C’erano risotto con i funghi, pasta e fagioli, cotechino, focaccia genovese e focaccia con la cipolla, pane e salame, pane e mortadella, pane e prosciutto, grissini.
C’erano Barbera, Bonarda, Arneis, altri rossi e bianchi caserecci non meglio identificati. C’era spumante, identificato, Astoria. E c’era perfino acqua.
C’erano caffé e cioccolatini.
C’erano Massignan, Vigna, Zandegù, Morellini, Bombini. C’erano Baffi e Codol. C’era per la prima volta Michael Rogers. C’era, e non era la prima volta, Bettini. C’erano Vegni e Bellino. C’era Salvato.
C’era chi c’era fin dalla prima volta, 1993 o forse 1994, c’era chi lo aveva letto su Tuttobiciweb, c’era chi lo aveva saputo con il passaparola, c’era chi non aspettava altro e chi lo aspettava da tempo - più o meno un anno -, c’era chi si univa dalla bici e chi dalle macchine e poi tutti a piedi, chi saliva da Ovada e chi scendeva dal Turchino, c’era chi proseguiva per Sanremo e chi se ne tornava a casa, c’erano Franca la moglie di Candido Cannavò e Alessandro il figlio di Candido Cannavò, c’erano anche amministratori e politici, giornalisti e fotografi, grimpeur e suiveur. E c’erano facce un po’ così, con espressioni un po’ così, felici.
C’erano cacciatori di borracce, sacchette, barrette. C’erano anche cacciatori di cacciatorini.
C’era aria di festa, aria di corsa, aria di primavera, aria di storia, aria di amicizia, aria di complicità, aria di appartenenza, aria di famiglia, aria di casa. C’era anche quella vecchia aria da moltiplicazione dei pani e dei pesci. A proposito di pesci, c’erano anche tante trote nel sottostante torrente Stura.
C’era da rivedere, da ricordare, da raccontare. C’era da salutare, da omaggiare, da onorare. C’era da ridere e scherzare, da spiegare e specificare, da ascoltare e imparare. C’era da prendere appunti e appuntamenti. C’era da abbracciare e fotografare. C’era da mangiare e bere e avvisare – davvero?, davvero! - che non c’era niente da pagare.
C’era la Milano-Sanremo, ieri, a Masone, dalle nove alle due, cinque ore velocissime, velocissime come il passaggio del gruppo intorno all’una e mezzo, proprio lì, sulla provinciale 456, da ieri Largo Candido Cannavò.
E a dirigere orchestra e cori, ma anche emozioni e sentimenti, c’era soprattutto Gigi Belcredi, anni ottantacinque, una quindicina di meno in questa occasione, norcino con centocinquanta maiali sulla coscienza anche in questa stagione, lui l’Auriga, lui l’inventore e il fautore di tutto questo – il più bel rifornimento della Milano-Sanremo - che c’era, che c’è e che ci sarà.