
SE LE DONNE DEVONO PIACERE PER FORZA
di Cristiano Gatti
Continuiamo a sentirci dire che il ciclismo italiano non è in crisi, perché le donne vanno fortissimo. Sono sincero: non mi consola, non mi riguarda. E già che ci sono colgo l’occasione per dire che non mi piace proprio per niente l’andazzo preso dal ciclismo femminile: sembra che debba piacere per forza, per conformismo, per decreto, come una volta doveva piacere mettersi sotto Palazzo Venezia a sentire i berci del megalomane.
Ma diciamoci la verità, senza timori di essere fuori linea: c’è un clima finto e artefatto, un clima di cartapesta. Tutti parlano bene del ciclismo femminile, tutti adorano il ciclismo femminile. Il che mi fa chiedere dove siano stati tutti fino a vent’anni fa, visto che le donne corrono da Alfonsina Strada. Eppure non è questo che interessa. Oggigiorno bisogna gradire. Bisogna dire che è bello, interessante, avvincente. Qualcuno sbrodola oltre: anche meglio di quello maschile.
Non ho studiato i maestri e i giganti del pensiero libero per ritrovarmi a dire che mi piace il ciclismo femminile solo perché va detto, solo perché conviene dirlo, solo perché tutti lo dicono, solo perché sta bene dirlo. Massimo rispetto per il ciclismo femminile, auguro le migliori fortune, speriamo siano sempre di più le ragazze in bici, ma resta il fatto che a me non piace. Non mi ha mai acchiappato, come il tiro con l’arco e come il lancio del peso. Mi è permesso? O devo subito finire al muro, magari con l’accusa di misoginia e sessismo, la patente che ti arriva senza sostenere esami, solo se dici o pensi qualcosa fuori dal pensiero comune.
Certo potrei partire con una lunga autodifesa per convincere tutti su quanto io rispetti le donne, ma non ne ho nessuna voglia e tanto meno lo devo a qualcuno: mi tengo per me i miei gusti e le mie considerazioni, se mai posso solo ammettere che in generale stimo tante donne molto più di tanti maschi, ma non tutte le donne a prescindere, perché alcune mi stanno molto più sull’anima di tanti uomini che ho cari. Punto. Ma non è questo il discorso, non è il solito dibattito sull’emancipazione della donna, sul ruolo soffocato della donna nella storia, sul maschilismo schifoso dei secoli passati e ancora oggi serpeggiante. Non spostiamo sempre tutto sul politicamente corretto e sulle questioni sociali. La mia è una pura e semplice questione di gradimento: non mi piace il ciclismo femminile e fine, così come non mi piace il calcio femminile (lo trovo da circo equestre) e invece mi piacciono molto la ginnastica femminile, il nuoto femminile, lo sci femminile. Sarò ben libero di dire che mi piace Giotto e non mi acchiappa Picasso, che amo Battisti e Dalla mentre non mi attizzano Fedez e Wanda Osiris. O qualcuno mi vuole imporre che Fedez è bello, di Fedez bisogna solo parlare bene, guai a chi non segue Fedez?
Devo essere lapidato, per i miei gusti? Devo essere ghettizzato perché amo il ciclismo maschile e non mi appassiono a quello femminile? Sono libero almeno di dirlo, o anche questo deve diventare oggetto di condanna? Via: ormai vedo in giro solo gente che parla del ciclismo femminile come della nuova frontiera, o come si parla dei panda e delle tartarughe marine, specie protette, guai sfiorarle anche solo con un aggettivo. Nell’ambiente ci sono energumeni che hanno sempre considerato la donna un puro attrezzo da ginnastica, che però ora fiutano l’aria e prontamente professano la loro adesione al più grande spettacolo dopo il big bang. Ti fanno sapere che sanno i risultati delle corse donne, ti dimostrano di aver visto l’ultima tappa del Tour di chissà dove. Le stesse squadre, le nuove regole: tutti devono premunirsi dei requisiti per sentirsi a posto, allineati e coperti, ciascuno con la sua squadra femminile, pronti a dimostrare la stessa attenzione per il team maschile e per quello femminile.
Va bene, so com’è il mondo là fuori, ma non mi adeguo. Almeno la libertà di scegliere quello che mi piace e quello che mi lascia indifferente voglio difenderla con i denti, senza timori di ritrovarmi fuori dal branco, additato e bullizzato dal branco. E se è vero che il ciclismo femminile è il futuro, intanto mi tengo il presente. Però lo dico chiaro: se un giorno mi ritroverò a divertirmi davanti alle corse delle donne, sarò ben lieto di ammetterlo. Sempre che quel giorno il ciclismo femminile esista ancora, perché sinceramente a livello di gradimento popolare non mi sembra che al momento se la passi tanto bene. Basta vedere gli ascolti tv e il pubblico lungo le strade. O è volgare anche dire questo?