Sabato 19 marzo 1946, Milano-Sanremo. Fausto Coppi fuggì a Binasco, staccò tutti sul Turchino, arrivò al traguardo con quasi un quarto d’ora di vantaggio sul francese Lucien Teisseire, il primo degli inseguitori. Nicolò Carosio, che fra calcio, pugilato e ciclismo, Mondiali e Olimpiadi, aveva il monopolio radiofonico, non a caso detto “la Voce”, fece la radiocronaca della trionfale vittoria. Poi, intimorito dal tempo che separava il Campionissimo dal resto del gruppo, trovò una soluzione quasi geniale: “In attesa di altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo”.
Ma Carosio, in quella Milano-Sanremo, seduto in via Cavallotti, disse “musica da ballo”, “musica da camera” o “musica leggera” come si riporta a memoria o per sentito dire? Ho chiesto di fare una ricerca negli archivi della Rai. E la prova non esiste più. Di quella radiocronaca non esiste più traccia, documento, registrazione. E’ così che la storia diventa mito, che la cronaca si trasforma in leggenda, che il giornalismo muta in epica. E’ così che la realtà diventa mistero.
Malusa Kosgran non ha avuto dubbi, o forse si è concessa una licenza poetica, quando nel 2018 ha scelto il titolo per il suo romanzo: “In attesa degli altri trasmettiamo musica da ballo” (Bookabook, 464 pagine, 18 euro). E’ la storia di Antonino da piccolo e Antonio da grande, che all’improvviso scompare. Per ritrovarlo, bisogna cercarlo non solo a Milano, dove ha abitato e vissuto, ma anche a Bisceglie, dove è nato e cresciuto. Fra passato e presente, personaggi e comparse, genitori figli e nipoti, avventure disavventure e sventure, e una passione folle per la bicicletta.
Coppi, innanzitutto. “Antonino lo venerava: era certo di avere un sacco di cose in comune con il Campionissimo. Pur sembrando gracili e delicati, entrambi erano dotati di polmoni fuori dal comune e di un cuore fortissimo. Coppi aveva quarantaquattro pulsazioni cardiache al minuto, un vero portento”. “Antonino sognava a occhi aperti di essere il suo erede: un giorno sarebbe stato scoperto da qualche circolo sportivo, avrebbe vinto ogni gara del mondo e sarebbe tornato a Bisceglie con la maglia rosa addosso. Ogni volta che riusciva a percorrere una salita particolarmente impegnativa, il bambino urlava la stessa frase, sentendosi invincibile: ‘Primo Antonino Di Pinto. In attesa degli altri, trasmettiamo musica da ballo’”.
Anche il finale del romanzo sarà coppiano. Il giorno della morte di Fausto, una zingara profetizza: “Albero con corteccia dura come ferro, senza radici e con foglie che punge chi avvicina”. E se la metamorfosi avesse trasformato Antonio in un albero?