Era il Madison Square Garden italiano. Era il Vel d’Hiv umbro. Era il Vigorelli folignato. Era il velodromo dei Canapè. Era il Canapè. Una pista in terra battuta, piatta, 550 metri (alla corda) di anello, 80 sedili (in cotto) per assistere alle gare, le prime nel triennio 1891-1893, organizzate dal Veloce Club Foligno, fondato nel 1889.
A 132 anni di distanza, il Canapè resuscita: nelle competizioni, nell’atmosfera, nell’abbigliamento. Sabato 23 settembre dalle 14, con l’organizzazione logistica della Francescana, l’egida tecnica della Nova Unione velocipedistica italiana e con la competente regia del ciclostorico Carlo Delfino, il Canapè tornerà ad accogliere il ciclismo con prove di cronometro, velocità, surplace, inseguimento ed eliminazione.
Il luogo è incantevole. Un parco tra Porta Todi e la Torre del Seminario. Che fu terra di battaglia: il Campo di Francalancia. Che divenne sede di sepoltura per ebrei nel Medioevo, poi discarica per rifiuti cittadini, finalmente – nel 1776 – giardino in un progetto di sistemazione delle mura castellane. E così ospitò manifestazioni ippiche, spettacoli circensi, esibizioni di palloni aerostatici e gare ciclistiche.
Al Canapè si tramandano la vittoria del campione perugino Giuseppe Evangelisti nel 1892 in un gran premio di velocità, una corsa con i migliori corridori del mondo del primo Novecento, da Luigi Ganna e Carlo Galetti fino a Petit Breton, la riunione del 15 e 16 agosto 1925 con professionisti e dilettanti dominata da Costante Girardengo (c’erano anche Tano Belloni, Pietro Linari, Luigi Mainetti, Elio Bartoli e Antonio Candini), l’appuntamento del 1929 ancora con Girardengo e addirittura Alfonsina Strada, l’unica donna ad aver mai partecipato (nel 1924) al Giro d’Italia degli uomini.
Nella Biblioteca comunale di Foligno si conserva il programma delle “Corse Ciclistiche Nazionali” disputate al Velodromo dei Canapè dal 5 all’8 settembre 1909, organizzate sotto il patronato della Pro Foligno e indette dal Veloce Club e dalla Scuola di Educazione Fisica. C’era un comitato d’onore, un comitato esecutivo e le commissioni cui spettavano compiti pratici e organizzativi. Per partecipare alle gare i corridori pagavano una tassa (2,50 lire i non classificati, 3 i tesserati all’Uvi, Unione velocipedistica italiana, l’attuale Federciclo, e 5 i professionisti). Le gare erano la velocità (batterie di due giri per complessivi 1100 metri con eventuale bella e un tempo massimo di 4 minuti, i giri erano tre quando gareggiavano i dilettanti con tessera federale), il mezzofondo (18 giri per complessivi 9,900 km, 20 minuti il tempo massimo) e la resistenza (36 giri per 19,800 km con il tempo massimo di 40 minuti). Ingresso a pagamento: 30 centesimi per la zona prato, 1, 2 o 3 lire in tribuna.
Per celebrare tanta storia, sabato si porrà anche una targa commemorativa. Il futuro esige memoria.