Editoriale

di Pier Augusto Stagi

LA MEMORIA DEL CUORE. È un amico e ogni tanto è anche bello dire agli amici e a chi conosce solo per nome i nostri amici, quanto sono bravi. Ai miei amici generalmente questo tipo di cose non piacciono. Se vai troppo di salamelecchi, gente come Cristiano Gatti o Angelo Costa potrebbero anche trucidarti con battuta al vetriolo. In questo caso parlo di Roberto Corsetti, uno dei più bravi e apprezzati medici sportivi che ho incontrato sulla mia strada in questi anni. In verità non è il solo, ma è uno dei pochi che ultimamente - non si capisce bene il perché - è costretto a stare ai box o ripartire, sportivamente parlando, dal basso. Perché lui nel suo campo è un punto di riferimento, una vera eccellenza. Ivan Basso ha avuto problemi al Tour de France (vi ricordate? Era il 2015) e non ha esitato a chiamare al volo Corsetti, che da remoto (leggi casa) ha predisposto tutto per risolvere un problema al testicolo. Stessa cosa qualche settimana fa. Mario Cipollini non si sente come vorrebbe e chi contatta? L’amico Roberto Corsetti, quello che è ai box e manda avanti come direttore sanitario il centro Medico B&B di Imola. E lui, dopo attenti esami, capisce che il cuore di Re Leone ha qualche sussulto di troppo e si attiva per predisporre tutto quello che c’è da fare per risolvere il problema a SuperMario in quel di Ancona, agli ospedali Riuniti del professor Antonio Dello Russo. Insomma, lui è in attesa di tornare in gruppo (e ci tornerà con la squadra di Tony Monti e Riccardo Magrini), ma in gruppo vanno da lui. Perché Corsetti sarà anche un cardiologo di chiara fama, ma soprattutto è uno che è abituato a fare le cose con il cuore. I corridori lo sanno, il mondo del ciclismo, invece, ha forse bisogno di qualche pastiglietta: per la memoria.
 
ALLA LUCE DEL SOLE. È probabilmente la loro cifra distintiva, una questione di marketing che un giorno ci spiegheranno in separata sede, lontano da occhi indiscreti e con la raccomandazione di non diffondere nulla. Dal segreto del confessionale al non detto dell’Uci il passo è breve, anche se ormai dura da tempo, da troppo. Speravamo nel nuovo corso e in una trasparenza evidente, che continua però ad essere desiderata, attesa e celata. Niente, non ce la fanno proprio. Non riescono a dire una cosa chiaramente, senza che non regni ad ogni provvedimento il non detto.
Noi siamo ancora ai regolamenti in corso d’opera. A classifiche sussurrate e ufficiose ad uso interno che valgono di più di quelle ufficiali. Prendete la lista delle formazioni che hanno ottenuto l’eleggibilità a qualifica di World Tour, in attesa di avere il via libera dalla Commissione delle Licenze che sarà chiamata in questi giorni a valutare i team prescelti sotto l’aspetto amministrativo, finanziario ed etico, come se al termine di una stagione non fossero in grado di dare già una valutazione in merito. C’è da arrivare a dicembre per sapere se è tutto ok? Ma vi sembra possibile?
Possibile lo è perché questo è quello che accade da anni, ma non va bene. Non è più tollerabile un simile approccio bizantino. Altro che burocrazia, ad Aigle riescono a rendere complicato anche l’invio di una mail. È tutto un “addendum”. Nel 2020 le squadre saranno 19, che però in pratica sono 20 e dal 2023 torneranno ad essere 18 ma l’unica cosa chiara e certa è che nessuno sa ancora con quali regole. All’Uci vige una regola: guai semplificare. La complicazione è un punto di forza, per tenere tutti in scacco: alla luce del sole.

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