Marco Cavorso, delegato alla sicurezza dell’ACCPI e padre di Tommaso, ucciso a 13 anni dalla violenza stradale mentre stava pedalando sulla sua bici, a nome dei ciclisti italiani ha scritto questa lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pubblicata su www.accpi.it.
Caro Presidente,
ho avuto l’onore di incontrarla due anni fa, con gli amici de “La storia in bici” dopo il nostro viaggio sui luoghi della Grande Guerra.
In quell’occasione Le regalai il libro “Tommy sapeva correre” che narra la vicenda di mio figlio Tommaso, ucciso a soli 13 anni mentre pedalava con la sua bicicletta, dalla violenza stradale rappresentata, nel suo ultimo crudo atto, dall’adulto che alla guida della sua auto, in sorpasso contromano su striscia continua, lo investì lanciandolo sul campo vicino e ponendo fine alla sua breve vita.
Quel giorno ci siamo scambiati alcune idee, che ricordo con piacere, mi disse che Lei aveva vissuto in famiglia una tragedia simile, con la morte violenta di Suo fratello Piersanti, per mano della mafia e che avrebbe letto con attenzione il libro.
Io Le parlai della vera guerra moderna, dichiarata da decenni, quella che stermina i nostri figli che li rende disabili, la guerra in atto sulle strade italiane e del mondo.
Una guerra odiosa, che uccide soprattutto le categorie che non si possono difendere, i giovani, ragazzi che spesso, per la loro età, non possono essere che pedoni e ciclisti, i famosi utenti deboli, e che devono subire la violenta arroganza del modo di percorrere le strade che noi adulti dimostriamo.
Le scrivo, Sig. Presidente, per chiederLe di intervenire, secondo le Sue prerogative, per accellerare il processo di miglioramento.
Lei sarà di certo a conoscenza, Sig. Presidente, che c’è un nuovo disegno di legge che modifica il codice della strada esistente, licenziato dalla commissione trasporti, accettato da tutte le componenti politiche di vecchia e nuova maggioranza, che aspetta solo di essere votato.
Ma che è inspiegabilmente fermo!
Vede Sig. Presidente, in questo disegno di legge, c’è un po’ di Tommaso, un po’ di tutti i suoi coetanei, ragazzi che hanno perso la vita sulle strade per colpa di noi adulti, a causa delle nostre le azioni ma anche delle nostre omissioni.
In particolare ci sono tre modifiche inserite nel testo, che vanno nella direzione della maggior tutela degli utenti deboli della strada, a volte lo sono gli adulti, sempre i minori:
– Il ritiro della patente alla prima infrazione per “utilizzo del cellulare alla guida” (la causa maggiore degli investimenti di pedoni e ciclisti oggi);
– La definizione di una misura vitale di rispetto pari a 1,5 metri da tenere sorpassando un ciclista (come adottato in tutto il mondo occidentale in difesa della vita dei ciclisti);
– La modifica della gestione della precedenza da parte dei conducenti di veicoli verso il pedone che si appresta ad attraversare la strada sulle strisce pedonali (oggi attraversare la strada in Italia è un diritto che se esercitato è vergognosamente pericoloso, tant’è che siamo l’unico paese occidentale in cui il pedone ringrazia abitualmente il conducente che si ferma a dargli la precedenza sulle strisce pedonali).
Le ho scritto che sono modifiche un po’ di Tommy e i suoi fratelli, perché in effetti, insieme a Maurizio Fondriest, campione del ciclismo italiano e mondiale, raccogliemmo in due settimane a settembre 2018, 59.000 firme a sostegno del ritiro immediato della patente per utilizzo del cellulare, una mobilitazione così veloce e importante che spinse un Deputato della Repubblica ad inserire questa proposta di modifica sul nuovo codice della strada.
E così fu anche per la norma del metro e mezzo, scrissi e fui ricevuto dall’allora Ministro dei Trasporti e a seguito anche di successive audizioni al MIT, nella veste delegato della sicurezza stradale del sindacato dei ciclisti professionisti ACCPI e insieme a Paola Gianotti, donna e ciclista simbolo italiano dell’impegno femminile sportivo e sociale, riuscimmo ad ottenere l’inserimento anche di questa norma così importante per la salvaguardia della vita dei ciclisti urbani e sportivi italiani.
Il parallelo che Lei, Sig. Presidente, fece tra Tommaso e Piersanti, come vittime, tra la violenza stradale e la mafia come cause della loro perdita, mi permetto di riproporlo a Lei stesso.
Le chiedo come si sentirebbe Lei, come fratello o il padre di Piersanti, se poi lo Stato Italiano non avesse reagito contro la mafia adottando apposite misure legislative importanti come il 41/bis, la confisca dei beni ai boss mafiosi, la definizione del reato di associazione mafiosa, se gli stessi provvedimenti non fossero stati adottati?
Quanti altri concittadini avremmo perso per mano della mafia se tali provvedimenti non fossero stati adottati?
Questo è il nostro stato d’animo, Sig. Presidente, lo Stato ha davanti a sé la possibilità di fare un primo passo verso la soluzione del problema, ma non lo fa, mentre la mattanza dei nostri ragazzi sulle strade italiane continua, dieci morti al giorno, ogni maledetto giorno.
Le chiedo, Sig. Presidente Sergio Mattarella, di farmi riaprire il cassetto della camera di mio figlio, di farmi spiegare finalmente la bandiera italiana in raso che Tommaso custodiva così scrupolosamente, ma che dal giorno della sua uccisione è chiusa, di affermare che la nostra nazione merita ancora la fiducia dei nostri figli.
La prego, Sig. Presidente, utilizzi le prerogative che la sua carica Le riconosce, per chiedere con forza al Parlamento di fare il proprio dovere a tutela dei nostri figli, anche sulle strade.
La saluto Sig. Presidente Sergio Mattarella con profonda stima.
Marco Cavorso