
IN CHE DOPING SIAMO?
di Gian Paolo Porreca
Fra le pagine chiare e le pagine scure di quel secolare Rimmel, il trucco qui chiamato doping, la vicenda che ha coinvolto Jannik Sinner ed il suo minimissimo Clobestol superiore ai limiti consentiti, ci è sembrata francamente pallida. Non abbiamo detto squallida. E non lo diciamo, grazie allo spazio che nel mondo aperto e liberale del ciclismo qui ci si concede, neanche oggi che dal team di Sinner sono stati licenziati come “responsabili” dell’errore/orrore compiuto il fisioterapista e il preparatore atletico.
Nessuna parzialità di ufficio per il tennis ed i numero 1, beninteso, preferiamo quei “secondi” sempre fuori, ma il dosaggio anomalo di questo derivato degli anabolizzanti steroidei, rilevato in primavera scorsa nelle urine del giustamente celebrato campione altoatesino, purtuttavia sembra davvero improprio rispetto ad una sua assunzione a finalità dopante. E sia.
La quaestio unica, il dibattito se lo sport sia cioè nel 2024 UNO e non di multiple letture e ultramultiple correzioni di una legislazione spesso modulata ad personam, se non anarchica, è che per il riscontro di una analoga quota di Clostebol (prodotto anabolizzante, presente in medicamenti cicatrizzanti per escoriazioni e/o lesioni da taglio) altri atleti dello sport anche italiano sono stati invece ex abrupto sospesi dall’ attività per un anno o giù di lì: un ciclista, Agostini, un cestista, Moraschini, pure i calciatori Lucioni e Palomino….Sospesi. Offline.
Non torniamo alla presunzione, ogni agosto ha il suo cuore ferito, che i lettori di tuttoBICI possano con orgoglio rileggere le pagine storiche che nella battaglia (santa) al doping furono loro proposte a metà degli anni Novanta. No, il Clostebol transdermico di oggi non è l’EPO mortale di allora, tranquilli. E i masseur di quel tempo amaro non sono mica i fisioterapisti di quest’oggi sdolcinato e glamour, sempre alla soglia della fiction o o di Ballando con le stelle. Ma almeno, di buon gusto, e per potere ancora credere illusi bene in uno sport professionistico equamente normodisciplinato, ci auguriamo francamente che WADA e CONI facciano ricorso contro la sentenza di pur lecita assoluzione che l’ITIA ha comminato a Jannik Sinner.
Almeno per un pudico buon gusto culturale. Al netto dei premi (per il suo target, pinzillacchere) cancellati al nostro campione e delle raccomandazioni ai massaggiatori di usare prudentemente i guanti per manipolare senza contaminarli i bicipiti degli Apollo della modernità, noi - da chirurghi vascolari umili che hanno negli anni ’90 battagliato, solo per proteggere le arterie e i cuori dei ciclisti dalla famigerata EPO - ci permettiamo però di rivolgere agli staff sanitari delle glorie milionarie dei campi in erba e non solo un ulteriore e determinante consiglio.
Non portatevi più in borsa il dubbio Clostebol o suoi derivati, di grazia, come cicatrizzante. Molto meglio i prodotti da banco a base di derivati dell’ottimo argento, con acido ialuronico o meno, confezione spray. Ve lo controfirmo. Guariscono molto prima le lesioni cutanee, e non vi imbroglierà con le quisquilie a posteriori - ma a chi vuoi che gliene freghi oltre? Un buon avvocato, e tanto passa tutto… - del doping immanente nello sport appena postolimpico del 2024.