APRILE, IL CICLISMO E LA VITA
di Gian Paolo Porreca
Èl’ecatombe fuori e dentro di noi, questa primavera. E rende gli scomparsi lontani, ancora più vicini. Non avremmo mai immaginato, diciamo, che in un paio di giorni, Covid-19 o meno, ecco balenante il dubbio di una fatalità maggiore, sarebbero scomparse tre figure per noi egualmente care, sia pure di ambiti diversi. Gianni Mura, il grande scrittore di ciclismo, Alberto Arbasino, l’intelligenza letteraria più rutilante e luminescente della cultura italiana degli ultimi decenni, Pino Salpietro, il batterista imponente dei Gens, un complesso musicale immaginifico, tutti di Messina, dei nostri (troppo) amati anni ’70.
Ad aprile non ci saranno parimenti più, tutti e tre, i loro articoli i loro libri i loro attacchi musicali, e si sgretola, più di quanto non fosse fragile nel quotidiano, il nostro Pantheon personale.
«In fondo al viale», per ricordare qui la canzone più eclatante - era il Cantagiro 1969 - della band messinese, in fondo al viale di aprile davvero non sappiamo cosa ci resterà, da raccattare.
Marzo senza Sanremo, aprile senza Fiandre, e specialmente senza il clou della Roubaix. La corsa ardua di Pasqua, quella che ci faceva sgaiattolare bambini sotto i tavoli della mensa imbandita al paese, per vedere in Tv Cerami e Sabbadini nel ’60, due nomi italiani diventati per la cronaca stranieri, e poi da adolescenti e adulti entusiasmarci per Gimondi Moser Ballerini Tafi...
Niente Roubaix, certo, ma è la sconfitta totale del silenzio unanime del tempo che strugge. Niente Roubaix, d’accordo che non è il campionato di calcio né un Gran Premio di automobilismo, chissenefregadimeno, d’accordo, che non è mica solo un giocattolo da tifosi e ricchi nababbi, ma è un simbolo sacro di fatica in terra... Niente Roubaix, ma è la sua assenza in un’epoca che impone di vivere da soli la Pasqua, che addolora universalmente, a braccia conserte, di più.
Non avessero avuto i nostri occhi luce per vedere questi giorni, come diceva Omero o qualcuno per lui. E quelli che verranno, che si stanno scavando dentro di noi .
Aprile senza pesci d’aprile e giochi di sole, quell’aprile che non è più una discesa emblematica verso la Bella Stagione, aprile che non ti dà più a Pasqua il premio modesto di una Roubaix per applaudire dopo il caffè, fosse pure a vincere il Wampers del 1989, che fine ha fatto Wampers?
Aprile, di un limbo peregrinante fra le mura della vita che ci è concessa, lo Stretto Necessario da ascoltare, Carmen Consoli, molto bella, altro che la fosforescenza di Fiorello, come si fa a ridere sempre?
Aprile, e non sappiamo bene cosa si agita in un cocktail di emozione dentro, il pensiero di una figlia lontana, e la certezza che per la prima volta nella storia di uomo non ci saranno al paese le Processioni del Venerdi Santo, quel Miserere intonato sulle mura dei vicoli che deponeva in cuore l’attesa della Domenica a venire, Pasqua e la Resurrezione per tutti, datemi fisicamente un ramoscello di olivo per chi ho tanto amato e/o odiato, quel tutti ridotti questo aprile alla solitarietà.
Come il velodromo di Roubaix, libera nos a malo, per i forzati del pavè. In fondo al viale, dove gli ultimi saranno sempre primi, scripta manent ad aprile, «In fondo al viale» c’è ancora vita?