La scomparsa di Idrio Bui, il compagno di squadra di Coppi, di Pambianco, di Taccone, un gregario fedele nella Ghigi, della Fides, della Lygie, ci riporta alla mente, anzi al sentimento, quell'incontro casuale con lui, all'Eroica di Gaiole in Chianti, una dozzina di anni fa.
Si presentava un libro, non ricordo bene di chi, e nel mio intervento, raccontando di ciclismo, di passione, di tanta infanzia, mi venne di parlare giustappunto di un gregario che si chiamava Pellicciari e di un altro che si chiamava (giustappunto) Bui. E della loro sorte così drasticamente diversa nella fantasia di quel bimbo che giocava con le biglie che ero stato. «Pellicciari, sapete, lo facevo arrivare sempre primo, e Bui invece sempre ultimo».
E a fine sera, quel mite signore che mi si avvicina e si presenta gentile, «buonasera, dottore, io sono Bui, Idrio Bui, ma mi scusi perchè lei mi faceva arrivare sempre ultimo?».
Ed io che non sapevo davvero, con un sorriso inadeguato, rispondere a quella giusta domanda. Come del resto a tante altre, più o meno importanti, nella esistenza di un uomo solo.