Viviani: «Ripartire a tutta per inseguire tanti sogni»

di Giulia De Maio

Concentrato e pienamente conscio di ciò che lo aspetta. Elia Viviani ha dovuto resettare la sua prima stagione in maglia Cofidis, ma, guardandolo, non sembra aver accusato lo stress di questa pausa forzata, mostrandosi anzi forse ancor più motivato. La sua lista dei desideri per la stagione 2020 era lunga già prima dell’emergenza Covid e tale è rimasta ora che il gruppo ha ri­preso la marcia. Route d’Occitanie (1-4 agosto), Milano-Sanremo (8 agosto), dieci giorni in altura, Campionato Ita­liano (23 agosto), Campionato Eu­ro­peo (26 agosto) e partenza per il Tour de France (29 agosto): il veronese di Isola della Scala ha finalmente davanti a sé un mese pieno di impegni, dopo che per quattro non ha mai potuto at­taccare un numero sulla schiena.
L’ultimo mese lo ha passato in ritiro a Livigno per farsi trovare subito pronto al rientro, e insieme alla squadra ha anche fatto una fermata a Nizza per provare le prime due tappe della Grande Boucle e a Sanremo per ripassare le sempre ostiche trappole della Classicissima.
Elia, questa atipica preparazione estiva è finalmente terminata.
«Non è una cosa che capita molto spesso restare così tanto tempo senza cor­se, forse solo quando si hanno infortuni piuttosto seri. Dopo una prima parte di stop forzato in cui non mi sono dannato l’anima, ho ripreso con calma le mie abitudini, i lavori specifici, i blocchi di lavoro, la palestra, perché in fin dei conti abbiamo avuto parecchio tem­po per prepararci al rientro, molto di più di quanto ne abbiamo durante la preparazione invernale. Sono riuscito a stare in altura per addirittura un mese, mentre di solito ci stavo circa 15-18 giorni, con una settimana tranquilla e poi tre settimane intense per arrivare pronto ad agosto. In una stagione “flash” come questa non si può sbagliare, non si può sperare di trovare la condizione strada facendo e non bisogna arrivare troppo pronti alle prime gare, perché poi ci si spegne in fretta. Bisogna conoscersi, non guardare solo i numeri ma anche le proprie sensazioni. Per questo credo che i corridori d’esperienza potrebbero avere un vantaggio in più. Mi aspetto qualche sorpresa, soprattutto nei Grandi Giri alla terza settimana. Ormai siamo tutti su­per professionali ma dopo così tanti mesi di inattività non è impossibile che ci sia qualche crollo improvviso».
Pronti, via, ed è subito Milano-San­remo l’8 agosto. Come ci si arriverà?
«Non ho mai nascosto che è la corsa dei miei sogni. Certo, ci arriveremo con poche indicazioni, visto che avrò alle spalle appena quattro giorni di gare e per un velocista sarebbe stato meglio avere un mesetto di corse sulle gambe, per superare al meglio Cipressa e Poggio. L’incognita del nuovo percorso aggiungerà ulteriore pepe alla corsa.  E poi c’è il caldo, da sopportare per 300 km, che potrebbe cambiare la gara, limitare gli attacchi e renderla più chiusa. Personalmente con il caldo mi trovo bene, ad agosto ancora di più, non è un caso che ho vinto le Olimpiadi, il Campionato Italiano e altre corse importanti con temperature alte. Speriamo quindi che sia di buon auspicio».
Con così pochi giorni di corsa alle spalle sarà anche difficile capire chi possano essere i favoriti.
«Sarà interessante vedere chi controllerà la corsa, perché non ci sarà il plurivittorioso che si presenterà co­me grande favorito. Tutti vorranno essere della partita e magari qualcuno vorrà provarci da lontano proprio per questa incertezza che ci sarà. Negli ultimi tre anni la gara non si è conclusa con una volata di gruppo, speriamo che quest’anno si torni a sprintare per la vittoria».
Come procede la messa a punto del treno per le volate?
«Abbiamo lavorato con intensità sul treno, sappiamo di avere tanta qualità ma che allo stesso tempo dobbiamo aggiustare qualche dettaglio. Il treno deve essere un’arma vincente e solo lavorando insieme e facendo gruppo possiamo migliorare. Nelle ultime settimane abbiamo inserito Christophe Laporte in vista del Tour de France: sarà il mio ultimo uomo, con Fabio Sa­batini che invece sarà il perno centrale e ci guiderà nelle ultime fasi delicate. A quel punto sarà il turno di Simone Consonni, che dovrà essere bravo a prendere la testa del gruppo e lasciare l’ultimo allungo a Laporte, il quale ha la qualità per fare una volata molto lunga e lasciarmi vicino al traguardo. Abbiamo messo le pedine al posto giusto, abbiamo un grande potenziale e dovremo farlo funzionare, al costo di essere severi, altrimenti vorrà dire che non abbiamo lavorato bene».
I tifosi italiani si chiedono se dopo il Tour de France ti vedranno anche al Giro d’Italia?
«Dipenderà molto da come finirò il Tour de France. Se nella terza settimana mi sentirò ancora brillante allora probabilmente ci andrò, riposandomi nelle due settimane che separano le corse. Anche perché quest’anno, per un velocista, il Giro si preannuncia più impegnativo del Tour, visto che le squadre in Francia punteranno soprattutto sulla classifica generale e hanno dirottato gli sprinter in Italia. Al Tour avrò come avversari Caleb Ewan e Sam Bennett su tutti, mentre al Giro ci saranno Dylan Groenewegen, Fernan­do Gaviria, Fabio Jakobsen, Peter Sa­gan e Pascal Ackermann, e lo stesso Ewan. Insomma, non posso pretendere di andare alla Corsa Rosa se non sarò al massimo, sennò si rischiano solo brutte figure».
Prima dei Grandi Giri, però, dovrai lottare per la maglia di Campione Italiano e Europeo, entrambe già indossate. Sei stato in ricognizione sul percorso del Cam­pio­nato Nazionale, da Bassano del Grappa a Cittadella, che impressioni ti ha lasciato?
«Ci ho pedalato qualche giorno fa, la salita de “La Rosina” tutti i corridori veneti la conoscono ed è stato bello tornare a pedalarci. Per un corridore con le mie caratteristiche era importante capire quanto spazio per respirare ci fosse tra un passaggio e l’altro sulla salita, visto che il circuito andrà ripetuto 12 volte. Poi ho scoperto questo strappo in pavé de “La Tisa” a Col­ceresa, che sinceramente mi ha un po’ sorpreso; sono stati bravi gli organizzatori a scovarlo. Verrà affrontato dopo i 200 km, quindi credo che qualcosa succederà, anche se poi sarà l’ultimo passaggio da La Rosina ad essere decisivo. Da 50 corridori si potrebbe rimanere in 20-30, qualcuno potrebbe provare a fare selezione. Con questo percorso non partirò favorito, correrò in difesa, ma se la condizione dovesse essere quella che mi ha permesso di diventare campione italiano nel 2018, sicuramente potrei dire la mia. Sarà aperto a di­versi scenari, potrebbe arrivare un gruppetto di 50 corridori in volata, oppure un attacco ben studiato di una decina di atleti arrivare al traguardo di Cittadella. La cosa positiva è che la settimana dopo comincerà il Tour, quindi chi vorrà essere pronto in Francia do­vrà già esserlo al Campionato Italiano. L’anno in maglia Tricolore è stato veramente speciale e non mi dispiacerebbe ripeterlo».
Gli organizzatori vorrebbero trasformarla in un appuntamento fisso annuale. Una classica che, in effetti, manca al tuo Ve­neto…
«Penso che abbia il percorso ideale per poter diventare una bella classica, incerta e aperta a diversi scenari. I corridori sono attratti da questa tipologia di tracciato, dai passisti veloci agli at­taccanti e anche gli scalatori, tutti po­trebbero avere una chance. Poi con un chilometraggio superiore ai 200 chilometri, sicuramente emergerebbe un corridore vero. Anche perché come professionisti durante l’anno in Veneto ci corriamo poco. L’arma vincente sa­rebbe riuscire ad inserirsi in una posizione di calendario ottimale, per quanto so che il calendario UCI è un bel puzzle, magari prima di una classica importante in cui testarsi sulle lunghe distanze».
Non ci sarà tempo per rifiatare che subito dovrai difendere la maglia di campione europeo.
«Proverò sicuramente a tenerla. La gara di Plouay si inserisce tra il Cam­pionato Italiano e il Tour, quindi la forma dovrà essere buona. Sarà un percorso un po’ più nervoso rispetto a quello di Alkmaar, che era completamente piatto seppur con tanto vento. Co­me Nazionale Italiana abbiamo ri­sposto molto bene nelle ultime uscite, quindi sono sicuro che riusciremo a fare bene anche questa volta. Poi il prossimo anno ci sarà pure quello di Trento in cui provarci nuovamente, ma facciamo un passo per volta».
Tra le altre cose, in questi giorni avresti dovuto essere alle Olimpiadi di Tokyo…
«Per me è stata una fortuna che sia stata rinviata l’Olimpiade. Con questi presupposti arrivare pronti era impossibile, soprattutto pensando che poi avrei avuto tre mesi di gare su strada. Avrò un anno in più per prepararmi e in questo momento della carriera non è un problema, visto che penso di essere nel pieno della maturità atletica. E penso che anche per la Nazionale Italiana, tutto sommato, possa essere un bene: abbiamo tanti giovani di talento che stanno crescendo, in particolare per il quartetto, penso a Jona­than Milan che con un anno in più di esperienza potrebbe fare passi in avanti significativi. Dall’altra parte c’è da dire che solo la Danimarca sembrava essere più forte di noi, quindi avevamo possibilità molto alte di andare a medaglia, mentre l’anno prossimo nazioni come Gran Bretagna e Australia po­treb­bero avvicinarsi. Noi, comunque, proveremo a chiudere il gap che ci se­para dalla Danimarca».
Quando tornerai ad allenarti in pista?
«Stiamo aspettando il via libera, ma solitamente nel fine settimana mi alleno in pista. Adesso mi concentrerò soprattutto per la stagione su strada, perché ho molti obiettivi con la nuova maglia della Cofidis, dopodiché tornerò seriamente in pista quest’inverno. Speriamo che nel mentre vengano terminati anche i lavori al Velodromo di Spresiano, perché sarebbe importante per allargare il bacino dei praticanti e alzare il livello di tutto il movimento, che già si è notevolmente alzato negli ultimi tre-quattro anni».
Insomma, la lista dei desideri di Elia è lunga e in continuo aggiornamento. Parte dalla Milano-Sanremo 2020 e termina con Tokyo 2021, ma, conoscendolo, ogni gara a cui parteciperà sarà un buon motivo per provare ad alzare le braccia al cielo e aggiornare il suo sempre più prestigioso palmarés.

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