Una nuova serata a tema ciclistico è andata in scena ieri al negozio Bicimania di Lissone e questa volta a raccontare aneddoti e trionfi della sua carriera è arrivato Alessandro Ballan. Il campione del mondo di Varese 2008 ha regalato ai molti presenti un vero e proprio racconto dagli inizi fino al terribile incidente del 2012 passando per la vittoria al Giro delle Fiandre e alla grande emozione per la maglia iridata. In platea c’erano molti giovani tra cui i più piccoli della Sc Mobili Lissone che hanno guardato ammirati il campione pendendo letteralmente dalle sue labbra, Ballan dal canto suo ha regalato un racconto coinvolgente e tanti piccoli retroscena della sua carriera ciclistica.
L’amore di Ballan per il ciclismo è nato per caso, quando aveva otto anni di fronte ad una bici regalata a suo fratello e da quel momento non l’ha più abbandonata. «Quando mio fratello ha ricevuto una bici da passeggio per regalo ne ho voluta una anche io, con i miei genitori sono andato letteralmente per sfinimento. Il fidanzato di mia sorella aveva portato in casa una vecchia bici da corsa veramente mal messa e con mio padre sono andato da un artigiano del paese e ce la siamo fatti sistemare. Non sono più riuscito ad abbandonarla, la usavo per andare a scuola ed in sella mi sentivo libero, andavo velocissimo e nelle gare battevo tutti i miei amici, poi l’anno dopo ho iniziato a correre sul serio. Ho un debito con la bicicletta perché grazie a lei i miei genitori per la prima volta non lavoravano nel weekend ma staccavano per venire a vedermi. Vengo da una famiglia umile, coltivavamo il terreno; mio padre è mancato quando avevo 16 anni e il peso dell’attività è finito tutto sulle spalle mie e di mio fratello. Entrambi correvamo e con i primi ingaggi abbiamo aiutato mia madre, ma nei mesi in cui non c’erano gare facevamo i lavori più disparati, io fatto anche il muratore e l’imbianchino e mi ricordo che quando ho ricevuto la telefonata che mi annunciava l’ingaggio con la Lampre mi trovavo su una scala intento a dipingere un muro» ha raccontato Alessandro spiegando come nei primi anni non si è mai risparmiato. Gli obiettivi sono arrivati step by step, prima voleva correre solo in bici, poi diventare professionista ed è lì che accarezzando il sogno ha capito che avrebbe puntato sempre più in alto.
Ballan si emoziona raccontando come con fatica è riuscito ad emergere tra i professionisti, tra una storia e l’altra non si può fare altro che arrivare alle corse del nord, a quelle gare che lo hanno fatto innamorare e che gli hanno dato tanta gloria. «Mi è sempre piaciuto andare all’attacco, in squadra lavoravo come gregario e non mi tiravo mai indietro, nel 2005 ho corso da capitano a De Panne ed ho vinto la prima tappa, ma la vera svolta è arrivata nel 2006, quell’anno volevo provare ad anticipare tutti e così a circa 70 km dal traguardo sono partito sfidando letteralmente il gruppo davanti a cui un certo Lance Armstrong tirava come un forsennato. Ai piedi del Grammont mi hanno ripreso, Boonen ed Hoste hanno fatto un ritmo forsennato e non sono riuscito a seguirli, so di aver sbagliato qualcosa ma in quell’occasione ho capito che le classiche del nord sarebbero state il mio terreno – ha spiegato Ballan - sono tornato l’anno successivo e la notte prima della gara non riuscivo proprio a dormire. Verso le 4.30 ho svegliato il mio compagno di stanza Fabio Baldato che ha provato a tranquillizzarmi senza successo. Alla mattina ero stanco e non riuscivo bene a rodare, ho seguito i consigli proprio di Baldato e così anche se non mi sentissi benissimo la squadra ha lavorato per me per chiudere su un gruppetto guidato da Cancellara. Nella mia testa continuava a passare il pensiero che dovevo fare qualcosa, avevo fatto lavorare i miei compagni e non potevo di certo staccarmi e così sul Grammont ho provato un attacco anche se non stavo benissimo. Con mia grande sorpresa solo Hoste mi ha seguito e in quel momento ho iniziato veramente ad avere fiducia in me stesso. Sapevo di essere più veloce, ma ho rischiato seriamente di perdere la volata, in quei casi non conta chi è più forte sulla carta, ma solo chi ha più energie e chi è disposto a dare tutto».
Sicuramente nell’immaginario collettivo è rimasta la sua vittoria più iconica, quel mondiale del 2008 a Varese con il celeberrimo attacco in piazza Montegrappa. Sono passati oltre quindici anni eppure Ballan si emoziona ancora, con gli occhi un po’ lucidi rivede le immagini di quella leggendaria giornata. «Quel giorno eravamo tutti lì per Bettini e per il suo tris mondiale, la tattica di gara non è mai stata messa in discussione, ma io con la mia testa sognavo, sapevo di non essere veloce e che avrei potuto vincere solo con uno scatto da lontano. Sono andato a dormire con questo pensiero ed effettivamente è successo proprio così. Sono scattato a circa 3 km dall’arrivo, non mi sono mai voltato, ero stanco, ero a tutta e avevo paura di vedere gli avversari alle mie spalle. Quando ho tagliato il traguardo ero incredulo e sinceramente mi è occorso del tempo per capire cosa avessi fatto, è stato solo raccontandolo durante le serate davanti alle persone che realizzo cosa è successo. Tutte le volte che rivedo le immagini della vittoria ritorno a quel giorno, la gioia e gli abbracci dopo il traguardo. Il primo che è venuto da me è stato Davide Rebellin, un compagno di tante avventure. Per me è stato più di un amico, ci allenavamo insieme e mi ha dato veramente tanto, in quella vittoria c’è stato un pezzo anche di lui» spiega Alessandro regalando un ricordo l’amico e compagno di avventure Davide Rebellin che è tragcamente scomparso lo scorso novembre.
I racconti si susseguono anche sotto la spinta delle numerose domande del pubblico, c’è nostalgia per quei giorni di gara e se potesse Alessandro Ballan si riattaccherebbe il numero sulla schiena. Poi però pensa ai sacrifici, alle rinunce, ai tanti giorni lontano da casa che lo hanno tenuto separato dalla sua famiglia. C’è tutto questo dietro il successo di un corridore, quella parte che molti dimenticano, la rinuncia il rigore, «Quando ho iniziato a correre non avevo né preparatore né procuratore, eravamo noi a doverci imporre di mettere la testa in tutto ciò che facevamo. Ora i giovani hanno un sacco di strumenti a disposizioni e devono riuscire ad usarli al meglio senza dimenticare la passione perché è quella che porta a fare cose incredibili e a superare i propri limiti» dice infine augurando a tutti i giovani corridori presenti di realizzare i propri sogni in sella alla bicicletta.
Al termine della serata Alessandro Ballan ha ricevuto dalle mani del patron Sergio Longoni, l’iconica picozza, un regalo riservato agli ospiti delle serate nel segno dello sport.