Ricorreva ieri, 19 marzo 2023, il centenario della nascita a Castellania di un Coppi, non Fausto, ma il fratello Serse, di quattro anni circa più giovane del “Campionissimo” per definizione.
Serse, dopo una buona carriera fra i dilettanti, nel 1946 fa il suo esordio fra i professionisti gareggiando nella Bianchi, al servizio del fratello al quale lo univa uno stretto rapporto. Era un tipo assai disinvolto, giocherellone, loquace e buon corridore, amico ricercato nella cerchia della “scapigliatura” del gruppo dai colleghi con carattere estroverso che non disprezzavano certamente distrazioni e motivi di divertimento al di fuori della gara. Fra questi il mantovano-milanese Renzo Zanazzi, il quasi conterraneo Luigi “Luisin” Malabrocca, nato a Tortona, nel 1920 e qualche altro ancora
E, seppure più giovane e ciclisticamente meno dotato del fratello, Serse era un riferimento assai ascoltato da Fausto, sia in corsa, sia fuori corsa.
Fra i professionisti ottenne anche buoni piazzamenti e un paio di vittorie, una nella prima semitappa della Roma-Napoli-Roma-Gran Premio Ciclomotoristico del 1950 mentre l’anno precedente, nel 1949, figura quale vincitore ex-aequo con il francese André Mahé, di una classica monumento quale la Parigi-Roubaix.
Era successo che il terzetto di testa della corsa con Mahé che fu il primo al traguardo, imboccò un accesso al velodromo non previsto nel percorso mentre Serse Coppi vinse la volata del gruppo che aveva seguito il tracciato giusto, regolare, previsto all’ingresso del glorioso velodromo. E la decisione salomonica adottata dall’Unione Ciclistica Internazionale, dopo vari mesi dal fatto, dell’attribuzione del pari merito ha consegnato anche il nome di Serse Coppi alla storia, storia ciclistica, ben inteso.
Il destino fu però crudele con Serse, così come per il fratello Fausto. Il più piccolo dei due Coppi è morto per le conseguenze di una caduta nelle fasi di preparazione dello sprint finale sulla pista del Motovelodromo di Torino, in Corso Casale, strada che immette sulla pista in cemento, picchiando la testa sull’asfalto dopo essere entrato con le ruote nei binari di una tramvia. Non sembrarono gravi le conseguenze (allora il casco non era obbligatorio) tanto che fu trasportato all’albergo e non all’ospedale. Improvvisamente però le sue condizioni si aggravarono a seguito di un’emorragia cerebrale fatale.
Era il Giro del Piemonte del 1951, precisamente il 29 giugno. Il tragico epilogo condizionò a lungo il morale del fratello, analogamente al simile dramma vissuto già da Gino Bartali con la morte, in circostanze simili, del fratello Giulio nel 1936.
Anche Serse riposa a Castellania, accanto a Fausto.