Maurizio Sarri paladino del nostro sport, ormai possiamo dirlo. Dopo l'elogio ai record di Filippo Ganna, in contrapposizione al poco spazio dato sui media sportivi generalisti che preferiscono sempre e comunque calcio e calciomercato, nel giro di pochi giorni l'allenatore della Lazio è tornato a tessere le lodi della bicicletta.
In un'intervista alla televisione della Svizzera italiana, infatti, Sarri ha affermato: «Se devo scegliere di guardarmi la Parigi-Roubaix o la finale di Champions League, scelgo la Roubaix tutta la vita! Il ciclismo è uno sport vero, dove peraltro la squadra sta cominciando ad avere più importanza rispetto all'individuo: ormai in un team sono 7-8 gli atleti forti, e tra questi emerge chi ha i compagni migliori. Uno sport di grande fatica, che richiede una passione feroce, in cui a differenza del calcio i grossi stipendi sono riservati a quei pochi singoli fortissimi, mentre il resto corrono per stipendi normali. Ho enorme rispetto per chi lo pratica e vedere le corse mi dà veramente una gran soddisfazione. A parte il fatto che io vengo da una famiglia di ciclisti...»
Il padre di Maurizio, Amerigo Sarri, fu infatti ottimo corridore dilettante nel secondo Dopoguerra: amico di altri pedalatori toscanissimi come Bruno Tognaccini e Gastone Nencini, vinse 37 gare in varie categorie. E mise in bici pure il figlio, che fece in tempo a conquistare qualche vittoria da giovanissimo prima di votarsi al pallone. Una conversione più che giustificata, alla luce della carriera da "mister" che avrebbe avuto, ma che si affianca tuttora a una verace passione ciclistica. Una passione che in Italia mantiene un'età media piuttosto alta (e meno male che c'è questo meraviglioso zoccolo duro di aficionados!) e che fatica ad attrarre la nuova generazione. Chissà che lo squarcio aperto da Maurizio Sarri non contribuisca quantomeno a incuriosire a sellini e manubri qualche giovane tifoso calcistico.