BRACIGLIANO, TISTA E UNA FOLGORAZIONE
di Gian Paolo Porreca
C
scusami se gusto nel pomeriggio di fine ottobre ancora un sorso di Biancolella, fedele al bianco come era Maertens allo champagne nella borraccia, prima di cominciare a scriverti.
Ma vedi, conoscerti l’altra sera a Bracigliano, paesino discreto e celato fra la provincia di Avellino e di Salerno, incrocio di altopiano e radure, protetto dall’incuria del traffico maggiore, in quel felice Gran Gala dello Sport, promosso da un cicloappassionato concreto come Antonio Botta, è stato per me una franca, solare, anche di sera, folgorazione.
Vedi, al netto dei libri cordiali a te dedicati, o con te redatti, a quattro mani con Iannella l’uno e con Scandroglio l’altro, dei due volumi che pure hanno rappresentato il clou formale di un Convegno incontro, con Carmine Castellano e Angelo Damiano, con Gianfranco Coppola giornalista e presidente dell’USSI e Marco LoBasso, giornalista ed editore, vedi, quello che mi colpito e illuminato è stato il sentirti parlare. Già, “parlare”, e raccontare di un ciclismo del quale sei stato protagonista, anni ’70, forse non totalmente primattore, ma del quale l’altra sera, forte di una energia che solo la luce di un traguardo diverso può donare ad un uomo che è stato un atleta, hai saputo decantare non il risultato dell’almanacco, talora non felice per te, ma l’epica del controcanto.
E forse, non sorriderne, tu così mite e gentile, per come ti ho conosciuto - felicemente, ma solo l’altra sera - l’etica.
Già, mi è parso, a me come a tutti gli attenti ascoltatori forse, che la tua lettura di ciclista e di uomo sia elevata oggi straordinariamente oltre la sconfitta per 12’’ al Giro del 1974, da un Merckx incredibilmente costretto alle corde sulle Tre Cime di Lavaredo, o quel secondo posto, alle spalle solo di Bernard Hinault, al Mondiale di Sallanches del 1980.
Oltre una ormai acquisita, incastonata delusione, oltre la ammirazione convinta del talento altrui - Merckx e Hinault, forse maggiori -, oltre la certezza che una sconfitta nello sport non è mai totale, mai definitiva, se essa è dischiusa verso una parabola ulteriore.
Vedi, quante volte scrivo «vedi», ma questa non è una omelia bensì solo una convinta dichiarazione di affetto e rispetto alla umanità di un grande Ciclista, vedi, apprendere per consolidato che in te oggi vi è al comando per il primato l’impegno per le attività religiose e le iniziative sociali, che non si riducono certo all’ascolto di Radio Maria, ma invece alla trascrizione morale del nostro “pedalare” onesto in qualsiasi modo nella esistenza, vedi questo mi ha incredibilmente emozionato, e in fondo anche ammonito. (Tu che fai tanto, di bene, e noi che così poco, lasciamo stare pure la formalità di Medjugorie, abbiamo fatto).
Vedi, a Bracigliano, fra Avellino e Salerno, lontana la grande città del mare e delle luci troppo care, ci siamo ricordati così dei segni che hanno inciso il tuo percorso agonistico. Quel Giro del ’74, il grande dolore, i dodici secondi, che partiva giusto dalla Città del Vaticano. E quel tuo ultimo straordinario successo,in maglia Del Tongo-Colnago, al Giro di Lombardia del 1986, a Milano, davanti al Duomo. Kelly a struggersi, perché battere Anderson, talora, resta insufficiente.
C’ era una sacralità intima, non ci appartiene la retorica, ma la lezione laconica dei giorni si, c’era una intima destinazione in excelsis nel tuo modo di correre in bicicletta, di perdere e di vincere, caro Tista, anche di perdonare il più scaltro o di applaudire il più forte al traguardo... C’era, e tu in silenzio lo sapevi già, quel sottile spirito di comunione con gli avversari - mai nemici -, che ci hai donato, nella nostra umile Bracigliano, 327 metri sul livello del mare, mirando ad una dimensione sia pure terrena di infinito.
Grazie, di cuore