Wikipedia lo dà morto il 31 dicembre 1986, citando come fonte procyclingstats. Invece Mauro Simonetti è vivo e considerando i suoi 75 anni, e facendo i dovuti scongiuri, sta bene.
Quando Simonetti venne alla luce, contemporaneamente a Roma, in via della Missione, l’uscita secondaria di Montecitorio, calò il buio: era il 14 luglio, Palmiro Togliatti, il segretario del Partito comunista, fu colpito da tre dei quattro proiettili sparati da Antonio Pallante, uno studente universitario. Cranio, milza e polmone. Operato, Togliatti se la cavò. Poche ore più tardi Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, democristiano, telefonò a Gino Bartali, capitano della squadra azzurra al Tour: e Bartali risorse, tre vittorie in tre giorni, fino a conquistare la maglia gialla, dieci anni dopo la prima vittoria, un record mai più eguagliato.
Il bronzo olimpico ai Giochi di Città del Messico nel 1968 nel quartetto della cento chilometri, una vittoria nel 1970 da neoprofessionista nel Gran premio di Camaiore, al Tour de France del 1971 Simonetti trovò la sua giornata di gloria eterna. Anche la memoria è sempre viva: “Amiens-Le Touquet. Seconda semitappa della sesta tappa. Fuga. Via in sette o otto, dentro io e Wilmo Francioni, compagni di squadra. Stiamo bene. Andiamo all’arrivo anche se il gruppo ci bracca. Ci accordiamo. Ci provo io, a un paio di chilometri dall’arrivo. Se vengono a prendermi, ci prova lui, in volata. Perché io più passista e lui più veloce. E perché bisogna darsi da fare, il gruppo è ormai lì vicino, quasi se ne avverte il fiatone, quasi veniamo risucchiati dall’effetto aspirapolvere. A due chilometri dall’arrivo scatto, allungo, guadagno. Gli altri si guardano, si studiano, aspettano. Quando reagiscono, è tardi. Vinco. Francioni si rivela il più veloce, giunge a qualche secondo, secondo, il gruppo sopraggiunge poco dopo. Festeggiamo. La seconda delle tre vittorie italiane di quel Tour, la prima e unica della nostra squadra, la Ferretti. In ammiraglia Alfredo Martini direttore sportivo e Franco Vita meccanico. Martini, prodigo di consigli e incoraggiamenti, e Vita, bici a tracolla, come un gatto sul tetto della macchina, e il loro amico Beppe Caprai”. Simonetti e Francioni, ma anche Martini e Vita (che cognome meraviglioso) e Caprai avevano l’argento vivo addosso.
Simonetti ha poi corso altri otto anni da professionista e conquistato altre cinque vittorie (fra cui la Coppa Agostoni del 1972, la Coppa Sabatini del 1973 e una semitappa del Giro di Sicilia nel 1977), e continuato i suoi giri d’Italia come agente di commercio per la San Pellegrino. Viva la vita.
“Perché cercate tra i morti – domandarono gli angeli alle donne che si erano recate al sepolcro di Gesù Cristo – colui che è vivo?”. Speriamo che Wikipedia e procyclingstats facciano risorgere Mauro Simonetti. Pasqua si avvicina.