NOI DUE, VICINI A PANTANI
di Gian Paolo Porreca
Caro Direttore, mi permetto di utilizzare stavolta questo spazio per una storia di ciclismo - Pantani, al centro -, ma di tanto altro amore, quello paterno e filiale, ancora.
L’altro giorno, non per posta ormai, chi scrive più messaggi a mano?, ma sulla mail, mi è arrivata inattesa questa lettera di mia figlia Chiara, 30 anni, a suo tempo - ora non più - innamorata del ciclismo, al mozzo del padre e di De Zan padre, ma innamorata ancora - allora come ora - di Marco Pantani e della sua epica.
Caro papà, non so se hai visto, ma immagino di sì, la trasmissione delle Iene dedicata ieri a Marco Pantani ed alla sua storia drammatica, di campione e di uomo. Per me è solo stato tutto un complotto, assurdo, da Madonna di Campiglio in poi, e davvero non capisco il perché di tanto accanimento, quasi cinico, contro di lui, manco fosse stato un camorrista o un omicida, e non soltanto un campione del ciclismo, dal giorno in cui sarebbe stato espulso dal Giro del ’99, a causa di un ematocrito alto. (Con tutte le perplessità che vi seguirono).
E non capisco, papà, ricordando, ero piccola allora, tanti tuoi articoli e quella passione che mi hai trasmesso in quelle estati felici insieme davanti alla TV ad aspettare il Giro, come tu possa credere a tutto quello che si è raccontato.
E come la giustizia, davanti a fatti concreti, a tante testimonianze e denunce postume, non voglia arrivare ai nodi cruciali della storia. Di certo, Pantani si era messo in brutti giri e aveva fatto pessime conoscenze, ma non per questo allora è “giusto” arrivare ad una “verità non veritiera”, solo perché faceva smodato uso di cocaina, e scegliere, come tanto spesso in questo paese, la soluzione più semplice. A questo punto, viene da pensare che anche fra i poteri alti, nelle diverse fasi di questa storia, ci sia stata tanta corruzione e veramente non è onesto che davanti alle evidenze, hai visto le foto del corpo?, il caso sia stato archiviato così, chiudendo i fascicoli sotto una coltre di interrogativi. E solo per citare un elemento ricordato ieri, ma che fine hanno fatto i 20 mila euro che risultavano prelevati da Pantani? Perché non si è indagato su questo particolare? Troppe cose non tornano, per me….
tua figlia Chiara
Cara figlia, cosa dirti?, anche se un padre - come in quella bella canzone degli Stadio - dovrebbe sapere sempre cosa dire ad una figlia. Per giunta quando è “innamorata”.
Cosa dirti? Ho amato Pantani come e più di te, altrimenti non saremmo io e te qui, in quegli anni, fino al Giro del ’99.
Non ho mai però condiviso - e questa resta, nel mio intimo, l’unica chiave di giudizio inossidabile - il suo rinunciare alla chance del riscatto IMMEDIATO, andando a correre il Tour di quell’anno, per dimostrare cosa per vero e di enorme lui fosse. Vedi, trent’anni prima, un signore di nome Eddy Merckx aveva vissuto una storia analoga, anche se in un ciclismo diverso, come diverse l’epoca e i valori e il mondo. Squalificato al Giro del ’69, ancora per un doping mai accettato, si era rimesso subito in sella e il Tour di quella stagione lo avrebbe stravinto.
In quel suo diniego, orgoglioso Capricorno, come tuo padre…, o forse capriccioso, o forse altro, io persi il “mio” Pantani. Di tutto il resto, cara figlia, non ho obiettive sicurezze, punti di forza, ragioni scientifiche, al di là della difesa dell’operato in buona fede dei medici non di parte, come quelli dell’UCI.
Convivo a stento con una società che dà più importanza ai diritti che non ai doveri, e ha l’istituto del patteggiamento nel suo ordinamento. Anche se c’è una morte in giudicato, allora, come era quella di Pantani.
Chiara, non vado oltre. Difendi sempre la tua fede in Marco Pantani, fallo fino in fondo, se c’è un fondo ulteriore, ed amalo ancora. Io non più, ho venti anni di troppo, e sono stanco di quasi tutti i miei amori.
Ti ricordo solo che in un giorno dell’inverno 2000, al rientro dopo la squalifica, in un incontro nel ritiro di Terracina, gli parlai di te e della tua passione per lui. E gli chiesi “ma cosa direbbe di Pantani, ad una ragazzina come mia figlia Chiara, che di lei è così incantata?” «Le dica solo di farsi spiegare la vita dal suo papà, che è così bravo, più bravo di me».