Lo sport, per certi versi, è come il teatro: c'è quello che si vede sul palcoscenico, e c'è tutto ciò che avviene dietro le quinte, altrettanto importante ma invisibile ai più. Nel ciclismo non c'è un vero e proprio sipario a separare l'evidente dal nascosto: sul "palco" ci sono i corridori e i direttori sportivi, di cui si vedono e analizzano le pedalate, i risultati e le prestazioni in gara, e di cui si ascoltano e riportano le dichiarazioni ai media; poi c'è tutto il retrobottega nel quale si sviluppa realmente la vita della squadra, il "mondo vero" dove i corridori sono ragazzi coi loro volti e le loro personalità, e dove ci sono degli "attori non protagonisti" che li guidano, li aiutano, permettono loro di svolgere il proprio mestiere con la massima serenità.
Li chiamano massaggiatori, ma è un termine che ha tutta l'aria dell'etichetta per semplificare: un termine per definire in una parola un ruolo che va ben oltre. Ieri, in occasione della prima tappa del Tour of Antalya 2022, abbiamo avuto la possibilità di vivere una mezza giornata di gara nel furgoncino della Bardiani Csf Faizanè. Lì abbiamo respirato l'atmosfera del "pre": il tragitto dall'hotel alla partenza, i diversi modi dei ragazzi di prepararsi mentalmente, chi si concentra e chi stempera. E la musica, accompagnatrice degli umori collettivi durante il percorso, con tanto di dispute tra la trap dei corridori (e sappiamo come i Bardiani siano generalmente molto giovani) e il rock classico dei più adulti. I due massaggiatori, appunto.
Principale catalizzatore delle richieste, ma soprattutto degli scambi di battute coi giovani atleti è un omone dalla giovialità tutta sudamericana: il cinquantenne Carlos Cortès. Uno che lo vedi e sai già che, sotto quella scorza allegra, ha in pieno controllo la situazione. Cileno di Santiago, cresciuto in una famiglia di ciclisti, tra una fase e l'altra delle sue fatiche si racconta ai nostri microfoni:
«Correvo come dilettante, fu mio padre direttore sportivo a iniziarmi al mestiere di massaggiatore in questo sport. Mi è subito piaciuto e sono andato avanti, ho lavorato per diverse squadre di club e nazionali: in Argentina, con la loro consueta ironia, mi soprannominarono El Pekeño, "il piccolo" perché ero giovane... e alto 1 metro e 91! (l'amore argentino per i soprannomi non riguarda solo gli atleti, ndr). Finché, 18 anni fa, Mirko Rossato viene a fare una corsa in Cile, ha bisogno di un massaggiatore, viene da me e mi fa "Se fai un bel lavoro con Danilo Napolitano, resterai sempre accanto a me". Tutto andò per il meglio e io divenni un uomo di fiducia di Rossato: mi trasferii in Spagna, dove abito tuttora, e da allora lavoro come massaggiatore ciclistico freelance. Ho collaborato con squadre e corridori di tutto il mondo, e quando un "mio" atleta ottiene un risultato importante mi si gonfia il petto, come si dice da voi: recentemente mi è capitato con Lutsenko ad esempio, e tante volte con Richeze, che mentre noi parliamo sta pilotando Gaviria nella volata vincente in Oman. Per quanto riguarda Mirko, sa di poter contare sempre su di me: ho lavorato tanto con lui alla Trevigiani e ora, se occorre, gli do una mano in Bardiani. È davvero un grande. Il mio mestiere? Ho una convinzione: il ciclismo è 80% testa e 20% gambe, e noi siamo psicologi almeno quanto massaggiatori...»
E qui interviene il secondo "attore non protagonista": Federico Cecchi, anni 45, che da 26 anni fa questo lavoro. Per diversi team professionistici, italiani e di oltreoceano. Federico iniziò con Gianni Savio, e ama ricordare che pronti via si ritrovò a lavorare per un vincitore di tappa al Tour de France come Cacaìto Rodriguez, e negli anni successivi avrebbe assistito in sala massaggi giganti come Pantani e Cipollini e tutti i big di inizio anni Duemila: ha partecipato con successo ai maggiori Giri e Tour. In tempi più recenti ha prestato servizio alla Bahrain e, da buon toscano (di Capannori, nel lucchese) per le formazioni Wilier-Vini Zabù, mentre adesso si occupa della Qhubeka Continental (di stanza proprio a Lucca). Qui ad Antalya è alla Bardiani in prestito, e questo è quanto ci ha confidato ieri: «Nel 2019 ero con l'Androni al Tour de Langkawi: dopo il primo giorno Pelucchi quasi voleva ritirarsi, nel prosieguo della corsa fece due vittorie e due podi! Il massaggiatore è una figura che può fare una gran differenza, lavorando sulla mente dell'atleta almeno quanto sul fisico. E qui arriviamo a ciò che diceva Carlos. A cui aggiungo: oltre che massaggiatori e psicologi siamo magazzinieri, autisti, dottori, cuochi...»
E in effetti quest'ultima frase viene pronunciata mentre ormai la corsa è partita, noi ci siamo recati all'arrivo (dove, poco meno di due ore più tardi, Malucelli avrebbe preceduto Mareczko di pochi centimetri) e il tandem Cortès-Cecchi si trova in un supermercato vicino alla linea del traguardo per provvedere alla spesa. Discutendo di prodotti per la cura e l'igiene e dei cibi più nutrienti per sé e per i loro ragazzi.
Bene hanno fatto i francesi, maestri del linguaggio ciclistico, che per indicare un ruolo che richiede di saper svolgere sempre più mansioni («A volte sembra quasi più importante avere la patente per i bus che fare bene i massaggi» arrivano a dirci i due massaggiatori del team ciclamino) hanno creato un termine più generico come "soigneur".