L’ultimo a cedere al ritmo impresso dalla maglia gialla su Qilian Mountain è stato Antonio Santoro (MonkeyTown). Lo scalatore lucano è giunto a 28 secondi dopo aver tenuto duro sulle rampe che portavano fino a 4120 metri sul livello del mare.
Secondo posto nel 2017, secondo posto nel 2018 e tanta voglia di riconfermarsi dopo il disguido con un farmaco preso per errore all’ultima tappa dello Qinghai dell’anno scorso, che è costato una breve squalifica. Antonio non si è abbattuto troppo e si è ripresentato qui, seppur non al massimo per via di una chiamata all’ultimo secondo, e ha ottenuto un risultato notevole.
Un bel secondo posto oggi
«Il secondo posto è un buon risultato va bene così, sono contento del risultato. Siamo rimasti in cinque sulla prima salita, sono rientrati in altri due poco dopo e gli uomini della Manzana Postobon hanno impresso da subito un ritmo molto alto. Negli ultimi chilometri il loro leader ha attaccato e sono riuscito a stargli dietro soltanto una volta. La seconda è scattato fortissimo e mi ha staccato».
Uno Qinghai positivo finora
«Sì, finora è andata bene. Mancano ancora tante tappe e questo Giro è lungo e impegnativo».
Quali tappe potresti provare ad attaccare ora? Forse la più adatta a te era proprio questa
«Questa era la più adatta senza dubbio e l’ultima settimana sono tutti circuiti, ma ci sono ancora tre tappe lunghe e se ci sarà occasione la sfrutterò»
Come ti sei approcciato a questa corsa?
«Dopo il Sibiu Tour in Romania sono venuto qui. In realtà non eravamo nemmeno certi di correrlo, abbiamo avuto conferma solo pochi giorni prima. Ma sono soddisfatto della mia condizione e dei miei risultati».
E dopo lo Qinghai?
«Un periodo di recupero sicuramente e programmerò il finale di stagione con la squadra».
Come sei arrivato qui e com’è la vita del ciclista italiano all’estero?
«Io è dall’anno scorso che corro con questa squadra, mi ha portato l’altro italiano Zanotti. Vado per alcuni periodi in Olanda quando ci sono delle gare lì, altrimenti parto da casa e vado direttamente alle competizioni».
Ripensando a quel che è successo l’anno scorso quali sono i tuoi sentimenti ora?
«L’anno scorso purtroppo è stato un errore del mio team manager, io non c’entravo assolutamente nulla. C’era questo farmaco in auto da dare ai corridori in caso di emergenza per il mal d’altitudine, che è quello che mi ha dato invece che quello per dolori intestinali. All’ultima tappa, quando ormai la corsa era finita e la classifica determinata. L’UCI l’ha capito che è stata una leggerezza e infatti mi hanno commissionato una piccola squalifica. Ad ogni modo ci tenevo a fare bene per riconfermarmi».
Foto, Sjors Beukeboom