutto ciò che è accaduto prima non dovrebbe essere preso in considerazione adesso. E allora dov’è il problema? In un altro punto del codice etico si legge che una squadra non può tesserare per 4 anni chi sia stato dichiarato colpevole di una violazione alla legge antidoping Uci. E il napoletano, che ha già pagato con una sospensione sportiva (sei mesi, dall’8 maggio 2002 all’8 febbraio 2003) se dovesse essere dichiarato colpevole anche in una eventuale sentenza penale a Sanremo cosa gli succederebbe? Può un atleta scontare due pene per lo stesso reato? La logica direbbe di no, il codice, al momento, non lo chiarisce. Una cosa è certa, vediamo di porre rimedio, siamo ancora in tempo. Il ciclismo sta cercando faticosamente di uscire dai laboratori di ricerca e non è il caso che resti nelle aule dei tribunali in seduta permanente.

TONI PACATI. Siamo in piena campagna elettorale e sarà un lungo ed estenuante braccio di ferro, visto che le elezioni sono state fissate per il 12 e il 13 marzo, a Bellaria. Tre i candidati: Simone Molinaroli, Renato Di Rocco e Marco Toni, in rigoroso ordine di entrata in scena. L’ultimo a presentare la propria candidatura è stato il primo a presentarsi. Uomo di sport, uomo di grande personalità, grande dialettica e toni pacati. Manager d’azienda, con competenze nel marketing e nella comunicazione, dirigente sportivo da anni, oggi è sindaco al secondo mandato nel comune di San Giuliano Milanese. Parla di Federazione in crisi di identità, d’immagine, di una struttura da ricompattare, rinvigorire e da rendere più democratica e pluralista: “La Federazione di tutti, anche di chi non la pensa come noi”. È musica per le nostre orecchie, è musica per quanti hanno a cuore le sorti del ciclismo italiano. Piccolo problema: Marco Toni è espressione di quel “ciclismo del Terzo Millennio”, che fa capo a Gian Carlo Ceruti che in questi anni non si è comportato esattamente così e a detta di Toni, che usa parole lievi, il presidente non è stato arrogante, ma “generoso e passionale”. Non è stato autoritario, ma “autorevole e determinato”. Questioni di punti di vista, lo stesso si può dire anche di Berlusconi, ma siamo certi che Toni e Ceruti non la penserebbero allo stesso modo. E poi c’è una precisazione che Toni ha fatto senza che fosse richiesta. “Non sarò un presidente di facciata”. Ed è in quell’esatto momento che ho pensato l’esatto contrario. Sarà per i Toni usati?
Pier Augusto Stagi
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